Da mesi non si fa altro che parlare di Jannik Sinner, eccellenza italiana del tennis che sta sbancando tutto, ultima la vittoria agli Australian Open. Se n’è parlato di lui in tutte le salse, anche del legame trasversale che ha con il cibo. Dopo la pasta al pomodoro menzionata come piatto preferito prima di una gara, le carote che ama sgranocchiare tra un set e l’altro, e la pizza Sinner realizzata in suo onore a San Candido, era arrivato il momento di andare a scavare una storia curiosa, quella di suo padre, Hanspeter Sinner, che per oltre vent’anni è stato il cuoco del Rifugio Fondovalle in Val Friscalina. Ma che tipo di cuoco era e quali erano i suoi piatti?
Hanspeter Sinner, il padre di Jannik e la storia dietro i fornelli
«Sono cresciuto al rifugio, mi conosce da quando ero piccolino. Lui è arrivato nel 2mila come capo cucina, quando avevo solo tre anni. A dodici ho cominciato a lavorare in cucina con lui, è stato il mio maestro», racconta Armin Villgrater, cuoco e giovane proprietario con i genitori del Rifugio Fondovalle sulle Dolomiti.
«Lui ha sempre insegnato, soprattutto a me, che ogni piatto che mangi deve essere preparato con la stessa cura di un piatto che ti piacerebbe ricevere», spiega nostalgico Villgrater, quando ricorda il suo mentore che ha lasciato il rifugio nell’autunno del 2022 per seguire il figlio nelle sue imprese come chef personale.
La cucina di papà Sinner
La filosofia della cucina di Hanspeter Sinner era votata al recupero e a zero sprechi: «Anche di una patata non si buttava via nulla», racconta l’allievo. «È una persona molto gentile e precisa, e da subito abbiamo capito che era cresciuto in una famiglia semplice attenta alla cura dei prodotti. Dava grandissimo valore alla materia prima», spiega Villgrater e poi continua: «Una volta mi ha raccontato di quando a casa sua hanno portato via un vitello e suo padre aveva gli occhi lucidi, perché gli animali all’epoca avevano un grande valore: venivano trattati molto bene perché aiutavano gli agricoltori a lavorare la terra, erano quasi parte della famiglia. Parliamo di cinquanta, settant’anni fa, di quando la gente in Alto Adige era molto povera».
Era un’ottima guida in cucina Hanspeter Sinner: «bacchettava al momento giusto, ma sapeva anche ringraziare». Nei suoi piatti, poi ci metteva passione, emozione, precisione, pazienza, razionalità per ottenere il miglior risultato: «Non sceglieva la via facile solo per mettere in tavola un piatto velocemente, se era necessario faceva anche varie prove prima di arrivare al risultato perfetto», racconta Villgrater.
I piatti iconici di Sinner
Se c’è un piatto iconico del Rifugio Fondovalle quello è il risotto al pino mugo con porcini freschi, pensato da Hanspeter Sinner e rimasto in carta. Viene preparato con burro aromatizzato al pino mugo, «quello vero», specifica Villgrater e non creato con «l’essenza. Siamo situati in un parco naturale e l’ingrediente è fuori dalla porta, lo andiamo a raccogliere fresco».
Altro piatto simbolo ideato da papà Sinner è la Padella dell’Alpinista: una «rosticciata di canderli che ha pensato Hanspeter: «Un giorno ha detto “dobbiamo fare qualcosa con i canederli avanzati del giorno prima» e a ha creato una rosticciata con canederli, cipolla, alloro e aglio rosolati e ha aggiunto i pezzetti di filetti di maiale, e alla fine la salsa di gulash, il tutto servito con insalata cruda di cavolo cappuccio. È diventato un altro piatto tipico del Rifugio», racconta Armin Villgrater.
E a proposito di Jannik? C’è un piatto preferito che amava mangiare, si chiama Maccheroni chef e lo preparava il padre quando suo figlio andava a trovarlo al rifugio: «Jannik veniva non spesso come suo fratello Mark, ma ogni tanto sì. Mangiava i maccheroni chef preparati con sugo di ragù della casa, speck, zucchine, melanzana, funghi e panna fresca», ricorda Villgrater.
Che non sia questo il vero piatto dei campioni?
Foto credits: wisthaler.com