“Puntare con convinzione alla sostenibilità è anche una questione di sopravvivenza”. Come dire – forzando un po’ un famoso motto garibaldino d’epoca risorgimentale – o sostenibilità o morte. La riflessione fatta da Max Niedermayr, presidente del Consorzio Vini Alto Adige riassume bene lo spirito dell’Agenda 2030 lanciata questa settimana a Bolzano. La convinzione del presidente consortile parte da un dato di fatto: “Nel mondo si produce più vino di quello che si consuma, sicché chiunque operi in questo campo deve vedersela con una concorrenza agguerrita. E siccome non possiamo illuderci di battere la concorrenza sul prezzo, l’unico modo per riuscire ad affermarci, a riprenderci dalla crisi della pandemia e a consolidarci in futuro è puntare sulla qualità”.
L’Alto Adige vitivinicolo è tra le aree geografiche italiane che più ha sofferto l’impatto della crisi economica generata dalla pandemia da Covid-19. Per questo distretto, che si è sempre distinto per l’eccellenza (come testimoniano i numerosi riconoscimenti attribuiti dal Gambero Rosso nella sua Guida Vini d’Italia, che sarà presentata il prossimo 16 ottobre), gli effetti del lockdown di primavera sono stati impressionanti: le vendite di vino sono scese a un terzo di quanto venduto nel 2019, a causa dello stop dell’Horeca e per la scarsa presenza in Gdo, e il forte calo del turismo (oltre 5 milioni di pernottamenti in meno in primavera) dopo un 2019 chiuso con un +1% a 33 milioni di presenze e quasi 8 milioni di arrivi (fonte Astat). “Giugno, luglio e agosto” racconta il direttore Eduard Bernhart “ci hanno fatto recuperare un po’, ma le incognite ora sono rappresentate dall’andamento dell’autunno e dell’inverno, che sono periodi molto importanti per i nostri bilanci”.
Risorgimento post-Covid
È appunto da questa situazione complicata che è scaturita la necessità di cambiare registro in tempi più brevi rispetto quelli programmati e trovare, quindi, un’efficace via per un Risorgimento vinicolo post-Covid, che questa particolare area del nord Italia, definita dagli esperti geologi un angolo di Mediterraneo nel cuore delle Alpi, vuole percorrere. Per farlo, l’ente diretto da Bernhart ha chiamato a raccolta i massimi esperti di diverse discipline: il Centro altoatesino di consulenza per la fruttiviticoltura, il Centro sperimentale agricolo di Laimburg, l’Accademia europea di Bolzano, la Libera Università di Bolzano e Alfred Strigl, direttore dell’Istituto austriaco per lo sviluppo sostenibile all’Università per le risorse naturali e le scienze biologiche (Boku) di Vienna. Ne è scaturito un piano d’interventi ampio per il futuro della produzione vitivinicola altoatesina. Progetti che – va ricordato – erano già in nuce prima della crisi: dal 2015 che le aziende altoatesine iniziarono a riflettere su una strategia unitaria; nel 2017, si decise per una sua elaborazione e nel 2018 si iniziò a coinvolgere il mondo scientifico promuovendo scambi di esperienze e opinioni tra le aziende.
L’Agenda 2030, messa nero su bianco, era nata da questi presupposti. Ma il Covid ha sparigliato le carte. Presentata all’assemblea generale dei soci a metà febbraio 2020, l’Agenda è diventata una priorità alla luce degli effetti economici della pandemia sui bilanci e i produttori hanno scelto di concretizzare tutta una serie di processi che interesseranno cinque ambiti correlati. Se è vero che la sostenibilità è un fattore a cui il consumatore attribuisce un valore sempre più elevato quando giudica la qualità di un prodotto e che da essa dipende sempre più spesso la scelta di prodotti da acquistare, va da sé che “la sostenibilità” come ha ribadito il presidente Niedermayr “è diventata per noi una scelta economica obbligata”.
I cinque livelli operativi
Ma quali sono le linee di intervento? Cosa cambierà per le imprese? Quali sono gli obiettivi a breve e a lungo termine? Chi certificherà questo percorso? L’Agenda 2030 del Consorzio vini Alto Adige è articolata in cinque ambiti di intervento che, a loro volta, includono 12 traguardi da raggiungere in tempi differenti. Alcuni sono raggiungibili a breve termine, mentre per altri sarà necessario “un cambio di mentalità oppure delle strategie operative sistematiche”. Un dato è certo: i tempi di realizzazione vanno da uno a dieci anni. Andiamo nel dettaglio dei singoli pilastri.
