15 anni di Omnivore
Si è appena chiuso, a Milano, il congresso di Identità Golose, che quest’anno ha portato sul palco le storie di un troppo poco celebrato fattore umano in cucina. Prosegue, invece, la densa programmazione parigina di Omnivore, congresso di riferimento in terra francese, quest’anno iniziato solo un giorno dopo l’apertura delle porte del MiCo. Ultima giornata, dunque, di un’edizione decisamente importante per la rassegna ideata nel 2003 da Luc Dubanchet (all’epoca Omnivoreera un food magazine di 12 pagine, oggi fa registrare circa 10mila visitatori ogni anno), che nel 2018 festeggia i suoi primi 15 anni e riunisce addetti ai lavori in arrivo da tutto il mondo. Un’edizione che, di fatto, prende le mosse da intenti e necessità non dissimili a quelli che hanno ispirato il tema di Identità, rivendicando l’importanza di migliorare se stessi perché possa beneficiarne il proprio pensiero gastronomico e l’intero sistema, per dirla con un motto caro ad Anne-Sophie Pic, tra gli chef simbolo di Omnivore 2018. Perché se è la “giovane cucina” a conquistare il favore dei riflettori sul palco di questa edizione, sono le relazioni tra produttori, cuochi e consumatore a determinare le regole del gioco; la condivisione, l’apertura sul mondo e il senso di responsabilità verso il pianeta e il lavoro dell’uomo a infiammare il dibattito.
I protagonisti e l’Italia sul palco (e fuori)
Dunque dal 4 al 6 marzo Omnivore ripropone il suo calendario di appuntamenti: i palchi della Maison de la Mutualitè dedicati alla scena dolce e salata, il focus sulla miscelazione e le masterclass con produttori e artigiani del gusto. Ma pure il dibattito sull’avanguardia gastronomica, in compagnia di chef, designer, architetti, pensatori e imprenditori, le degustazioni, i pop up guidati, tra gli altri, da Anne Sophie Pic, Alexandre Gauthier, Atsushi Tanaka, la Cantine Omnivore per un pranzo veloce e le cene off, ospitate dai ristoranti più in voga in città (stasera la scena sarà per due protagonisti della “scuola” italiana a Parigi, da Giovanni Passerini per la cena a 4 mani con Florent Ladeyn di L’Auberge du Vert Mont, e da Ida, con la cucina di Denny Imbroisi eStephane Pitrè, per un menu tutto dedicato al caffè), che ogni anno riconfermano la volontà di coinvolgere un pubblico trasversale, oltre il mondo degli addetti ai lavori (l’ingresso alla singola giornata costa solo 39 euro). Sui palchi, però, sfila il gotha della ristorazione francese, e non solo. Quest’anno il congresso ha ospitato una delegazione di chef in arrivo dalle Fiandre, mentre ridotta è stata la presenza italiana, dopo l’exploit dell’edizione 2017 con Diego Rossi (Trippa) e l’amico Giovanni Passerini mattatori sul palco. Accanto ai celebrati protagonisti nazionali – da Sebastian Bras a Cesar e Michel Troisgros, da Jean Francois Piege a Pascal Barbot – segnaliamo però la presenza di Miro Mattalia, che guida con personalità la cucina del Consorzio di Torino e sul palco ha spiegato come la tradizione territoriale possa andare d’accordo con la ristorazione moderna, e Michele Farnesi (di stanza a Parigi), già rivelazione 2016, quest’anno sul palco di pasticceria. Italia protagonista anche nel dibattito sulla miscelazione, con Flavio Angiolillo del Mag Café di Milano.
Parole d’ordine dell’edizione 2018? Semplicità, trasparenza della filiera, responsabilità (del cuoco e del consumatore), valorizzazione dei rapporti umani (e il parallelo con Identità è esplicito). Riconoscimenti per Anne-Sophie Pic – “la Creatrice”, già madrina dell’ultima cerimonia di premiazione Michelin e ambasciatrice della ristorazione al femminile in Francia e nel mondo – Vivien Durand del ristorante Le Prince Noir di Lormont, eletto rivelazione dell’anno, L’Astrance di Parigi premiato come rifugio perfetto. Miglior apertura dell’anno Epicerie l’Ideal di Marsiglia.