Risaliamo ai tempi in cui il pane era il centro del pasto. Tempi di vita semplice, nei quali, soprattutto nelle campagne, era necessario sostentarsi con ricette caloriche e, allo stesso tempo, arrangiandosi con quel che c’era.
La tradizione popolare del pandorato
Quando, nel 1929, scrisse “La Cucina Romana”, Ada Boni dipinse il pandorato così: «Si tagliano delle fette di pane tenendole spesse un dito e ricavandone, dopo aver portato via la crosta, dei pezzi quadrati di circa 6 cm di lato. Si allineano queste fette in un piatto e si spruzzano leggermente di latte tiepido per ricoprirle poi con uno o più uova sbattute, secondo la quantità del pane dorato da farsi. Alle uova sbattute si aggiunge un pizzico di sale. Si lasciano queste fette così almeno per un’ora, per dar modo al pane di assorbire completamente l’uovo. Poi si sollevano le fette ad una ad una per mezzo di una palettina e si immergono nella frittura». Nella ricostruzione di Livio Jannattoni (“La Cucina Romana e del Lazio”, 1991) invece il pandorato è più simile a una mozzarella in carrozza – quello che la Boni stessa chiama “cuscinetto di pandorato” - ripieno di provatura e alici o di mozzarella e prosciutto. Stessa versione nel “Dizionario delle Cucine Regionali Italiane” di Slow Food (2008).
Come ad altre specialità della cucina romana, Aldo Fabrizi ha dedicato una poesia al pandorato, contenuta nella raccolta “Nonno Pane” del 1980: tra i versi specifica che le fette di pane raffermo vanno tagliate spesse, per reggere l’ammollo nell’uovo e nel latte, senza disfarsi, prima di essere fritte nel burro o nell’olio:
Le fette de pagnotte un po’ rifatte,
vanno tajate inerte, no a sfojetta
come er’ pane che chiameno a cassetta.
Quelle nun ponno mai rimane intatte.
E mo ve spiego come vanno fatte:
S’hanno da mette in una terinetta
a mollo a no sbattuto d’ova e latte
e ce se fanno stà na mezzoretta.
Quanno ch’er Pane è bene imbeverato,
s’indora fritto all’ojo o a tutto buro
p’avé diritto ar nome ‘Pandorato’.
Certo chi soffre de colesterina
e nun se vò aggravà, rinunci puro,
e vadi a letto con la minestrina.
Sostanzioso pasto, poi più in là, merenda che le nonne preparano amorevolmente per i nipoti, nel centro Italia il pandorato si chiama anche fetta gajarda: ogni estate, nella notte di San Lorenzo, a Trivio, frazione di Monteleone di Spoleto, nell'Umbria confinante con il Lazio, si tiene una festa dedicata a questa specialità.
Dove mangiare il pandorato a Roma
Preparazione prettamente casalinga, valorizzata da cuochi come Arcangelo Dandini (Tre Gamberi con il suo L'Arcangelo Vino e Cucina nella guida Ristoranti d'Italia 2025), da sempre attento allo studio del ricettario popolare della campagna romana, negli ultimi anni sono sempre più le insegne capitoline che stanno inserendo in menu questo piatto semplice e saporito. Curiosamente, si tratta soprattutto di insegne giovani, bistrot e trattorie moderne che dal passato trovano ispirazione: il pandorato è un perfetto esercizio antispreco, modo meraviglioso per utilizzare il pane raffermo, cimentandosi con condimenti stagionali che lasciano volentieri spazio alla creatività.
Mangiadischi - La Moderna Trattoria
Siamo in zona Prati Fiscali e, nella trattoria contemporanea di Claudia Magenta, di origini ascolane, non può mancare la merenda che le preparava la nonna, la fetta gajarda. In menu da Mangiadischi fa da base a una meraviglia di condimenti stagionali, solitamente nei fuori menu settimanali, come stracchino di Ceprano, prosciutto riserva Re Norcino e asparagi.
Mangiadischi La Moderna Trattoria - via Val di Sangro, 35 - Roma - facebook.com/mangiadischilamodernatrattoria
Eufrosino
In questo locale semplice e popolare di Tor Pignattara la cucina oggi si muove sulla tradizione capitolina, con molti piatti stagionali. Tra questi c'è sempre il pandorato, servito di mese in mese con vari tipi di ingredienti. Tra gli ultimi assaggi autunnali, quello con pecorino e funghi cardoncelli, ma, in una fredda giornata di gennaio, può capitare il gustoso pandorato con carciofini arrosto, Susianella di Viterbo, caciotta romana e finocchietto (nella foto di copertina).
Eufrosino - via di Tor Pignattara, 188 - Roma - facebook.com/@EufrosinoRoma
Trecca - Circoletto
Entrambe le insegne fanno capo ai fratelli Nicolò e Manuel Trecastelli, che hanno dapprima aperto, nel 2018, Trecca, trattoria romana in zona San Paolo/Colombo, e poi hanno allargato l'attività nel 2021 con il wine bar Circoletto, localino delizioso posto in posizione privilegiata, fronte Circo Massimo (cui si è aggiunta la pizzeria al taglio Pantera nel 2023). Grandi prodotti, molto uso del quinto quarto, ritorno alla cucina delle nonne da Trecca, mentre piattini sfiziosi sono il cuore di Circoletto: nei menu dei due locali non manca il pandorato, proposto solitamente nella versione più classica con mozzarella e alici.
Trecca - via Alessandro Severo, 222 - Roma - instagram.com/trecca_roma
Circoletto - via dei Cerchi - Roma - instagram.com/circoletto_roma
Barred
Il bistrot dei fratelli Palucci (che si alternano agili tra sala e cucina) ha donato una sferzata di freschezza e dinamicità nel panorama della zona (siamo alle spalle di piazza Re di Roma) e romano in genere. Il menu è snello e punta su valide materie e piatti godibili, che sommano ricette tradizionali a stimolanti guizzi contaminati. Esempio perfetto di questo focus è il pandorato, che, nelle varie proposte giornaliere, viene proposto in abbinamenti creativi e sferzanti: pandorato con cozze, latte di cocco, curry verde e lime; pommes aligot e pandorato alla bourguignonne; pandorato con coda di vitella alla cacciatora e misticanza selvatica.
Barred - via Cesena, 30 - Roma - instagram.com/barred.roma