Sono passati vent’anni. Nel 2004 un gruppo di vignaioli fonda il Consorzio Vini Veri, per molti sono dei "matti", talebani del vino secondo natura. Oggi i matti sono gli altri, anche i ristoranti che non hanno nemmeno installato la cucina sbandierano ai quattro venti di avere un folto ventaglio di vini naturali in carta. Sono tanti i temi al centro della prossima edizione di Vini Veri, che si terrà dal 12 al 14 aprile nell'Area Exp di Cerea. Ne abbiamo parlato con Paolo Vodopivec, presidente del Consorzio.
Vent’anni fa avete lanciato un sasso nello stagno. Cosa ha generato?
Ha creato tante cose. Vent’anni fa il vino naturale, sia lato produttori che consumatori, non era così conosciuto e diffuso. Questo gruppo di vignaioli, che ha dato vita a Vini Veri, ha fatto emergere un modo di pensare, una sensibilità e un approccio diverso. Penso al vino come esatta espressione non interventista del lavoro rispettoso in vigna e in cantina. Come associazione ci siamo dati una regola e l’abbiamo rispettata.
Eravate dei "matti" isolati, oggi il carro naturale è pieno.
Sì, è diventata una moda, con aspetti anche pericolosi. Proprio per questo due anni fa abbiamo firmato un manifesto perché in questi due decenni sono successe certe piaghe che fanno male al vino naturale. E che hanno finito per allontanare molti consumatori. Lo dico chiaro: l’assioma puzza e vino naturale non ci appartiene. Noi siamo per un vino sano, buono, fatto bene. Era necessario fare ordine, sia fuori che dentro il mondo naturale. Non basta il rispetto per un metodo, biologico o biodinamico, l’intera espressione globale deve arrivare a un prodotto finale buono. Non deve passare che puzza è sinonimo di naturalità. Si possono fare grandi vini espressione della naturalità e delle identità territoriali.
Tanto lavoro, ma c’è ancora poca chiarezza.
In questi 20 anni il percorso è stato lungo, molti produttori hanno cambiato indirizzo, c’è molta più consapevolezza e conoscenza. Sì, c’è ancora tantissimo da fare. Faremo il punto sabato 14 aprile in un convegno, partiremo dai fondatori come Giampiero Bea e Fabrizio Niccolaini, per dare spazio a realtà importanti, agli operatori che hanno creduto in noi, al mondo scientifico che supporta sempre più le nostre scelte così come al mondo istituzionale che sta dando sempre più attenzione a questo tipo di agricoltura e vinificazione. E al mondo del giornalismo sempre più attento al mondo naturale.
Quali traguardi in questi 20 anni?
Intanto il cambio di prospettiva, quanti produttori si sono avvicinati a questo tipo di approccio, la sensibilità dei consumatori, le attenzioni delle istituzioni. Ma ci sono ancora tantissime battaglie da portare avanti, dai pesticidi alla trasparenza delle etichetta, al riconoscimento dei produttori come custodi delle identità territoriali. Su questo tema abbiamo scelto di proiettare il documentario di una vivaista francese. Ci sarà Lilian Bérillon, con il suo "Un Point c'est Tout!", un grido d'allarme sul deperimento di vigneti a causa del cambiamento climatico e di una vivaistica viticola di stampo industriale.
E se guardiamo agli errori? La divisione in tanti gruppi e fazioni?
Da parte nostra c’è la massima disponibilità a colloquiare, e il massimo rispetto di tutti i gruppi.
E?
Abbiamo avuto diversi rapporti in questi anni, ci sono stati vari passaggi, ma alla base c’è il rispetto l’uno dell’altro.
Il Vinitaly si sta aprendo molto, organizzerà anche un evento dedicato all'anfora. Come suona un evento Vini Veri all’interno della fiera di Verona?
In questo momento no. Dalla prima edizione Vini Veri si è proposto come evento fuori dal Vinitaly, cui riconosciamo i meriti perché l’abbiamo sempre pensato come un volano. Ma la scelta è stata fatta dall’inizio per dare un’identità chiara e spiccata delle voci, per rimarcare certe posizioni. Noi siamo dalla parte di tanti piccoli produttori che portano avanti un discorso del naturale e rispettano le regole che si sono dati.
