Le lettere degli imprenditori ai giovani in cerca di lavoro
“A volte mi sembra di vivere in una società malata...”: senza troppi giri di parole, com'è suo costume quando sceglie di salire in cattedra, Oscar Farinetti corre dritto al punto. Il pretesto per tornare a parlare del modello Eataly ed esporre il Farinetti-pensiero in materia di occupazione e formazione delle risorse glielo offre il Corriere della Sera, che inaugura una nuova iniziativa per la rubrica Lo dico al Corriere: ogni mercoledì il quotidiano di via Solferino pubblicherà la lettera di un imprenditore in cerca di personale. Una serie di offerte di lavoro in forma epistolare che si ripromettono di affrontare il tema caldo della crisi occupazionale (con particolare riguardo alla crescita della disoccupazione giovanile) in modo concreto. E cioè senza ricorrere ad analisti ed esperti di settore per tracciare l'ennesimo bilancio di una situazione difficile da scongiurare, ma lasciando la parola alle aziende, che – ironia della sorte – troppo spesso faticano a trovare personale. Una settimana dopo l'altra Aldo Cazzullo si preoccuperà di raccogliere le lettere inviate in redazione, selezionando le più efficaci.
La lettera di Oscar Farinetti
Ma è significativo che proprio dal settore enogastronomico, più volte invocato negli ultimi anni come bacino potenziale per alleggerire la crisi del lavoro nel nostro Paese, si sia scelto di cominciare per lanciare la rubrica. E di più, proprio dal patron Farinetti, che in dieci anni di Eataly è stato tante volte al centro di polemiche – non sempre fondate – sulla gestione e le condizioni contrattuali dei suoi dipendenti e collaboratori. Ma ha saputo anche costruire un modello di business internazionale in grado di generare “oltre 5mila posti di lavoro, di cui la metà in Italia”, come si premura di ribadire tra le righe. Ha una parola per tutti, Farinetti: per quegli imprenditori che si lamentano dei costi e dei lavoratori pigri, per i disoccupati che puntano il dito sulla politica e sugli imprenditori, per i sindacalisti “a cui non va mai bene niente”, per i politici e la panacea dei voucher, per i meri commentatori e per chi maledice le nuove tecnologie. E una società che si parla addosso, a suo modo di pensare, non può che rivelarsi un fallimento: “Nessuno pensa di essere parte del difetto: sono sempre gli altri a sbagliare”.
Vuoi lavorare per Eataly? Le posizioni aperte
Ma lui, e il suo progetto imprenditoriale, dove si collocano a riguardo? “Dal primo giorno abbiamo cercato di riservare il miglior trattamento possibile a questi lavoratori, sia per quanto riguarda inquadramento e retribuzione, sia attraverso molti benefit, come la possibilità di mangiare gratuitamente nei nostri ristoranti e il premio di una quindicesima mensilità”. Qualcuno potrà contestargli una buona dose di retorica e una bella oratoria di facciata. Ma non in questa sede, perché poi, nei paragrafi che seguono, Farinetti passa all'azione. E snocciola, attenendosi alle consegne del Corriere, le sue proposte di lavoro. C'è la campagna Born to be Eatalian, per cui si offrono posizioni “da responsabile delle vendite del mercato e Capo del negozio”. I requisiti? “Cerchiamo persone che abbiano un’autentica passione per l’alta qualità agroalimentare, che siano laureati in Economia o Ingegneria Gestionale, che abbiano già acquisito un’esperienza nel retail, che sentano di possedere capacità di analisi, organizzative e comunicative, una buona conoscenza dell’inglese e che siano disponibili a muoversi in Italia e all’estero”. Ma c'è spazio anche per i responsabili per la ristorazione, e molto ben accette sono le candidature degli artigiani: cuochi, macellai, panettieri, addetti ai salumi e formaggi. Di cui c'è un gran bisogno, sottolinea Farinetti, ma spesso si fa difficoltà a trovare. Parole che confermano la scarsità di personale qualificato di cui soffre il settore, a dispetto delle potenzialità di cui sopra. Che meriterebbero una considerazione maggiore.
La lettera completa di Farinetti pubblicata dal Corriere
a cura di Livia Montagnoli