A leggere i suoi dieci obiettivi principali, la Politica agricola comune 2023-27 (Pac) è in buona parte disattesa. In questo imponente piano di sviluppo per l'agricola europea, in vigore dal 1° gennaio 2023, che non include solo la dimensione economica ma anche ambientale e sociale, sono contenute le ragioni del malcontento generale di questi giorni. E i primi punti stilati dalla Commissione Ue sono proprio quelli più contestati dagli agricoltori scesi in piazza in queste settimane con trattori, presidi e cortei in Italia e in Europa.
I dieci obiettivi della Pac
1. garantire un reddito equo agli agricoltori
2. aumentare la competitività
3. migliorare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare
4. agire per contrastare i cambiamenti climatici
5. tutelare l'ambiente
6. salvaguardare il paesaggio e la biodiversità
7. sostenere il ricambio generazionale
8. sviluppare aree rurali dinamiche
9. proteggere la qualità dell'alimentazione e della salute
10. promuovere le conoscenze e l'innovazione
Reddito equo, il primo obiettivo disatteso
Il reddito equo è un obiettivo per ora non raggiunto da questa Pac, che alla base ha un dato che rende l'agricoltura un settore molto specifico nell'economia europea e che giustifica, per l'appunto, l'esistenza di importanti misure di sostegno: il reddito agricolo è inferiore di circa il 40% rispetto ai redditi non agricoli. La Pac, considerando fattori imprevedibili come il clima e le oscillazioni dei mercati, offre per l'appunto un aiuto alle imprese sia con finanziamenti diretti sia con misure di mercato e di sviluppo rurale. Tuttavia, sindacati e produttori lamentano situazioni di crisi economica in numerosi settori e l'impossibilità di produrre con una marginalità sufficiente per sopravvivere. Un'istanza, questa, portata avanti soprattutto a Bruxelles, durante le manifestazioni che si sono tenute venerdì 2 febbraio scorso.
Competitività a rischio
La competitività in campo agricolo, tra i principali obiettivi della Pac, è messa in discussione sia dagli effetti dell'aumento dei costi di produzione (come accaduto soprattutto nel 2022 a causa dei rincari dell'energia) sia dalla politica degli accordi bilaterali sottoscritti a livello europeo che favoriscono, secondo gli agricoltori scesi in piazza in questi giorni, le importazioni di prodotti a basso costo da mercati extra Ue (compresi quelli dall'Ucraina) che erodono fette di mercato ai quelli europei. A spaventare le imprese è anche l'accordo coi Paesi appartenenti al Mercosur: un massiccio import di prodotti dall'area sudamericana potrebbe spostare gli equilibri dell'agroalimentare dell'Unione europea.
Una catena del valore distorta
La posizione degli agricoltori nella filiera alimentare non è migliorata. Il punto debole sta nelle distorsioni presenti nella catena del valore, più volte denunciate dalle organizzazioni di categoria, non solo italiane ma anche francesi, tedesche e olandesi. Sotto accusa, in questo senso, ci sono i forti divari nei prezzi pagati alla produzione agli agricoltori e quelli pagati al dettaglio, in settori chiave per l'Europa e anche per l'Italia come, ad esempio, quello caseario e quello dell'ortofrutta. A finire nel banco degli imputati, in questo caso, è spesso il canale della grande distribuzione organizzata.
Il nodo dei troppi impegni ambientali
L'azione di contrasto ai cambiamenti climatici portata avanti dalla Commissione Ue nella Pac assegna agli agricoltori il ruolo delicato di produttori di alimenti e, allo stesso tempo, di protettori della natura, grazie a comportamenti sostenibili. La conseguenza di questi principi è l'adeguamento agli obiettivi del Green deal, tramite una Pac che Bruxelles ha voluto più verde rispetto al passato. Si spiega così l'adozione di Piani strategici agricoli a livello nazionale (seppur flessibili), collegati alle strategie europee Farm to fork e Biodiversità. Tuttavia, in un contesto economico complesso come quello attuale, fatto di costi di produzione alti e di calo generalizzato dei consumi, gli impegni ambientali sono visti come oneri burocratici troppo pesanti e veri e propri fardelli capaci di condizionare i bilanci. Rientra in questo contesto, ad esempio, il regolamento europeo sugli imballaggi, per il quale i sindacati chiedono che si introducano le deroghe approvate in sede di Europarlamento sui prodotti agroalimentari.
