Olio made in Italy. Quel 40% di qualità superiore
Il comparto oleario made in Italy regala grandi soddisfazioni (come dimostra ogni anno la qualità degli oli premiati dalla guida Oli d’Italia del Gambero Rosso). E altrettanti rischi dovuti a una cattiva conoscenza della materia, ancora sconosciuta ai più, che si accontentano di acquistare un prodotto di qualità scadente senza prestare attenzione a provenienza, lavorazione , prezzo (un olio extravergine d’oliva che risponda a una filiera d’eccellenza non può costare poco!).
Eppure, il 40% dell’olio extravergine di oliva italiano è qualitativamente superiore al resto della produzione nazionale, lo dice la ricerca che Symbola e Cra (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’economia agraria) hanno portato avanti per arrivare a determinare il cosiddetto PIQ, in collaborazione con Coldiretti e Unaprol.
Il PIQ. Cos’è?
Di cosa si tratta e quali sono i parametri presi in considerazione? Il discorso si sposta su un piano che va ben oltre il riconoscimento della qualità organolettica del prodotto, e guarda alla filiera in tutti i suoi passaggi - dalla terra alla molitura, alla distribuzione – per verificarne sostenibilità, rispetto per il capitale umano, gestione di risorse e rifiuti, certificazioni e capacità di ridurre l’uso di fitofarmaci, anche in funzione dei parametri di qualità salutistica. Ecco come nasce il PIQ, prodotto interno di qualità, presentato a Expo presso il Padiglione Coldiretti alla presenza del Ministro Martina con l’intento di tutelare la filiera dell’extravergine italiano.
E sono ben 102 gli indicatori che vanno a sommarsi nel definire un pannello completo di informazioni sulle diverse fasi produttive dell’olio, che garantirà anche di tenere sotto controllo il ricorso a pratiche scorrette adottate come correttivi in annate sfortunate.
La forbice del comparto oleario: qualità o quantità?
Anche perché è giusto premiare quella aziende che con impegno e coraggio continuano a alzare l’asticella della qualità a dispetto di un panorama nazionale che si polarizza sempre di più, facendo registrare un grande divario tra le realtà virtuose e le aziende in difficoltà che scelgono di tagliare sulla qualità puntando sulla quantità (il rapporto è di 39,2% contro il 60,5% calcolati sul totale nazionale).
Il Piq quindi potrà essere considerato il primo database per valutare gli olii in commercio, a vantaggio di una trasparenza di cui beneficiano tutti: le istituzioni di controllo, le imprese del settore e – non ultimi – i consumatori (considerando che in rete il 12,8% degli utenti dichiara di scegliere “un olio qualsiasi”). Insomma, uno strumento per riconsiderare il valore economico alla luce della qualità produttiva: quanta parte del Pil del nostro Paese è riconducibile alla qualità?