È al numero 86, infilato tra lo storico Camparino in Galleria di Milano e il Ruby di Copenaghen. Ma il Nouvelle Vague di Tirana non può vantare né una storia secolare né l’allure di una delle capitali più trendy. Sta infatti in una stradina di Blloku, quartiere emergente della movida di questa disarmonica e accoglientissima capitale della periferia d’Europa. Di sicuro però non è passato inosservato questo bar colorato con doppio bancone (cosa piuttosto comune da queste parti, chissà perché), tappa fissa nelle sempre più affollate (dai turisti) notti di Tirana.
Dalla Grecia e ritorno
Sofo Cali, un esuberante incrocio tra Rubeus Hagrid e Caparezza, ha aperto il locale insieme al fratello Evi 11 anni fa. In quella che era una terra di nessuno, dal punto di vista turistico e dell’ospitalità. Un Paese che toccava attraversare in auto per andare tra la Croazia e la Grecia, rigorosamente d’estate. Era il 2012, l’anno in cui all’European Song Festival Rona Nishliu ottenne con “Suus" il miglior piazzamento ad oggi di una canzone albanese, arrivando quinta ed esibendo una fantastica pettinatura – impalcatura tra dreadlock ed extentions: da recuperare.
All’epoca insomma aprire un bar “moderno” nella capitale era quanto meno azzardato. E infatti Sofo si diresse altrove, nel 2010 partì con un chiringuito su una spiaggia nel sud dell’Albania, il Bossa Nova. “Ma poi ho visto Tirana e ho pensato: hey, perché non apriamo un bar qui e lo chiamiamo Nouvelle Vague che è la versione urbana del Bossa Nova. Dopo 6 o 7 anni abbiamo iniziato ad ospitare bartender da fuori, il primo è stato Thanos [Prunarus, ndr] di Baba au Rum di Atene. Ed era giusto: lui è stato il primo ad ‘aprire’ la scena in Grecia, noi i primi in Albania”.
Un ritorno alle origini, visto che quando lui ha sei anni la famiglia di Sofo si trasferisce in Grecia, perdendo il contatto con il Paese. Contatti che sono stati ricuciti. “Con mio fratello abbiamo contattato nei villaggi i produttori di raki, di erbe e anice, tutto ciò che si coltiva, abbiamo iniziato a sviluppare una comunità di barman moderni e a fare tanta ricerca e sviluppo con la raccolta di ricette della cultura culinaria regionale albanese”.
In un cocktail la storia di una terra vicina e ignota
Infatti la cocktail list del Nouvelle Vague è e vuole essere un viaggio nei sapori e nella storia di un Paese tanto vicino ma ancora pochissimo conosciuto, anche perché di fatto rimasto totalmente isolato durante il periodo comunista (dal 1946 al 1991). Isolato e poverissimo: Sofo ci racconta sapori e ricordi di un mondo che sostanzialmente non c’è più.
L’English Climber (tè di montagna, orzo, miele, limone, acqua gasata, raki di moscato e rum) ad esempio evoca "il pranzo di nostra madre da studentessa: durante l'era comunista c'era molta povertà, mia madre nel campus aveva al mattino per colazione e per cena un pezzo di pane con zucchero, formaggio e marmellata. Con questo drink cerchiamo di ricreare questo gusto, si sente un po' di pane, che viene dall'orzo, il tè e il miele". E tutto, magicamente, all’assaggio funziona.
The Drunk Bee (polline d’api, biscotto di mele, vermouth, amaretto, liquore d’arancia e Puls Berali raki) è servito con biscotti. “Quando venite a trovarci diamo sempre un po' di biscotti e di frutta, è il modo in cui mostriamo l'ospitalità nelle nostre case, quindi abbiamo cercato di creare un cocktail con biscotti alla mela, vermouth, liquore all'arancia e raki dal centro dell'Albania, nella regione vinicola di Berati: c’è la complessità del raki all'interno, ma anche dolcezza”.
The Black Sabah (caffè turco, mais tostato, miele, spezie, raki di Moscato e rum) deriva da un ricordo di bambino: “quando eravamo in Grecia ogni estate la passavamo in un villaggio che aveva un piccolo caffè e la mattina vedevamo tutte le persone che ordinavano raki e caffè separati, io e mio fratello eravamo piccoli ma gli aromi che sentivamo ancora prima di mangiare sono rimasti nei miei ricordi. Non c'è più gente così, noi cerchiamo di creare un cocktail che faccia rivivere il ricordo di questa generazione, abbiamo ridistillato il raki usando solo l'aroma, ricreando il gusto per ricordare ai giovani come si viveva una volta”.
Dalla povertà al km zero
Di questa Albania poverissima rimane quasi solo il ricordo, ora che del Paese si è accorto un turismo attirato da un grosso punto di forza, come si capisce passeggiando per una Tirana sgraziata e piena di cantieri: l’ospitalità, la capacità di accogliere, con calore, semplicità, spontaneità.
E non si tratta solo di recuperare una tradizione, quella balcanica povera ed essenziale, al limite della sussistenza rimasta nelle sacche dei villaggi di montagna mentre in città tutto si livellava tra piani quinquennali e polizia di regime: un’epoca ricostruita oggi in musei della capitale come la Casa delle Foglie e i Bunk’Art 1 e 2. Quello che cercano di fare i fratelli Cali è alzare il livello delle produzioni locali.
Come l’umile Raki: “Il primo passo è quello di portarlo nella mixability – ci dice Sofo - e successivamente di svilupparlo maggiormente come concetto. Stiamo lavorando con i produttori, abbiamo iniziato a inserire i vini locali fortificati, stile vermouth, nei cocktail, gli albanesi non vogliono drink a base di Raki perché dicono che è troppo forte, ma iniziano a provare. Certo nel nostro Paese le cose si sviluppano lentamente. Però anche il vino sta evolvendo, il mio preferito è il Kallmet, un vitigno autoctono, rosso, e stanno iniziando a farsi strada anche i produttori di vini naturali”.
La strada è lunga, ma è segnata, come ovunque, da giovani che spesso, come Sofo ed Evi, sono tornati nel loro Paese dall’estero portando una nuova visione. “È una sensazione molto naturale soprattutto quando senti di aver qualcosa da dare, questa è l'ospitalità, è un'attitudine naturale ed è molto bella. Stiamo migliorando e ogni singolo giorno amiamo ciò che facciamo e amiamo offrire un pezzo della nostra anima, dal cuore”.
Nouvelle Vague Tirana, Rruga Pjetër Bogdani - Tirana - @nouvellevague_tirana