Una Giornata per riflettere sullo spreco di cibo
La Giornata Nazionale contro lo spreco di cibo, in calendario il 5 febbraio, si è appena conclusa, con il merito di riaccendere il dibattito su un tema che ancora necessita di divulgazione costante per diventare buona pratica comune. Dall’entrata in vigore della Legge Gadda, pioniera nel 2016 nel sancire un’impalcatura di norme all’avanguardia in fatto di lotta allo spreco (semplificazione e sistema premiale per i comportamenti virtuosi sono i pilastri del decreto), la consapevolezza del problema è cresciuta diffusamente. Di riuso degli scarti, donazione delle eccedenze, ottimizzazione degli sprechi alimentari tra le mura domestiche e non, oggi, sentiamo parlare con frequenza. Supportati da iniziative e consigli per l’uso (vedi l’ultimo decalogo antispreco della Fondazione Barilla, o le ricette del riuso dello chef Alessandro Circiello, disponibili online, presentate in collaborazione con l’ex Ministro Alfonso Pecorare Scanio al Palazzo delle Esposizioni di Roma) che suggeriscono rimedi che ciascuno può mettere in atto per contribuire alla causa. Ma se c’è una pratica ancora dura a diventare buona abitudine condivisa, quella è la richiesta/utilizzo della doggy bag (o food bag, per usare un termine più corretto) al ristorante.
La resistenza alla food bag. Per gli italiani è imbarazzante
La nostra cultura ci fa dubitare che sia lecito, alla fine del pasto, chiedere di portare a casa il cibo avanzato in tavola. Anzi, è ancora l’imbarazzo ad avere la meglio, diversamente da quanto succede in molti Paesi del mondo, dove l’utilizzo della food bag è una pratica familiare e naturale per la maggior parte dei clienti (e dei ristoratori). I dati che periodicamente si ripetono come monito a non sottovalutare la necessità di agire, però, imporrebbero di superare l’impasse. Tanto più che salvare gli avanzi al ristorante è un vantaggio economico, facilmente misurabile, per tutti gli attori coinvolti: il cliente che ha pagato il cibo ordinato non deve rinunciare a goderne, fino all’ultimo boccone; il ristorante che agevola l’utilizzo della food bag snellisce le operazioni di smaltimento e gestione dei rifiuti. Più di qualcuno, sul territorio nazionale, ha già raccolto da tempo il messaggio.
La petizione del Festival del Giornalismo alimentare
Ma è stata proprio l’ultima Giornata Nazionale contro lo spreco a battezzare la petizione lanciata sulla piattaforma online Change.Org dagli organizzatori del Festival del Giornalismo Alimentare, che quest’anno, in scena a Torino dal 20 al 22 febbraio, approfondirà con particolare riguardo il tema dello spreco alimentare, con iniziative mirate. La prima di queste è la petizione per rendere obbligatoria la food bag al ristorante, già attiva per la sottoscrizione su Change.Org. In concomitanza col festival, ogni partecipante riceverà proprio una food bag da assemblare in pochi passaggi, ideata nell’ambito del progetto reBOX, che si impegna anche a divulgare un decalogo per conservare nel migliore dei modi il cibo avanzato. Ma la speranza di stimolare il dibattito sul tema è affidata soprattutto alla petizione: in Italia, meno del 20% dei frequentatori dei ristoranti, delle fiere e delle mense richiede un contenitore per portare a casa gli avanzi di cibo che ha pagato (in Francia, per avere un termine di paragone, già da 4 anni è in vigore una legge che obbliga i ristoranti a facilitare l’operazione se i clienti pretendono una food bag).
Food bag obbligatoria al ristorante. Una legge possibile?
L’obiettivo della petizione è quindi quello di portare il dibattito in Parlamento, per la stesura di una vera proposta di legge che introduca l’obbligo “di food bag”, da consegnare al cliente insieme a un vademecum per salvare il cibo avanzato. Il precedente è sancito da una sentenza della Corte di Cassazione, che nel 2014 ha stabilito il diritto dei clienti dei ristoranti, delle pizzerie e delle tavole calde, di portarsi il cibo avanzato a casa. Ma, confessano i ristoratori interpellati, il 70% dei commensali continua a non essere interessato alla doggy bag, e il 25% di loro la considera una pratica “volgare, da maleducati o da poveracci”. Per contro, lo spreco di cibo al ristorante è altissimo e supera il 30% dei pasti ordinati. Favorire la diffusione della food bag potrebbe passare per l’introduzione di sgravi fiscali per i ristoranti che la promuovono, suggerisce Massimiliano Borgia, ideatore del festival e fautore della petizione. Evidenziando che la proposta mira all’obbligo, per superare il diffuso imbarazzo del cliente. Chiaramente la food bag dovrà rispettare parametri imposti dal Ministero della salute, secondo disposizioni da discutere nelle sedi competenti. Un approfondimento è disponibile sul sito del festival, la petizione mira a raggiungere mille firme, e ha già superato il giro di boa.
Firma la petizione per l’obbligo di food bag
a cura di Livia Montagnoli