Che gli oli vegetali non siano tutti uguali, è ormai assodato. Non è infatti vero che tutti i grassi vegetali siano da preferire a quelli animali, o che gli oli vegetali facciano sempre bene dal punto di vista nutrizionale. Abbiamo dunque cercato di prendere in esame i più usati in cucina, lasciando volutamente fuori dall'excursus l'olio extravergine di oliva (che diciamoci la verità, gioca un altro campionato).
Oli vegetali. Cosa sono e come vengono ricavati
Gli oli vegetali sono (come dice la parola stessa) estratti da organismi vegetali, e di fatto rappresentano la loro parte grassa, che sia la polpa dei frutti o i semi oleosi. Possono essere ricavati mediante due processi, per spremitura o per estrazione con solventi. I più utilizzati in campo alimentare sono l'olio di mais, quello di arachidi, di girasole e di colza. Oltre al famigerato olio di palma, di cui però vi abbiamo già parlato ampiamente.
Oli vegetali. Le caratteristiche principali: sono liquidi e ricchi di acidi grassi insaturi
Fondamentalmente si distinguono dai grassi di origine animale per due caratteristiche principali, che poi sono concatenate tra loro: gli oli vegetali sono quasi sempre liquidi a temperatura ambiente (a differenza dei grassi animali che invece solitamente sono solidi) in quanto ricchi di acidi grassi insaturi. Senza entrare troppo nello specifico, immaginatevi gli acidi grassi insaturi come delle lunghe catene di atomi di carbonio, ciascuno dei quali accoppiato a due atomi di idrogeno, dove però lungo questa catena una o più coppie di atomi di carbonio legano a sé un solo atomo di idrogeno per unità. È così che in corrispondenza dei singoli legami con l'atomo di idrogeno (leggi anche: doppi legami tra atomi di carbonio) la molecola perde la sua struttura lineare e forma un ripiegamento. I ripiegamenti si riflettono sul grado di fluidità dell'alimento: ecco perché gli oli vegetali, ricchi di acidi grassi insaturi, sono generalmente liquidi a temperatura ambiente. Sicuramente l'immagine sotto è molto più esplicativa.
Acido oleico e linoleico
Tra i vari grassi insaturi di interesse nutrizionale, due meritano particolare attenzione, l'acido oleico e l'acido linoleico. Il primo appartiene alla famiglia degli omega-9 (l'unico doppio legame si trova tra il nono e il decimo atomo di carbonio) ed è una delle componenti principali dell’olio di oliva, che lo rende prezioso alleato della salute per gli effetti benefici sul cuore e l’apparato cardiovascolare. Il secondo, invece, appartiene al gruppo degli omega-6 e, in quanto “essenziale”, non può essere prodotto in modo autonomo dal nostro organismo, ma deve essere introdotto mediante dieta. Altro acido grasso essenziale è l'acido alfa linolenico, appartenente agli omega-3 e (in parole povere) in competizione con gli omega-6. Il che significa che i due omega, 6 e 3, devono essere introdotti nel giusto rapporto, l'optimum è tra 4:1 e 8:1. Una volta appurato questo, ovvero che nessun acido grasso insaturo è una panacea se preso singolarmente e abbondantemente, entriamo nel dettaglio dei singoli oli vegetali.
Olio di mais
Viene estratto tramite un solvente chimico dalle cariossidi del mais, il che non sarebbe proprio conveniente se non fosse che dal mais si ottengono molti altri prodotti, dalla farina all'amido (la maizena). Sicuramente chi è nato prima degli anni '90 si ricorderà della pubblicità di un noto olio di mais che vedeva come protagonista il grande Mike Bongiorno, una réclame che ne decantava proprietà nutrizionali incredibili, ma è davvero così? Premesso che il processo di raffinazione toglie molti dei benefici, come per esempio gran parte della vitamina E, è innegabile che abbia dei buoni requisiti alimentari, essendo composto per il 19-50% da acido oleico e per il 34-62 % da acido linoleico. Ma ricordatevi sempre che gli omega-6 sono benefici solo se rimangono in un rapporto ben preciso con gli omega-3, che nel mais non ci sono. Abbondano invece nel pesce e nel relativo olio, nei semi e nell'olio di lino, e nell'olio di canapa. Altro componente dell'olio di mais, poi, è l'acido palmitico (8-19%) che in quanto acido grasso saturo deve essere consumato con moderazione.