Quest'anno vi siete aperti anche alle cene stellate.
Sì, perché il nostro mondo è legato a tante realtà della ristorazione che promuovono sempre più i nostri prodotti e la nostra filosofia. E in questo modo daremo anche la possibilità ai produttori di cenare e rimanere in loco. Venerdì 13 sarà la volta di Arcangelo Tinari di Villa Maiella, in Abruzzo; sabato 14 ci sarà Caterina Ceraudo del ristorante Dattilo in Calabria. Due realtà che stanno facendo benissimo.
Per le degustazioni avete scelto il tema del tempo. Qualche mito da sfatare?
Il fattore tempo è il tema principale dell’edizione del ventennale. Vogliamo rimarcare quanto un onesto lavoro in vigna e in cantina possa regalare vini longevi e straordinariamente variabili. Al contrario di quanto qualcuno sostiene. A condurre la degustazione guidata ci sarà Sandro Sangiorgi, sabato alle ore 10.30. Andremo parecchio indietro nei decenni.
Notiamo che il parco produttori presenti è sempre più o meno lo stesso. C'è poco ricambio, quelli buoni sono sempre i soliti?
Negli ultimi anni abbiamo fatto una selezione rigorosa, che tiene in considerazione diversi aspetti. Abbiamo avuto tantissime richieste, ma per noi il rispetto della regola che ci siamo dati viene prima. Siamo un numero non grandissimo, compatto e fedele ai propri valori.
Anche quest’anno sarà possibile acquistare i vini dei vignaioli?
Sì, confermatissima l’Enoteca perché è un bel momento per il consumatore che potrà fare acquisti a prezzi di cantina. Aggiungeremo solo un euro sul listino che devolveremo in beneficenza.
Vino naturale, per la legge non esiste ma è ovunque. Verrà prima o poi normato questo vuoto?
Difficile dirlo oggi, se ne parla tantissimo, anche con le istituzioni, ma ci sono ancora tanti temi da definire. Sappiamo che è un termine che non si può usare, un evento come il nostro vuole fare chiarezza perché il vino naturale nei suoi aspetti viene incarnato dai produttori stessi. Il nostro modo di pensare è presente nell’evento stesso. La lacuna della normativa è un tema, ma siamo ancora lontani.
Cosa ne pensa della riforma dell’etichetta. Più trasparenza per il consumatore o più confusione?
Per le prossime annate che saranno prodotte cambierà molto. Il problema è che stiamo paragonando il vino a un alimento, aggiungendo valori che non hanno senso e ci dicono poco. Sarà difficile per un consumatore districarsi in quelle informazioni anche perché poi nulla si dice sui prodotti contro cui noi ci battiamo. Non ci può soddisfare, il valore energetico non mi dice nulla di com’è stato fatto un vino.
Preoccupato per l’onda analcolica che si aggira sul mondo del vino?
Il calo dei consumi è evidente, come questa battaglia in atto contro il vino. Ricordiamoci che il vino rappresenta tante cose, non solo l’uva e una vinificazione: cultura, storia, tradizione, territorio, tante, tante cose.
Suona come un sì?
Sì, dobbiamo combattere l’abuso di alcol, ma è in atto una campagna senza distingui contro l’alcol. Sono molto preoccupato, l’alcol è un conservante naturale del vino. C’è il rischio di sradicare tradizioni, territori e una serie di ricchezze che vivono nei vari vitigni che coltiviamo: la nostra biodiversità è la nostra cultura.
A proposito, cosa ne pensa dei mosti d’uva fermentati? Noi non siamo stati molto teneri sul tema.
Eh, eh, eh. Come presidente voglio difendere e diffondere la nostra filosofia e l’approccio che ci ha pervaso in questi anni. Il rispetto della natura e delle pratiche per portare nel bicchiere un’espressione di bellezza. Non vogliamo togliere al vino quanto ci viene trasmesso. In occasione dei 20 anni vogliamo rimarcare il messaggio: questi sono i criteri, questo è il nostro modo onesto di fare vino.