Paolo racconta Massimo. I fratelli Bottura, i tortellini della mamma e i primi successi

29 Lug 2016, 08:30 | a cura di

Per una volta la pagina è tutta dedicata a Paolo, il fratello maggiore del celebre chef modenese, che per la rubrica Fratelli d'Italia del Corriere della Sera racconta di un Massimo Bottura inedito, gourmet e un po' piantagrane da piccolo. E oggi acclamato artista in cucina.   


Massimo Bottura. Il mito di uno chef

Di lui, nelle ultime settimane, ne hanno parlato un po' tutti. Gli amici di tante avventure e la compagna di una vita Lara, il suo braccio destro Giuseppe Palmieri e i ragazzi della brigata che tiene alto il nome della Francescana nel mondo, anche (e soprattutto) ora che l'Osteria di via Stella civico 22, a Modena, ha raggiunto la vetta più alta nel panorama della ristorazione internazionale. E poi la sfoglina che “gli ha insegnato il mestiere”, Lidia Cristoni, e chi ha avuto modo di scoprire l'impegno profuso nell'ultimo di tanti progetti, il più ambizioso, la realizzazione di una rete di refettori solidali che proprio nei prossimi giorni raggiungerà un traguardo importante, con l'apertura a Rio de Janeiro. Chi manca all'appello? Forse proprio quella famiglia che Massimo Bottura evoca spesso quando si tratta di attingere alla memoria per trasmettere agli altri il piacere di un cibo che è ricordo della tavola di casa e delle più autentiche tradizioni emiliane.

E allora per la serie “fratelli di...” arriva in soccorso il Corriere della Sera, che da qualche tempo dedica una rubrica ai cosiddetti fratelli d'Italia, volti spesso sconosciuti al grande pubblico, chiamati a raccontare il proprio rapporto con il fratello “famoso”. E che lo chef modenese sia stato accolto nell'Olimpo delle celebrità in grado di scatenare la curiosità di una platea trasversale – ben oltre quel circolo di gourmet che ne segue le tracce da più di un decennio - è ormai evidenza conclamata. Con quanto di deleterio questo comporti, vedi storie da copertina poco più dignitose di un mero gossip da ombrellone, che nelle scorse settimane rimbalzavano da una testata all'altra, pur avendo poco a che fare con il mito che Massimo Bottura ha saputo costruirsi in cucina, un riconoscimento dopo l'altro.

Paolo racconta Massimo. Le donne di casa e i giochi in strada

Quindi torniamo al punto, e per dirla con le parole di Paolo Bottura – il fratello in questione, professione autoconcessionario – concentriamoci sul Massimo “cuoco”. L'intervista raccolta da Elvira Serra per il Corriere si muove tra aneddoti di piccole brighe d'infanzia tra fratelli (erano in cinque, Massimo il penultimo) e storie di famiglia, che non fanno che confermare l'immagine di un Bottura iniziato alla cucina proprio dalle donne di casa: “Più che chef era gourmet” rivela Paolo al Corriere “sempre pronto a rubare come un gatto la pasta o il ripieno dei tortellini mentre le donne di casa li preparavano”. Una scena che non sarà difficile immaginare per chi è abituato ai “sermoni” del nostro, spesso impegnato sul palco a raccontare questa sorta di rito iniziatico.

Una grande casa a Modena, una tavola sempre imbandita e condivisa tra più commensali - “mai meno di quindici o venti persone” - un fratello minore (Paolo è del 56', Massimo del '62) “un po' piantagrane”, le partite a calcio, guardie e ladri in strada e l'assalto al carretto del gelataio. Poi la fine dell'adolescenza, l'esuberanza di Massimo e una carriera universitaria mai ingranata a Legge.

Massimo Bottura oggi. Artista in cucina

È qui che il racconto di Paolo incrocia la storia che tutti conosciamo: “Sapevo di un elettrauto che voleva vendere la trattoria a Campazzo, in una settimana mio fratello rilevò la gestione”. E pure all'epoca del trasferimento in via Stella Paolo giocò la sua parte: a lui il merito di aver intercettato la possibilità di accaparrarsi il nuovo locale, per approdare finalmente in centro città. Quando gli si chiede cosa pensa oggi di suo fratello orgoglioso risponde che in cucina “è un vero artista”. Il piatto preferito? La zuppa inglese reinterpretata da Massimo. Ma arriva anche l'appunto sull'Omaggio a Monk, “il piatto che forse mi ha convinto meno”. E lui può ben dirlo, visto che due volte l'anno è in prima linea per assaggiare il nuovo menu.

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