La fermentazione in Italia non è mai stata così popolare come ora, anche in Italia, dove chef da nord a sud risvegliano le papille gustative dei propri commensali con momenti di acidità e umami intensissimo lasciando “solo” prosperare in cucina piccole comunità di batteri. Chiunque ami sperimentare con la fermentazione non può fare a meno della Kombucha. Questa bevanda, sempre più diffusa tra gli appassionati, ha conquistato anche il cuore dei ristoratori, che la includono sempre più spesso nei loro menu creando dei pairing particolari e inaspettati.
Lo chef Giulio Gigli ha aperto il suo Une poco più di un anno fa a pochi chilometri dal centro di Foligno e ha già conquistato le Due Forchette del Gambero e la prima stella Michelin con un progetto gastronomico che mette al centro prodotti locali dimenticati: sostenibilità, ma con un ritmo nuovo, merito anche di tecniche contemporanee.
Le prove di Une a Capodacqua (Foligno)
«Ho iniziato al Disfrutar a Barcellona le prime sperimentazioni di fermentazione e ho approfondito con diversi in Corea dove questa è una tecnica che fa parte della tradizione culinaria casalinga. Nel progetto Une ho riportato queste esperienze – ci racconta Giulio – In menu c’è sempre un elemento fermentato: dalle mandorle o dal kimchi di sedano nero di Trevi fino alla kombucha. Siamo particolarmente legati alla kombucha di fiori di sambuco che realizziamo partendo dai fiori in infusione invece che dal tè nero; poi ne facciamo anche una di brodo ossidato di carciofi in accompagnamento a un risotto con carciofi, midollo e uova di trota. La kombucha riesce a dare la freschezza e l’acidità che aiutano accanto a piatti che contengono grassi importanti».
Enea Balestri, in cucina con Gigli e appassionato pure lui di fermentazioni ci racconta l’uso che ne fa anche in mixology: «Invece che il classico té nero, partiamo da un infuso di sambuco che facciamo a fine primavera, quando si possono raccogliere i fiori; a questo aggiungiamo una percentuale di zucchero facendone quindi uno sciroppo, e lo starter, che di solito è una parte di kombucha precedente; in questo liquidi adagiamo lo scoby; lasciamo quindi che la fermentazione faccia il suo corso per alcuni giorni, di solito una settimana circa, dipende dalla temperatura: d’estate basteranno 4-5 giorni, di inverno si può arrivare fino a 10. Quando al gusto sentiamo che è pronta, spostiamo lo scoby e trasferiamo la kombucha nelle bottiglie chiuse, dove prosegue con il processo di carbonizzazione e abbiamo questo effetto frizzante. Con questa prepariamo anche la base di un cocktail, con aggiunta di aceto di sambuco di nostra produzione, St. Germain e acqua frizzante: una bevanda spumosa, pungente, perfetta da accompagnamento con i nostri antipasti all’italiana».
E per chi volesse provare questo pairing a casa, lo chef Giuli consiglia un abbinamento facile: una kombucha floreale per accompagnare la pizza.
Gli abbinamenti di Sintesi ad Ariccia (Roma)
Prove e proposte particolari anche ad Ariccia, alle porte di Roma. Carla e Sara Scarsella, insieme a Matteo Compagnucci, (anche loro Due Forchette Gambero e una stella Michelin) hanno portato tutte le esperienze fatte in Nord Europa nella loro Sintesi, sui Castelli Romani ad Ariccia, nella patria della porchetta dove propongono una cucina etica e dinamica in cui il menu cambia in base a ciò che la natura offre. Nei loro due anni a Copenaghen hanno sperimentato le fermentazioni lattiche: servono per conservare, ma influenzano decisamente gusto, consistenza e proprietà organolettiche degli alimenti. Acidità importanti, complessità di sapori. «Tutto questo ci ha affascinato moltissimo - ci racconta Sara - e l’abbiamo riportata nella nostra cucina da Sintesi. Non in maniera assidua, non per forza nel nostro menu ci deve essere qualcosa di fermentato, ma usiamo queste tecniche dove ci sembra opportuno».
Ma, come da tradizione nordica, qui c’è sempre anche un abbinamento alternativo al vino: «Da sempre abbiamo un juice pairing, un abbinamento di succhi e kombuche per il menu degustazione: lo troviamo molto divertente sia per noi, nel pensarlo, che per i clienti. Ora per esempio abbiamo in menu una kombucha all’alga spirulina che abbiniamo al secondo di pesce; per il secondo di carne abbiniamo un succo a base di melograno e mirtillo dove aggiungiamo in infusione legni di ciliegio bruciati. Un gioco di creatività che parte tutto dal gusto. Abbiamo ospiti che magari scelgono, accanto al pairing con il vino, anche una prova di kombucha. E funziona!»