L’Oman è un continuo contrasto fra tradizione e modernità: i palazzi “ridondanti” della capitale si alternano a villaggi sperduti, i castelli ai bazar, i deserti alle oasi lussureggianti. Una caratteristica che però accomuna luoghi e persone è la grande accoglienza: ovunque si trovano ospitalità, condivisione e sorrisi, in stile arabo. A partire dalla vivacissima capitale Mascate con i suoi musei, le antiche case raccolte tra le mura, il porto in cui incontrare i pescatori sulle tradizionali imbarcazioni e la Royal Opera House punto di riferimento per tutta la penisola arabica.
Diversi mondi e paesaggi
Sembrerà di essere in un altro mondo passeggiando tra le stradine dei piccoli paesi di montagna, scoprendo i villaggi beduini, percorrendo la “via dell’incenso” e ammirando i forti che disegnano il panorama come grandi castelli di sabbia, magari passando la notte in un accampamento nel deserto sotto le stelle.
Il nostro viaggio prende il via a 200 chilometri da Mascate (o Muscat): dall’antica capitale Nizwa con la sua corona di montagne. È il luogo di nascita dell’Islam in Oman nonché antica capitale del Sultanato, oggi conosciuta per il suo Forte e il suo Suk dove inebriarsi con profumo di incenso e spezie di ogni tipo. Situata al centro di una grande oasi, Nizwa è il punto di incontro delle strade dei carovanieri del nord e del sud del paese, e tutti i venerdì accoglie in un grande mercato di bestiame; è anche il punto da cui partono le escursioni verso l’interno del Paese. Vale la pena cominciare da qui per avere un’idea di come era l’Oman: molti villaggi sono infatti rimasti com’erano un tempo, e per capirne la conformazione geografica che comprende anche importanti montagne. Qui incontriamo Abul Aziz Albalushi del tour operator Happy Travels Oman che ha deciso di tornare nel proprio paese per farlo conoscere al mondo.
Il viaggio prende il via da un piccolo e tipico ristorante lungo strada: «In questa zona puoi incontrare molta gente del luogo e come loro avere un assaggio dei sapori e dei costumi locali. Nella tradizione araba quando siamo al ristorante o in famiglia, non mangiamo mai seduti al tavolo ma sempre in circolo a terra e quando siamo pronti per mangiare diciamo “bismillah” che in arabo significa “grazie Dio”; tiriamo indietro le maniche e siamo pronti per usare esclusivamente la mano destra, niente posate. Lo stesso vale quando incontri le persone e le saluti stringendo loro la mano destra, è segno di rispetto: allo stesso modo devi rispettare ciò che mangi. Il cibo simbolico nei Paesi Arabi, specialmente in Oman, è il riso: durante le nostre festività, quando tutta la famiglia è riunita, la prima cosa che condividiamo è proprio il riso».
Ad accompagnarlo, c’è la cosa che ci incuriosisce di più: la carne di cammello, amata da tutti gli omaniti più del pollo e del vitello. «Ha meno colesterolo rispetto alle altre carni rosse, non appesantisce lo stomaco ed è possibile quindi mangiarla molto spesso», ci spiega Aziz. Il gusto di questa carne è tenue, spesso viene stufata, ha poco grasso e viene quasi sempre consumata insieme a riso, appunto, e numerose spezie come pepe, chiodi di garofano e curcuma.
Verso le montagne
Il tempo di un caffè omanita, arricchito da acqua di rosa e cardamomo, una preghiera in una delle piccole moschee che compaiono attorno, e siamo pronti per montare sulla jeep e salire in quota per esplorare le altitudini dell’Oman che raggiungono i 3.000 metri. Destinazione Anantara Al Jabal Al Akhdar Resort, una dimora lussuosa incastonata nel paesaggio roccioso in cui incontrare due validi cuochi in grado di impiattare il loro sapere e darci un ampio assaggio delle cucine che definiscono quella omanita. Qui l’executive chef è il turco Okan Demir, chiamato ad organizzare e gestire ben tre ristoranti tra cui l’Al Qalaa dalla spiccata anima araba, tutti accomunati dalla bontà e freschezza degli ingredienti provenienti dallo chef’s garden, l’esteso orto da cui Okan si rifornisce quotidianamente.