I 5 pilastri dell’Agenda
- SUOLO difesa dell’integrità e delle risorse idriche
- VIGNETI protezione impianti e salvaguardia biodiversità
- VINO impronta del carbonio e tutela del clima
- PERSONE sensibilizzazione e comunicazione
- TERRITORIO filiere locali ed economia circolare
Suolo
Nei vigneti inerbiti dell’Alto Adige, grazie a una irrigazione consentita quasi ovunque, la conservazione e il miglioramento delle qualità del terreno si legano a tecniche di coltivazione che rispettino la risorsa primaria. I concimi organici sono per l’appunto uno strumento per la difesa duratura dei suoli. Pertanto, entro il 2025, i consumi organici e verdi sostituiranno completamente i concimi minerali azotati (traguardo 1).
Il rispetto del suolo passa per la sostituzione dei materiali sintetici monouso con quelli biodegradabili: materiale da legatura, spazzole, erogatori, fili trancianti dei tosaerba. Oggi, la microplastica e le sostanze sintetiche hanno quasi invaso l’ambiente e le imprese altoatesine si impegneranno a ridurre al minimo l’uso e i residui di questi materiali (traguardo 2).
L’uso dell’acqua per irrigazione oggi è regolato dagli impianti a goccia ma anche questo sistema può essere migliorato in relazione alla gestione della qualità delle uve in campo. Il Consorzio applicherà tecniche di irrigazione deficitaria per stimolare le piante e, per farlo al meglio, ha avviato già dal 2018 un progetto pilota in 50 siti di produzione viticola. Lo scopo è realizzare e gestire una rete di rilevamento dell’umidità del terreno entro il 2021, documentando nel quaderno di campagna obbligatoriamente (oggi è facoltativo) tutta l’attività di irrigazione, a partire dal 2022 (traguardo 3).
Vigneti
La difesa dai vigneti significa difesa dai pesticidi e i produttori potrebbero scegliere dal 2021 di avviare un programma vincolante di difesa fitosanitaria (traguardo 4). Uno dei punti più importanti in materia di reputazione internazionale. La presenza di residui chimici può essere un problema di immagine e si vuole arrivare a un elenco esclusivo dei principi ammessi, a un calendario dei trattamenti consentiti e da rilevamenti costanti. Da quasi dieci anni esiste un piano di difesa concordato tra cantine sociali, a cui aderiscono 1.700 aziende. Il Consorzio vuole estendere la platea e realizzare i controlli: in caso di irregolarità, i viticoltori seguiranno specifici corsi di aggiornamento per non cadere in ulteriori sanzioni. Dal 2023, sarà vietato l’uso degli erbicidi sintetici nei filari sottovigneto, riducendo a 30 centimetri la larghezza delle fasce diserbate (traguardo 5).
Alla creazione di una pellicola diserbante fluente e con materiali biodegradabili stanno già lavorando il Centro di competenza per materiali rigenerabili di Straubing (Germania) e gli istituti Klosterneuburg, Veitshöchheim e Laimburg. Quanto alla biodiversità nei vigneti e al miglioramento della vitalità dei suoli, entro il 2023 i viticoltori avranno a disposizione un vademecum per promuovere la biodiversità nei vigneti (traguardo 6): l’aumento delle specie vegetali sui terreni sotto i vigneti contribuisce a dare vita a vini di maggiore pregio.
Sarà importante anche spronare i produttori a fare meglio ed è con questo scopo che nel 2022 prenderà il via il concorso “Il vigneto più ecologico dell’Alto Adige” (traguardo 7). Le istituzioni sono già coinvolte, se si pensa che un progetto pilota è stato avviato, assieme alle autorità forestali, per ottimizzare la coltivazione sostenibile nelle fasce marginali.
Vino
Conoscere l’impronta di carbonio nel settore vitivinicolo (attività in vigna, produzione di bottiglie e tappi, logistica, distribuzione e vendita) e stabilire misure per migliorare la difesa dell’ambiente e del clima (traguardo 8) è una strada da percorrere se si vuole vinificare ai massimi livelli. Per una bottiglia di vino in media si emettono 1,08 kg di Co2 e il Consorzio vini Alto Adige punta a ridurre il suo impatto sui cambiamenti climatici e avviare dal 2021 una campagna di rilevamento. Questo iter porterà a ridurre le emissioni climalteranti entro il 2030 almeno della metà rispetto a oggi. L’ostacolo più alto è rappresentato dal coinvolgimento di tutti i segmenti della filiera. “La difesa del clima è uno dei due pilastri del nostro programma per il clima” afferma l’ente consortile “che vogliamo elaborare e presentare entro il 2023” (traguardo 9).
