We Can: DOCG Cannellino di Frascati è un progetto i cui obiettivi sono chiari: il miglioramento delle caratteristiche enologiche dell'uva destinata alla produzione della tipologia di vino Cannellino, il mantenimento della componente aromatica e di conseguenza l’incremento dei composti volatili. Capofila dell'iniziativa il Consorzio Tutela Denominazioni Vini Frascati, insieme a CRA (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in Agricoltura) e il DIBAF (Dipartimento per l'innovazione nei sistemi biologici, agroalimentari e forestali) dell'Università della Tuscia; e finanziata attraverso la misura 124 – PSR (piano sviluppo rurale) Lazio 2007/2013, PSL (piano di sviluppo locale) Terre di Qualità del GAL Castelli Romani e Monti Prenestini.
Il progetto
Il progetto, presentato presso l’Azienda Vinicola Terre Dei Pallavicini, è stato esposto da Fulvio Comandini, agronomo specializzato in viticoltura ed enologia e responsabile scientifico della ricerca insieme a Fabio Mencarelli e Andrea Bellincontro del DIBAF Università degli Studi della Tuscia che hanno discusso su Innovazione tecnologica nella gestione e controllo delle uve in appassimento, mentre Paolo Pietromarchi e Domenico Tiberi, del CRA-ENC Unità di ricerca per le produzioni enologiche dell’Italia centrale, hanno affrontato il tema Il controllo della fermentazione nei mosti da uve appassite. Ad aprire i lavori Mauro De Angelis, Presidente del Consorzio Tutela Denominazioni Vini Frascati.
Il Cannellino ieri
Il Cannellino è stato per secoli la versione più pregiata del Frascati, una produzione di nicchia, nella tradizione locale rappresentava il vino dolce delle feste, un vino da dessert che nelle vecchie osterie e nelle fraschette si usava ordinare a Fojette. Elementi fondamentali che hanno sempre giocato a suo favore e che lo differenziano dagli altri vini simili, sono stati quel complesso di fattori che ne caratterizzano l’alta qualità e il prestigio, vale a dire il sistema di impianto del vigneto, la base ampelografica, i modi e i tempi della vendemmia, i protocolli della vinificazione che rispecchiano una tecnica fortemente legata al territorio.
È una vendemmia tardiva, prodotto con uve infavate, raccolte con la pratica della capata in più passaggi nel vigneto per consentire ai grappoli, o a porzioni di essi, di ricoprirsi della muffa grigia per la presenza della botrite. I vitigni che lo producono sono gli stessi del Frascati secco, ma devono avere una esposizione più soleggiata e devono essere coltivati in un terreno in pendio.
Il dott. Carlo Mensio, tra l’altro fondatore dell’ONAV, nel 1928 dedicò ampio spazio a questa tipologia di vino, così come anche Pier Giovanni Garoglio che, nel suo Trattato di Enologia, fa riferimento al Reno, al Sauternes, e per l’Italia a Castiglione D’Asti e ai Castelli Romani, affermando che certi vini dei Castelli Romani vengono appunto preparati con uve sulle quali si è sviluppata per più o meno lungo tempo la botrite. Le uve così colpite diminuiscono di volume per evaporazione dell’acqua che contengono e assumono un colore giallo rosso, come di fave cotte, da cui il nome di uve infavate, esse forniscono minor quantità di mosto, ma di più alta concentrazione zuccherina. Nel Convegno Tecnico Nazionale di Siena del 15 agosto 1935, è il prof. Vincenzo Prosperi, passando a esaminare l’impiego dell’anidride solforosa fra le pratiche enologiche, a parlare del Cannellino nell'affrontare il tema Perfezionamenti da introdurre nella vinificazione delle uve destinate alla produzione dei vini tipici.
Il Cannellino oggi
Nel corso del tempo le tecniche di produzione si sono differenziate e anche alcune condizioni ambientali sono cambiate, per esempio abbiamo assistito al modificarsi delle muffe e all’impianto di nuovi vitigni; il risultato è che al momento ci sono in commercio tipologie di Cannellino con caratteristiche molto diverse tra di loro e il rischio è di disorientare il consumatore e rendere difficilmente commerciabile il prodotto.
I motivi che hanno spinto il gruppo di ricerca sono quindi diversi. L'Italia è il più importante Paese al mondo per la produzione di vini che provengono dalla vinificazione di uve appassite e disidratate. La maggior parte di questi vini sono dolci, Passiti o Vin Santi, ma anche tipologie di vini secchi come l'Amarone e lo Sfurzat. Il trend commerciale è crescente e di forte interesse per i consumatori, tale da spiegare il motivo dell'alto prezzo delle uve di partenza: 400€/q per le uve destinate all'Amarone e 100€/q per quelle destinate al Passito di Pantelleria. D'altra parte dietro a una così crescente richiesta, gli operatori cercano di differenziarsi nella qualità della produzione investendo in tecnologia di disidratazione.
La conoscenza accurata di ciò che avviene durante l’appassimento è un'esigenza per gli operatori a cui si aggiunge l'importanza di definire i parametri qualitativi, e delle modalità per valorizzarli. Il vino passito è il risultato di uva sottoposta a uno stress idrico, e l'entità, la velocità e la temperatura con cui questo avviene, gioca un ruolo fondamentale nel modificare l'intensità di differenti metabolismi coinvolti. Il gruppo di ricerca coordinato da Fulvio Comandini ha cercato una strada comune, una nuova identità, sfruttando processi innovativi che sono in via di sperimentazione e che si basano su tecniche avanzate di appassimento in ambiente controllato.
Obiettivi della ricerca
Il trattamento con ossigeno attivato permette di conservare al meglio i composti aromatici delle uve e di produrre vini con pochissimi solfiti. Molto dipenderà da quanto si riuscirà a convincere i produttori. L’idea comune, visto che si tratta di un trasferimento di processo, è mettere a servizio del territorio delle linee guida di riferimento, stendere un protocollo di operatività a uso di chi vorrà poi adottarlo. Serve il tempo che una volta avevano i vecchi produttori e serve anche la stessa attenzione.
Altri obiettivi sono il miglioramento delle conoscenze fisiologiche che sono alla base della produzione di vini passiti, che possono includere una razionalizzazione della gestione del vigneto e dell'appassimento al fine di massimizzare l'espressione delle caratteristiche aromatiche e l'equilibrio dei vini. L’individuazione dei parametri tecnologici per la disidratazione e appassimento della base varietale delle uve Malvasia del Lazio, Malvasia di Candia, Bellone, Bombino bianco, Greco bianco, Trebbiano toscano, Trebbiano giallo, al fine di esprimere al massimo la concentrazione di sostanze di tipo enochimico e aromatico. Miglioramento dell’aspetto sanitario e igienico delle uve destinate alla produzione del prodotto attraverso l’impiego di ossigeno attivo. Standardizzazione del prodotto svincolata da eventuali variabili dovute all'effetto annata.
Migliorare qualitativamente il prodotto Cannellino, come questa ricerca si prefigge, aumenterà di riflesso il brand equity e cioè il valore del marchio, a sostegno dell’affermazione della conoscenza del prodotto e dell’immagine dello stesso.
a cura di Alberto Grasso