Starbucks, l’olio e il caffè
Molti lo considerano la panacea per l’organismo, e in effetti un cucchiaio di olio extravergine al mattino può favorire il tratto intestinale, oltre a svolgere un’importante funzione gastroprotettrice. Un modo insolito ma salutare per cominciare la giornata: allora perché non aggiungerlo direttamente al caffè? Questa intuizione felice l’ha avuta – ancora una volta – il colosso della caffetteria internazionale Starbucks. Era settembre 2022, era la Sicilia, era Howard Schultz. L’amministratore delegato ad interim scopre l’abitudine di molti siciliani di consumare un goccio d’olio al mattino, ne resta affascinato, decide di adottare questo rituale, fino a chiedersi come poterlo integrare nella sua solita routine mattutina. Nasce così l’idea per una nuova bevanda a base di caffè arabica emulsionata con un cucchiaio – circa 15 millilitri – di extravergine: si chiama Oleato ed è presente dallo scorso 22 febbraio in tutti i punti vendita italiani.
Oleato, la linea di caffè con olio extravergine d’oliva
Una linea di bevande diverse, dal gusto ricco e vellutato secondo Amy Dilger, Principal Beverage Developer di Starbucks, che ha definito l’accoppiata olio-caffè dai “sapori rotondi”. Prima di essere unito all’espresso, l’olio viene montato, shakerato e mescolato con una bevanda vegetale, per dare vita a Oleato™ Caffè Latte, Oleato™ Iced Shaken Espresso e Oleato™ Golden Foam Cold Brew. Allo Starbucks Reserve Roastery di Milano, poi, ci saranno anche l’Oleato™ Iced Cortado – un espresso con sciroppo Demerara, bitter all’arancia e bevanda all’avena emulsionata con olio, servito con ghiaccio e scorza d’arancia – e l’Oleato™ Deconstructed, con una spruzzata di limone, oltre all’Oleato™ Golden Foam Espresso Martini, a base di espresso, vodka e sciroppo di bacche di vaniglia. In più, sarà data ai clienti la possibilità di aggiungere un cucchiaio d’olio a tutte le altre bevande iconiche del brand, per provare nuovi accostamenti.
L’olio siciliano e il caffè americano
Un abbinamento curioso fatto a partire da un blend creato appositamente per Starbucks a Partanna, in provincia di Trapani. Torniamo all’autunno siciliano di Shultz: a far scoprire all’imprenditore l’usanza dell’olio al mattino è stato Tommaso Asaro, direttore esecutivo della United Olive Oil Import Corporation, azienda di importazione e distribuzione di prodotti oleari italiani, e a capo di Oleificio Asaro a Partanna. Dilger, che ha studiato nei minimi dettagli le bevande, ha fatto prima scuola nel territorio siciliano per capire meglio come funziona la produzione olivicola, poi ha cominciato a sperimentare, “l’infusione è molto importante. Quando emulsioni l’extravergine con il latte d’avena si crea un’esperienza tattile unica, simile a quella del latte intero”. Non ci sono particolari dettagli sul blend – si sa, però, che è composto da una buona percentuale di Nocellara del Belice – mentre il caffè scelto è il Blonde Espresso Roast, dai toni morbidi e rotondi, oltre al Reserve per la principale sede meneghina. Non aveva mai unito prima questi due ingredienti insieme, la Dilger, pasticcera professionista che si è però lasciata ispirare dai connubi già noti con l’extravergine, come la torta all’olio o l’abitudine greca di aggiungere qualche goccia di oro verde allo yogurt.
Starbucks e il mito del caffè italiano
Del resto, non è la prima volta che Shultz prende ispirazione dall’Italia per la sua impresa. È al suo viaggio a Milano dell’83 che si deve gran parte dell’identità di Starbucks: innamorato della cultura del caffè tutta italiana, l’imprenditore – al tempo a capo delle operazioni marketing – decise di puntare tutto sull’atmosfera intima e accogliente, l’ambiente romantico che aveva trovato nei bar milanesi. L’esperienza più del prodotto. Si sa, il resto è storia: mai scelta fu più azzeccata, e oggi Shultz dichiara di essere emozionato come allora nel lanciare il nuovo prodotto, “un blend unico di abilità artistica, artigianato, prodotti di prima qualità e audace innovazione che creano un’esperienza straordinaria”. Sembrerebbe un cerchio che si chiude, quello dell’innovazione statunitense ispirata alla tradizione italiana. Piacerà? Ne avevamo davvero bisogno? Le domande che Oleato ha suscitato nel pubblico, come sempre quando si parla di caffetterie straniere su territorio italiano, sono molte. Bevande golose sormontate da tanta panna montata, sciroppi, bibitoni, trovate di marketing, un affronto al culto della tazzina: le critiche mosse a Starbucks negli anni sono state molte, eppure il prodotto più venduto nelle sedi italiane è proprio il tradizionale espresso, “una controprova della qualità del caffè che distingue Starbucks dal 1971”, ha dichiarato Shultz.
L’olio come ingrediente
A prescindere dal gusto delle nuove bevande (che non abbiamo ancora provato) e della risposta della clientela, una cosa è certa: è ancora una volta il gigante stellestrisce a far parlare di un (altro) dei prodotti che più contraddistinguono la cultura gastronomica italiana. Prima il caffè – della presunta superiorità del caffè italiano abbiamo già discusso a più riprese – e ora l’extravergine. Sulla necessità di elevare l’olio a ingrediente e non concepirlo più solo come un grasso o un condimento, abbiamo insistito più volte nel tempo: confrontandoci con chef e ristoratori, abbiamo ribadito l’importanza dell’olio in cucina, il bisogno di una selezione di prodotti diversi per uso e caratteristiche organolettiche, senza dimenticare il valore aggiunto che la carta degli oli può portare a un’attività. Olio con il gelato, nei cocktail, con il cioccolato: non sono mancati gli esperimenti da parte degli esperti del settore, oltre al prezioso lavoro di promozione e comunicazione (a cui da 13 anni partecipiamo in prima linea con la guida Oli d’Italia), ma la mossa di Starbucks - con la grande risonanza mediatica che accompagna puntualmente le novità del colosso - potrebbe contribuire a un’ulteriore riflessione. Sulla necessità di proporre abbinamenti sempre nuovi, ma soprattutto di valorizzare le nostre eccellenze sfruttandole in ogni campo, trovando loro usi diversi.
Ne avevamo bisogno? È la domanda più gettonata in questi giorni. Che nella tradizione contadina ci sia la consuetudine di bersi un goccio d’olio al giorno è risaputo. Che i benefici di questa abitudine siano molti è superfluo ribadirlo. Eppure, non siamo mai riusciti a trasformare l’olio in una colazione, prendendo spunto dalle radici più autentiche del nostro territorio. Avevamo bisogno del caffè con l’extravergine e gli sciroppi? Forse sì, o magari no. Sicuramente, però, gli stimoli per ripensare le strategie di promozione delle nostre eccellenze non sono mai troppi.
a cura di Michela Becchi