«Nella tenuta abbiamo diverse varietà di frutta e verdura, più di cinquanta vegetali che serviamo nei ristoranti e anche a colazione come l’alchechengio peruviano proveniente dai nostri oltre venti alberi – racconta lo chef – Solo acqua e sole, questa è la filosofia della cucina, c’è un legame molto stretto tra il resort e il nostro orto, ci approvvigioniamo d’ingredienti stagionali e sviluppiamo i menu in base a ciò che cresce qui intorno, per esempio in estate raccogliamo dei pomodori che serviamo nel ristorante italiano con burrata e caprese, mentre in inverno raccogliamo carote e patate che serviamo nel ristorante arabo. Siamo orgogliosi di tutti i prodotti ma io lo sono in particolare degli ulivi, questi alberi sono diventati un simbolo per la regione di Jabal Akhdar che può avere il suo olio».
Qui hanno posto anche le arnie dove 10mila api producono puro miele di montagna che profuma di rosmarino. «Ciò che attrae della cucina omanita sono gli incontri di sapori tra montagne e mare. La cucina racconta ecosistemi che convivono tra zuppe di pescatori e lunghe cotture di carne come la shuwa, la più tradizionale, dove il cosciotto di agnello cuoce sotto terra per dodici ore», sorride Demir.
Un’agricoltura eroica
Appena fuori dall’ Anantara Al Jabal Al Akhdar Resort, però, si può avere un’idea di cosa siano le aree “remote” – una volta, da noi, si chiamavano aree interne – del sultanato, dove alcune famiglie continuano a vivere grazie a un’agricoltura eroica, alla pastorizia, tenendo in vita usi e costumi rudimentali. Passeggiare tra le strette vie di questi villaggi isolati ha un raro fascino: qui ha un sapore diverso anche sgranocchiare gli immancabili datteri.
È ora di tornare ai piedi delle montagne per raggiungere la capitale Mascate, ma decidiamo per una deviazione non troppo impegnativa che vale la pena. Sgonfiate le gomme del 4x4 ci si addentrata nel deserto per raggiungere il Thousand Nights Camp dove pernottare nel cuore deserto Wahiba Sands: è un vero e proprio “campo” con un insieme di strutture in legno a quindici chilometri dalla prima cittadina. Tende realizzate in lana come vuole la tradizione beduina, pavimenti ricoperti da tappeti in stile arabo, cammelli al pascolo, un mare di sabbia, dune alte come palazzi e un cielo per cui l’immaginazione non basta.
Difficile descrivere l’emozione di risvegliarsi nel deserto. Alla fine del viaggio, ci fermiamo presso la casa di una famiglia beduina dove assaggiamo latte di cammello e dove cerchiamo di capire come si possa vivere nel bel mezzo del nulla. Incontriamo Omsaid, la padrona di casa: «Qui alleviamo i cammelli e gestiamo un bazar. Mi fa sorridere pensare che centinaia di turisti arrivino fin qui e paghino per vedere il deserto, quando io vivo quotidianamente la meraviglia dell’alba e del tramonto».
La capitale e la cucina omanita
Mi lascio alle spalle il deserto con i suoi silenzi e i disegni delle dune scolpiti nell’orizzonte per dirigermi alla volta di Muscat, la capitale dell’Oman, considerata una delle più antiche città del Medio Oriente, nota fin dal II secolo grazie al commercio dell’incenso (o franchincenso, come si chiama da queste parti) e importante centro mercantile tra il Mediterraneo e l’Oriente. Ci fermiamo al’Al Bustan Palace A Ritz-Carlton Hotel, un luogo unico con una storia straordinaria. Costruito a ridosso del golfo dal sultano Qabus Al Said stesso e dominato dalle montagne Al Hajar, in questo resort di lusso si può assaggiare una pregevole e variopinta proposta gastronomica. Il primo assaggio è da China Mood, il ristorante cinese più rinomato del Paese e famoso per i suoi noodles. La cucina è in mano a Rajendra, cuoco nepalese di grande tecnica ormai “adottato” dall’Oman e specializzato nella cucina cinese.
