Luca Fracassi. Chi è
Lui si chiama Luca Fracassi, e il cognome lo condivide con un casentinese celeberrimo della gastronomia italiana, quel Simone macellaio tra i più apprezzati ambasciatori della Chianina toscana. Ma l'omonimia non deve ingannare, ché sul territorio aretino Fracassi è un cognome facile da incontrare. Luca, non a caso, è nato ad Arezzo, e di professione fa lo chef: “La cucina è la mia vita, il vino la mia passione”, chiarisce lui offrendo un'ottima sponda per chiedergli di più del suo ultimo progetto. Classe 1985, nel suo passato ci sono il Magnolia di Alberto Faccani, “un illuminante passaggio al Celler di Can Roca di Girona”, gli insegnamenti d'oro di Paolo Teverini; gli ultimi tre anni (fino al termine del 2017), invece, li ha passati a dirigere la cucina della cantina Tenimenti d'Alessandro, a Cortona, ripensata negli ultimi mesi da Gigi Nastri, che di Luca ha preso il posto la primavera scorsa, quando da Borgo Syrah l'osteria ha cambiato nome (e concept) in Creta. Il giovane chef aretino, intanto, ha approfittato di qualche mese di stop per concretizzare il suo primo progetto in solitaria, con la compagna che lo segue sul lavoro – in sala – e nella vita. Così a maggio 2018 è nato Octavin, un piccolo ristorante nel centro di Arezzo che concentra le idee e il passato di Luca nel contesto di una piccola città di provincia altrimenti ben poco incline a sperimentare nuove strade.
La cucina di Octavin
Eppure lui, consapevole di rappresentare un punto di rottura rispetto alla ristorazione tradizionale e rassicurante che ad Arezzo va per la maggiore (l'ottavina, in metrica, è la forma dell'improvvisazione), ha avuto chiaro sin dall'inizio quel che, con un po' di coraggio, avrebbe voluto portare nella sua città: “Un'idea di ristorazione sostenibile che investe la gestione dell'attività a tutto tondo, non solo con la ricerca di materie prime di cui sappiamo tutto, ma anche nella riduzione degli sprechi, sull'esempio di colleghi che considero modelli da seguire, come Christian Puglisi”. Questo ha portato, per esempio, alla realizzazione di un orto appena fuori città che cresce parallelamente al progetto Octavin, coltivato personalmente dai ragazzi - “con l'aiuto del babbo della mia ragazza, perché un orto non si improvvisa, è un lavoro che va seguito con costanza” - fertilizzato con il compost ricavato dalle cialde di caffè usate al ristorante.
E pure a selezionare fornitori fidati (la carne del Casentino, anatre e polli dalla Valdarno, il pescato secondo disponibilità dei pescatori di Castiglion della Pescaia), molti ingredienti del territorio che però sono trattati in cucina con mano decisamente poco incline a subire i limiti della tradizione locale: “Per questo non parlerei troppo alla lettera di cucina di territorio; ci piace lavorare con pochi ingredienti e preparazioni mai banali, molte fermentazioni, accostamenti insoliti... Cerchiamo di divertirci”. C'è forse un po' di incoscienza? “Volevo cimentarmi con Arezzo, in realtà ho fatto una scelta semplice, perché è questo che so fare. Certo, lo sforzo per farci capire dev'essere quadruplo: abbiamo solo 28 coperti e qualche posto nel dehors durante la bella stagione, siamo una piccolissima realtà e abbiamo appena iniziato. Ma il pubblico sta rispondendo bene”. In cucina si lavora in tre, Luca compreso, in sala sono in due.
Menu e vini
Si mangia alla carta - “una proposta breve che cambia spesso” - o con formula degustazione, da 4 o 7 portate (37 e 70 euro per i percorsi, 50 euro in media per un pasto alla carta). E l'idea è quella di divertire senza voler stupire a tutti i costi con sapori estremi. Qualche esempio? I rigatoni con estratto di rape rosse e anguilla del Trasimeno, affumicata al ristorante; o i fegatelli di maiale Grigio del Casentino, “una proposta molto tipica dalle nostre parti, però solitamente servita stracotta. Noi invece la proponiamo super morbida, quasi da mangiare al cucchiaio”, serviti con sedano rapa e spinaci; e ancora, i tortelli con mandorle in brodo di spugnole, gli spaghetti con vongole e cipresso, il polletto arrosto con lenticchie e porri, l'anatra con cipolla e ginepro, la seppia con tartufo e zenzero. Carta dei vini altrettanto personale, circa 80 etichette per una cantina costruita a piccoli passi, “con vini fatti bene, molti naturali, tante scoperte basate su rapporti diretti con i produttori. Spesso sono in Francia per visitare le cantine, è una passione, e riporto sempre con me qualche bottiglia. Insomma, una carta che mi rappresenta, e piuttosto insolita per Arezzo”. Ma c'è anche la voglia di mettere in campo le proprie convinzioni senza prendersi troppo sul serio.
Black Out
Così, il 25 ottobre segnerà l'esordio della serata Black Out, un modo per riflettere sulla sostenibilità come stile di vita, anche a tavola: in menu solo pietanze lavorate o cotte senza ricorrere all'elettricità, tra topinambur alla brace, porcini con crescione e pino mugo, orzo con prezzemolo e crema d'aglio e pollo arrosto con tartufo e porro. “Le possibilità sono molte, tra preparazioni alla brace, estrazioni a freddo, fermentazioni... Niente salse al frullatore, roner, basse temperature!”. Si cena a lume di candela e il pagamento con carte sarà momentaneamente non disponibile, ca va sans dire.
Octavin – Arezzo – Scalinata Camillo Berneri, 2 – 0575 357927 – www.octavin.it
a cura di Livia Montagnoli