Una biodiversità da tutelare
Per gli agricoltori, la parola biodiversità ha significato il rispetto di un insieme più rigoroso di requisiti obbligatori nelle proprie attività, che si collegano ai pagamenti Pac a favore delle stesse imprese. Nasce in questo ambito, ad esempio, il contestato 4% di superficie da lasciare incolto e da destinare alla biodiversità. Non solo: a mettere in difficoltà gli agricoltori è anche il sistema degli ecoschemi, che nella Pac prevede un minimo del 25% dei pagamenti diretti collegato a regimi ecologici, con più incentivi a favore di pratiche agricole rispettose di clima e ambiente. La Pac 2023-27 attualmente in vigore prevede anche che il 35% dei fondi per lo sviluppo rurale sia destinato a misure ambientali e al benessere degli animali. Come ha osservato di recente il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, che ha criticato l'impianto della Pac, l'Europa ha pensato troppo a regolamentare, senza pensare agli effetti sulle imprese.
La contestata riduzione dei fitofarmaci
In materia ambientale, uno dei temi che ha suscitato maggiori polemiche è l'obiettivo della riduzione dei pesticidi chimici e il dimezzamento dell'uso dei fitofarmaci pericolosi per la salute entro il 2030. Contro questo obiettivo ritenuto troppo oneroso e difficile da realizzare, non solo gli agricoltori sono scesi in piazza in queste settimane ma anche l'Europarlamento, attraverso la Commissione agricoltura, ha chiesto recentemente alla Commissione Ue di prorogare le tempistiche dal 2030 al 2035, per dare modo al settore di trovare alternative concrete. La riduzione dei fitofarmaci in agricoltura, come è noto, comporta automaticamente una riduzione del potenziale produttivo. Sarà anche questo uno degli argomenti caldi da affrontare nel processo di revisione della politica agricola, che il governo italiano ha avviato la scorsa settimana convocando un tavolo permanente al Masaf.
Una speranza dalle biotecnologie
L'introduzione definitiva del biotech in agricoltura potrebbe ridare slancio a un settore particolarmente in difficoltà per gli effetti dei cambiamenti climatici sulle produzioni. L'Europa non ha ancora adottato un regolamento unitario sull'uso della moderna genetica (Ngt-Tea) e molti Paesi, tra cui l'Italia, stanno facendo pressione perché il comparto possa contare su regole certe in materia di biotech in campo agricolo. Nei prossimi anni, le imprese potrebbero disporre di un'alternativa concreta su cui basare le proprie strategie. Ma anche in questo caso i ritardi di Bruxelles non vanno d'accordo con le impellenti necessità dell'agricoltura.
La premier Meloni: "Disposta ad ascoltare le loro istanze"
Nei giorni in cui proseguono le manifestazioni in Italia e nella settimana che vedrà, giovedì 8 febbraio, anche la stessa Roma accerchiata dai trattori e dai camion dei Comitati riuniti agricoli (Cra), la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è detta «disposta ad ascoltare le loro istanze». Durante la sua visita in Giappone, ha rivolto delle parole di apertura: «Abbiamo dato attenzione al mondo agricolo, abbiamo fatto il massimo possibile. Sono disposta ad ascoltare le loro istanze». La premier ha spiegato che «molta rabbia arriva da una lettura ideologica della transizione. Ma questa non è la mia visione, credo che gli agricoltori debbano essere realmente coinvolti nella transizione».
Il futuro iter della Pac 2023-27
Nel 2025, la Commissione effettuerà un primo esame dell'efficacia dei Piani strategici nazionali sulla Pac e chiederà, se necessario, azioni di adeguamento ai governi. Nel 2026, è prevista una valutazione intermedia dei risultati della Politica agricola comune. Sono complessivamente 10 milioni le aziende agricole in tutta l'Ue e circa 17 milioni i lavoratori del comparto. Nel complesso, la Pac pesa per un terzo del bilancio dell'Unione europea, con ben 386 miliardi di euro di finanziamenti, provenienti in parte dal fondo Feaga (fondo europeo agricolo di garanzia: 291 mld)) e in parte del Feasr (fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: 95 mld).