Okonomiyaki. Il nome non è facile da pronunciare, e nemmeno da ricordare, a meno che non si vada a scavare nella memoria fanciullesca, rispolverando il manga “Kiss me Licia” e riportando alla luce quelle frittelle, o polpette – come le chiamavano nel cartone – che il padre di Licia, Marrabbio, preparava nel suo ristorante di Osaka. Ed è da questa città che si deve partire per spiegare cos’è e come si fanno gli okonomiyaki, street food giapponese originario della regione Kansai del Paese dove il piatto si consuma in ogni occasione: con amici a casa, al ristorante e per le strade durante le feste.
Cos’è e come si fa l’okonomiyaki
«Tutti la chiamano pizza di Osaka (talvolta anche di Hiroshima, città che ne rivendica la paternità, ndr.) ma solo perché tutto quello che ha forma tonda si dice che sia pizza», racconta sorridendo Mai Shinohara, cuoca e assaggiatrice d’olio. Si tratta di una specie di pancake morbido fatto con un impasto base di farina, uova, acqua, dashi (brodo giapponese), un po’ di lievito, e cavolo verza. «L’impasto che si ottiene mescolando tutti questi ingredienti, non è liquido e nemmeno compatto, ma denso proprio come un pancake», spiega Shinohara.
Si cuoce su una piastra calda, in giapponese chiamata teppan, presente nei ristoranti; nella versione casalinga si utilizza una semplice padella unta con pochissimo olio «usato solo per non far attaccare l’impasto» e poi cotto da entrambi i lati. Letteralmente okonomi vuol dire “ciò che vuoi, che preferisci” e yaki significa “griglia”, è questo il motivo per cui all’elenco degli ingredienti base si possono aggiungere anche altri a piacere, come il tenkasu scarti di pastella fritta usati per fare la tempura.
Il topping scenico – e anche gustoso – fa di questo piatto povero della cucina giapponese il suo segno distintivo: dopo che il pancake è stato cotto ci si diverte ad aggiungere strisce di maionese, katsuobushi e alga anoiri (a piacere), ma non può mancare la salsa Otafuku «indispensabile per questa ricetta, senza la salsa in questione l’okonomiyaki non è okonomiyaki, anche perché non ci puoi aggiungere del ketchup», spiega Shinohara. Si tratta di una salsa particolare, quasi irriproducibile a casa, fatta con venti spezie, verdure e frutta, per intenderci è molto simile alla salsa Worcetser. In effetti, come racconta la cuoca giapponese: «Prima che a Osaka inventassero la Otafuku, si usava la salsa inglese Lea&Perrins: il sapore è molto simile, ma la prima è più densa della seconda».
Okonomiyaki: la versione di Hiroshima e un po’ di storia
Oltre alla versione originale di Osaka, esiste una variante riprodotta a Hiroshima che, come detto, si contende la paternità della ricetta, «in questo secondo caso si preparano delle semplici crespelle che poi vengono farcite con condimenti a piacere come spaghetti, verdure, carne», specifica Mai Shinohara. Ma è la Storia a spiegare la nascita di questo cibo di strada: dopo la Seconda guerra mondiale il Giappone era una paese contadino e povero, e con i pochi ingredienti a disposizione come acqua e farina ricevuta dagli Stati Uniti come aiuti umanitari post conflitto, a Osaka si ideò questa ricetta prendendo ispirazione dalle ricette dei senbei e bun che mangiavano i cinesi: «Essendo Osaka una città portuale era semplice prendere le influenze della Cina», racconta Shinohara, e aggiungere ingredienti come cavolo verza e uova.
Come si mangia in Giappone la pizza di Osaka
L’okonomiyaki oltre a essere gustoso e facile da preparare, è anche un piatto che unisce, come racconta la cuoca giapponese: «Facciamo degli okonomiyaki party a casa con gli amici, ci mettiamo tutti seduti a tavola con le bowl contenenti gli ingredienti e delle piccole piastre mobili per prepararli al momento della forma che vogliamo, piccoli o grandi, e condirli a piacere. Per accompagnare beviamo della birra fresca». Anche nei ristoranti è in voga questa pratica: i camerieri riforniscono i clienti dell’impasto pronto e degli ingredienti per i topping e ognuno si compone il suo okonomiyaki a piacere. Per chi vuole la praticità, fra le strade di Osaka, ma anche di altre città del Giappone dove lo street food è stato sdoganato, si trovano banchetti in occasione di feste come Capodanno, ma anche quotidianamente, da cui comprarli già pronti togliendosi lo sfizio senza troppa fatica.