Olio di arachide
Viene estratto dai semi dell'omonima pianta tramite pressione o attraverso solventi chimici. Contiene gli acidi oleico (35–72 %) e linoleico (13–45 %), ma anche l’acido arachico (1 – 2,5 %) e del lignocerico (1 – 2,5 %) praticamente assenti negli altri oli. In una scala della qualità, è l’olio di semi con una delle composizioni più equilibrate e un punto di fumo elevato, il che lo rende una scelta ottima per le fritture: qui trovate i segreti per un fritto a regola d'arte. Come per la gran parte degli oli di semi, però, scarseggia l'acido alfa linolenico, il che significa che deve essere inserito in una dieta ricca di pesce, per esempio.
Olio di girasole
O meglio di semi di girasole perché si ottiene dai semi dell'omonima pianta. Da questi si estrae chimicamente un olio ricco di acidi grassi insaturi, in particolare oleico e linoleico. Ma (non ci stancheremo mai di ripeterlo) dal punto di vista nutrizionale, l'abbondanza di omega 6 non è sempre considerata un aspetto positivo; soprattutto se non c'è il giusto equilibrio con gli omega 3. Una menzione speciale va all'olio di girasole alto oleico arricchito di vitamina E e antiossidanti, con un punto di fumo molto elevato e quindi ottimo per friggere.
Olio di colza
Arriviamo così all'olio vegetale più dibattuto, quello di colza, ovvero l'olio estratto dai semi dell'omonima pianta (Brassica napus oleifera). Le critiche derivano da un retaggio storico, quando negli anni ’70 l’olio estratto dai semi di colza conteneva il 50% di acido erucico, che secondo l'Efsa ha risvolti negativi per la salute: “Test condotti su animali evidenziano che l'ingestione di oli contenenti acido erucico può portare nel corso del tempo a una malattia del cuore chiamata lipidosi del miocardio. La patologia è temporanea e reversibile. Altri effetti potenziali osservati negli animali - incluse variazioni di peso del fegato, dei reni e del muscolo scheletrico - si verificano a dosi lievemente superiori”. Sulla base di queste informazioni, l'Efsa ha stabilito una dose giornaliera tollerabile di 7 milligrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno, ecco perché con gli anni si è cominciato a sviluppare nuove cultivar, dalla francese Luna (con un 5% di acido erucico) alla canadese Canbra.
Queste selezioni di nuove varietà (il processo di selezione non ha nulla a che vedere con la modificazione genetica) hanno infine portato alla canola e all'olio di canola, ovvero un olio di colza senza acido erucinco e arricchito con acido oleico. Il che significa che oggi, sempre secondo l'Efsa, “l’acido erucico non costituisce un problema di sicurezza per la maggior parte dei consumatori, in quanto l'esposizione media è meno della metà del livello di sicurezza. Ma può tuttavia costituire un rischio a lungo termine per la salute di bambini di età fino a 10 anni che consumino elevate quantità di alimenti contenenti questa sostanza”. Il problema, dunque, sta sempre nella quantità ingerita, che si tratti di girasole, mais, arachide o del “famigerato” olio di palma.
La margarina
Piccola postilla a margine: con alcuni oli vegetali, tra cui l'olio di arachide, di mais, di girasole e di colza, viene fatta la margarina. Come? Per rendere solidi gli oli vegetali che per natura sono liquidi, questi devono essere sottoposti a un processo di idrogenazione, con lo scopo di saturare i doppi legami per ridurre la fluidità dell'alimento. Questo processo di idrogenazione origina i cosiddetti acidi grassi trans, che notoriamente hanno un impatto negativo sui livelli ematici di colesterolo.
a cura di Annalisa Zordan