Il ghiaccio per i noodles
«Se immergi i noodles nel ghiaccio saranno al dente per più tempo e avranno tenacia e resistenza anche in zuppa», ci spiega mentre fa lo slalom tra anatre alla pechinese e riso fritto in stile Yangzhou per cui gli omaniti vanno letteralmente ghiotti. C’è poi il The Pavillon con la sua terrazza fronte mare, la più romantica della capitale, dove va in scena la cucina ittica di ineguagliabile freschezza con il pescato locale reinterpretato da una numerosa squadra di cuochi provenienti dalle diverse aree della penisola araba. Ed è qui che abbiamo incontrato l’executive chef mauriziano Christian Antoine. «L’abbondanza di pesce è ciò che identifica questo posto sin dalla sua nascita – ci racconta lo chef – Il profilo gastronomico dell’Oman è legato a un mare particolarmente pescoso, al mercato delle spezie, a sapori che provengono da diverse terre, dall’India all’Africa. L’Oman ha una forte cultura gastronomica di impronta mediorientale, ma ci sono altre influenze giunte qui nei secoli a partire dalla via delle spezie. La cucina omanita è unica: un melting pot di tante culture diverse mescolate in una unica e originale identità».
Il mercato del pesce
Ma Muscat è anche altro, a partire dal suo mercato del pesce, il Muttrah, che merita la visita per rendersi conto di cotanta abbondanza, e fino a varcare la porta del ristorante più tipico in città (a due passi dal mercato), Bait Al Luban. Autentica atmosfera omanita e profumo di Al Luban (in arabo “franchincenso”), questo posto racchiude l’eccellenza dell’ospitalità del paese ed è possibile gustare tutto il meglio della cucina tradizionale tra assaggi di verdure, cocco e chutney di menta, piatti principali a base di carne di pollo o pesce accompagnati da riso e spezie, l’ampia varietà di pane come il khobose rakhal sottile come carta o il muradhaf con i datteri, e da non perdere il gelato all’incenso.
Spezie, frutta, incenso
Un assaggio finisce e un altro mi aspetta tra le strade dell’Oman… direzione Salalah. Conosciuta come la città fertile del paese, qui è tutto un profumo di spezie, frutta e incenso. «Gli omaniti vogliono mostrare la loro ospitalità e servono caffè e datteri, è il nostro modo di accogliere, ovunque troverai questa pratica per dare il benvenuto agli ospiti», racconta Aziz di Happy Travels Oman. L’interesse è ovviamente focalizzato sui datteri di cui l’Oman è uno dei principali produttori: «Abbiamo più di duecento varietà, dai più dolci ai più grandi, con colori differenti dallo scuro al giallo, ognuno con nomi e provenienze diversi - continua - voglio farti vedere qualcosa di omanita che è molto speciale per noi, l’acqua di rose che qui le persone chiamano acqua affumicata, se la annusi ti rendi conto di non aver mai sentito qualcosa di simile». Così, in un connubio di freschezza floreale e torba, che qui usano non solo in cosmesi ma anche in cucina come nel caffè o nei dolci tipici omaniti. Non si può dire di aver visitato Salalah senza esser stati inebriati dai fumi dell’incenso: possiamo parlare di una vera e propria strada dell’incenso, una delle arterie lungo la quale sono venuti in contatto mondi lontani e diversi fra loro: Europa e India, Africa e Asia, facendo transitare cultura e scienza, e facendo fiorire il commercio dalla penisola arabica al Mediterraneo, partendo dall’Oman, passando per lo Yemen, l’Arabia Saudita e la Giordania. L’estrazione si fa in maggio e giugno, la lavorazione durante l’estate, per essere poi pronta a settembre per il grande mercato dell’incenso. Questa antica via continua a rapire ed affascinare con la sua storia millenaria, ancora alla portata di tutti.