Operazione nostalgia: torna Burghy? La storia del fast food dei paninari

25 Gen 2021, 13:29 | a cura di
Il mitico logo di Burghy è ricomparso a Monza, sulle vetrine di un locale prossimo all’inaugurazione. Si tratta, però, solo di un omaggio alla storia del celebre fast food italiano. Trovata di marketing di Burgez.


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Le origini di Burghy a Milano

La storia di Burghy, a Milano, coincide con l’immaginario di un’epoca. Quella della Milano da bere, degli aperitivi, dei paninari e degli Yuppies, di Drive In alla tv. Quando fa il suo esordio a piazza San Babila, nel 1982, Burghy è un fast food che guarda al modello americano, esperimento avviato dalla catena di supermercati GS (ma nel centro della città, all’interno del suo store in via Torino, Elio Fiorucci, già alla metà degli anni Settanta aveva importato l’idea di un’hamburgeria pop). La specialità della casa sono i panini, con hamburger, salse e aggiunte golose che identificano le diverse proposte in menu. Quello che oggi conosciamo come Crispy McBacon – nell’interpretazione che molti anni più tardi ne darà McDonald’s – è probabilmente la voce più apprezzata della casa: all’epoca di Burghy si chiamava King Bacon, “doppia porzione di carne bovina 100%, gustoso formaggio, croccante bacon e salsa speciale, in un panino ai semi di sesamo”, recita il menu d’antan.

Il menu di Burghy

La moda dei paninari

Presto Burghy conquista una generazione di giovani milanesi in cerca di un punto di ritrovo. Dopo un decennio travagliato, c’è voglia di disimpegno. E Burghy, con la sua anima pop, identifica un modello di consumismo d’importazione che a Milano diventerà fenomeno di costume ad appannaggio degli adolescenti dell’epoca, presto ribattezzati paninari, oggetto di parodie televisive, protagonisti al cinema e sulla carta stampata. Burghy, dunque, cresce, e si avvia a diventare una catena: il gruppo gestisce 6 punti vendita tra la città e le aree limitrofe, ma la proprietà si scopre incapace di gestire un successo così travolgente, e nel 1985 si concretizza la cessione al Gruppo Cremonini (più tardi acquisterà anche Quick), che porterà il brand alla consacrazione nazionale, in un percorso costellato di prime volte, come l’inaugurazione del primo fast food drive in in Italia, a Castelletto Ticino, nel 1988.

Il logo di Burghy

L’acquisizione di Burghy

Dalla fine degli anni Ottanta, l’accelerazione è esponenziale: Burghy arriva a gestire 96 punti vendita distribuiti tra il Nord e il Centro Italia. E la sua forza sul territorio nazionale è all’origine dell’interessamento di McDonald’s, che in Italia aveva esordito nel 1986, a partire dal primo locale romano di piazza di Spagna. All’inizio degli anni Novanta, il colosso americano fatica a mettere in atto la scalata che aveva immaginato per conquistare il mercato italiano; tra i motivi di resistenza, c’è indubbiamente l’autorevolezza e la capillarità del marchio Burghy, che allora fatturava quasi il doppio di Mcdonald’s Italia, dichiarando 200 miliardi di lire. Ma nel 1995, Cremonini, in difficoltà economiche, accetta il corteggiamento del gruppo americano, e cede il marchio (con tutti i locali della catena), riservandosi anche un accordo esclusivo per la fornitura di carne bovina a McDonald’s, nei cinque anni a seguire. È l’inizio della fine di Burghy: il brand, inglobato dalla catena americana, sparisce poco a poco. L’ultimo fronte di resistenza, a Casalecchio di Reno, cade nel 2006. Da allora, anche in Italia, McDonald’s è leader indiscusso del mercato della ristorazione veloce.

Le vetrine di Burghy a Monza

Operazione nostalgia: Burgez rievoca Burghy

Ma non sono rari gli esempi di fast food all’italiana che hanno conquistato credito e seguito. A Milano, dal 2015, Burgez è idealmente l’erede del primo esperimento Burghy, anche se caratterizzato da un’attenzione spiccata alla qualità della materia prima, che meglio risponde alle esigenze di consumo contemporanee: fondata da Simone Ciaruffoli, la catena si rivela un caso di imprenditoria intelligente, devota al modello di Shake Shack, oggi presente con 8 punti vendita a Milano, uno a Torino e uno a Roma. L’ultima trovata di Ciaruffoli è un’ingegnosa operazione di marketing, che – non a caso – riporta in auge il marchio (e il logo) di Burghy. Presto Burgez aprirà il suo primo locale a Monza, proprio accanto a un punto vendita di McDonald’s. E ad anticipare l’inaugurazione, sulle vetrine che preannunciano i lavori in corso Milano, ecco spuntare il logo Burghy, col suo font in corsivo, giallo brillante in campo rosso. Un’operazione nostalgia, che, come specifica Ciaruffoli, è solo “un’idea simpatica per omaggiare e ricordare Burghy”. Che, dunque, non tornerà (e neppure potrebbe, dal momento che il marchio è ancora di proprietà di McDonald’s). Di sicuro, una riuscita operazione pubblicitaria per Burgez, che ancora una volta fa parlare di sé.

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