L'antico Frantoio Loreti è gestito dalla quinta generazione dell'omonima famiglia. Nel tempo sono stati rinnovati sia oliveto che frantoio, oggi all'avanguardia. Immutate invece la passione e la dedizione per il proprio lavoro, con risultati eccellenti. Con Rodolfo Loreti abbiamo parlato di territorio, varietà e valorizzazione del prodotto.
Quali sono state le tappe principali nella vostra storia che vi hanno portato a questi risultati? Come si raggiunge un tale livello di qualità?
La nostra è una storia lunga, e molte sono le tappe significative che ci hanno permesso di arrivare dove siamo. La più recente è stata la decisione di rinnovare interamente la nostra azienda: l’immagine, il prodotto, e soprattutto l’intero frantoio. Si trattava di un investimento rischioso, non garantito, che però abbiamo intrapreso con molta fiducia, poiché convinti che con pratiche innovative e tecnologie all’avanguardia saremmo stati in grado di tradurre al meglio la nostra lunga storia e queste terre preziose in un olio che fosse in grado di esprimerne il senso, il gusto, il carattere.
Come avviene il processo di valorizzazione dell’oliva nel vostro frantoio?
L’oliva è un prodotto incredibilmente delicato. Il gusto, che si costruisce al suo interno attraverso un’intera annata, può andar perso in poche ore se i passaggi sono maldestri, i tempi errati, i macchinari inadeguati. In tal senso crediamo che la conservazione non possa avvenire senza una costante trasformazione, il che significa che l’innovazione, se applicata in modo sensato, rigoroso, sostenibile e saggio, non è un nemico della tradizione ma, al contrario, è ciò che permette di conservarla, preservando le caratteristiche di un prodotto che altrimenti andrebbero perse. È questo che ci interessa, o meglio, ci ossessiona: far sì che nulla venga perso nelle fasi delicate che vanno dalla decisione del momento della raccolta fino all’imbottigliamento. È per questo che il tempo, per noi, è elemento fondamentale, come inscritto negli stessi nomi dei nostri oli: Memoria, Istante, Oblio, Sesto (che è il nome di mio nonno, figura fondamentale della nostra storia), e Novo, nomi che richiamano un continuo vai e vieni tra passato e futuro, conservazione e trasformazione, tradizione e innovazione.
Come si muove l'azienda sul fronte commerciale?
Il nostro approccio con i clienti avviene sia direttamente in azienda, dove organizziamo visite e degustazioni, che attraverso vari canali commerciali, dall’e-commerce alla vendita a professionisti del settore ristorazione, oleoteche ed enoteche. Cerchiamo continuamente nuove collaborazioni in tal senso, ad esempio organizzando degustazioni ed eventi con i nostri clienti, in cui magari vengano presentati nuovi piatti abbinati ai nostri prodotti. Abbiamo una grande attenzione alle realtà locali, con cui collaboriamo con entusiasmo, ma certamente siamo anche interessati a far conoscere il nostro olio altrove.
Quali sono gli ostacoli più evidenti che vi trovate a dover affrontare da questo punto di vista?
Le complicazioni logistiche e burocratiche legate all’esportazione, specie nel contesto extra-UE, sono molte, e ciò ci spinge a trovare nuove soluzioni, cercando di innovare ma, al tempo stesso, restando attenti a mantenere una coerenza con la nostra missione. Insomma, cerchiamo di vendere, senza svenderci.
Quali sono, a vostro avviso, le azioni necessarie per poter migliorare il comparto olivicolo?
Credo sia necessario insistere sulla qualità, e ciò ha a che fare almeno con tre aspetti. Prima di tutto, c’è bisogno che si agisca a livello legislativo per ciò che concerne l’etichettatura, le garanzie e le certificazioni, così da fornire le informazioni necessarie per distinguere un olio di qualità superiore, e quindi per permettere un acquisto più consapevole e mirato, nonché per giustificare le inevitabili differenze di prezzo che, altrimenti, lascerebbero il consumatore sbigottito. In secondo luogo, c’è bisogno di accompagnare il comparto olivicolo con incentivi adeguati. Il cambiamento climatico ha reso il clima sempre più instabile e prono a fasi sempre più estreme. Se aggiungiamo a questo i ben noti problemi riguardanti parassiti e malattie, comprendiamo che oggi è sempre più difficile e rischioso pianificare la produzione. Ogni anno si inizia senza avere idea di quanto olio si sarà in grado di produrre, e tale incertezza è ovviamente deleteria per la salute mentale ed economica dei produttori. Infine, c’è bisogno di comunicare, informare ed educare i consumatori su cosa sia l’olio di qualità e quale sia il suo valore, in senso di gusto, di salute e di ambiente.
Come andrebbe cambiata o migliorata secondo voi la comunicazione dell'extravergine di qualità?
Pur essendo l’Italia un paese con una tradizione olivicola millenaria, c’è ancora una ignoranza estesa su cosa voglia dire olio di qualità superiore, su cosa questo implichi, su come utilizzarlo, su come conservarlo e su quali siano le sue caratteristiche organolettiche e i suoi benefici in termini di salute. Come già accennato, si tratta prima di tutto di agire sull’etichettatura per renderla più chiara e trasparente. Troppo spesso il consumatore si trova di fronte a un gap di prezzo consistente, senza avere idea di quale ne sia la ragione. In secondo luogo, è fondamentale che ci sia un’ampia azione di sensibilizzazione ed educazione, a partire dal livello scolastico, se è vero, come è vero, che l’olio, assieme al vino e ad altri prodotti della terra, è un elemento costitutivo della nostra identità, e quindi parte del nostro bagaglio sociale, culturale e storico. Credo inoltre che anche i ristoratori possano giocare un ruolo, informando circa le caratteristiche dei vari oli, organizzando degustazioni, proponendo abbinamenti, nello stesso modo in cui avviene con il vino.
Le cose sono migliorate negli ultimi anni?
Fortunatamente ci accorgiamo che un cambiamento è già in atto, anche se ancora si è molto indietro rispetto al settore enologico. Per molti, ancora, se si è pronti a pagare una bottiglia di vino a un dato prezzo, pagare l’equivalente per una bottiglia d’olio, che per giunta avrà ovviamente una durata ben maggiore, è impensabile. Ciò non può che derivare da una scarsa sensibilizzazione, che deve passare attraverso parole chiave che magari non sono originali, ma che diventano significative se applicate al comparto olivicolo: qualità, territorio, garanzia, sostenibilità, salute, gusto, abbinamento, e così via.
Qual è il vostro approccio al concetto di sostenibilità ambientale?
Siamo un’azienda profondamente radicata nel nostro territorio e dunque ne abbiamo una cura particolare. Ormai da molti anni per alimentarci utilizziamo energia proveniente da più tipologie di fonti rinnovabili e, ogni anno, il sottoprodotto della lavorazione (sanse umide), viene ritirato da aziende specializzate e usato come biocombustibile, oltre al suo utilizzo in campo agricolo. Inoltre, esploriamo inoltre nuove possibilità di ampliare la sostenibilità delle nostre pratiche e la loro ricaduta positiva sulle terre circostanti.
Frantoio Loreti - Gualdo Tadino (PG) – Zona Industriale Nord – 075 9145081 - frantoioloreti.it
Oli d'Italia 2022 – pp. 544 – 13,90 euro - acquistabile in libreria e on line
a cura di Indra Galbo