Persone
Comunicazione interna e comunicazione esterna sono le due strade che il Consorzio vini Alto Adige intende seguire. Le 5 mila aziende della provincia si sono già dette molto sensibili al tema della sostenibilità, secondo un sondaggio della Camera di commercio di Bolzano del 2019, ma occorre ancora lavorare a colmare una certa carenza informativa in materia. La presentazione dell’Agenda 2030 e dei principi ispiratori ai viticoltori è un traguardo (il 10°) raggiunto, con il coinvolgimento dell’opinione pubblica mediante gli organi di stampa. Ma si cercherà anche di promuovere dei cicli di incontri pubblici (traguardo 11) per veicolare gli stessi messaggi alla filiera di settore: marketing, pubbliche relazioni, distribuzione.
Territorio
Viticoltura e paesaggio sono elementi interconnessi. “In Alto Adige” si legge nel documento elaborato dal Consorzio “il paesaggio rurale plasmato da millenni di attività agricola umana è considerato un bene naturale, pur essendo frutto di attività antropiche”. E la viticoltura ha contribuito fortemente a questo paesaggio. Pertanto, sarà compito della filiera vinicola promuovere le filiere locali e l’economia circolare del territorio. Entro il 2022, l’obiettivo (traguardo 12) è presentare un programma di interventi per dare vita e consolidare a questo tipo di economia. Come? Sostituendo risorse importate con quelle locali, ragionando sui fornitori, sui materiali, sulle forze umane del territorio, non solo quello altoatesino ma della macroregione alpina. Alcuni progetti pilota sono già attivi. L’esempio è “Wood up”, che studia il modo di produrre carbone biologico o altri materiali vegetali gassificando il legname locale.
Il nodo certificazione
In conclusione, quella dell’Alto Adige non vuole essere un’Agenda calata dall’alto ma certamente vuole stabilire la strada da percorrere nei dettagli, per non rischiare di restare incompiuta. Le scadenze precise fissate lo dimostrano. È chiaro che tutti gli obiettivi indicati dovranno essere sottoposti a certificazione ufficiale, mediante un ente terzo. “In uno o due anni” riflette il direttore Bernhart “inizieremo a certificare i risultati dei primi step del nostro programma. Ci sono tanti partner validi, in Italia e in Europa, su cui potremmo appoggiarci. Oggi, non sappiamo se sarà uno solo. Sappiamo, invece, che siamo solo agli inizi del cammino e ci siamo presi dieci anni per raggiungere i nostri traguardi. Ovviamente, agiremo anche in relazione all’atteso protocollo unico nazionale sulla sostenibilità annunciato dal Mipaaf”. Prevedibilmente nel 2022 o nel 2023 si procederà a una prima valutazione.
Un modello per la Fao
La strada intrapresa dall’Alto Adige può essere un modello per altri distretti italiani e non solo. Cosa pensa, a proposito, uno dei massimi esperti in materia come Alfred Strigl, che dirige oggi l’Istituto austriaco per lo sviluppo sostenibile all’Università per le risorse naturali e le scienze biologiche (Boku) di Vienna? “L’Alto Adige” spiega “già oggi è un campione di sviluppo sostenibile. In che cosa? Tanto per cominciare, nella sostenibilità della sua produzione agricola, frutto di uno sviluppo secolare, incentrata su una rete micro strutturata di piccole aziende vinicole organizzate in cooperative, consorzi e federazioni, sostenute da scuole di specializzazione professionale e istituti di ricerca, servizi di consulenza, soggetti pubblici e privati, e soprattutto da migliaia di donne e uomini impegnati nel settore primario”. Tutto ciò crea benessere sociale, stabilità economica e varietà culturale. Lo ha confermato ufficialmente anche la Fao “definendo il modello dell’agricoltura altoatesina un sistema innovativo idoneo a promuovere uno sviluppo sostenibile organico e trasversale. Prova ne sia che la stessa Fao sta cercando di diffondere questo modello vincente in tutto il mondo, presentandolo” conclude Strigl “come una rete di apprendimento e innovazione per un’agricoltura sostenibile”.
L'Alto Adige in cifre
- 5 mila aziende viticole
- 5.500 ettari vitati
- 40 milioni di bottiglie prodotte
- 200 cantine
- 10.000 addetti
- 62% di vini bianchi
- 38% di vini rossi
- 300 giornate di sole annue
- 7% di coltivazione biologica
a cura di Gianluca Atzeni
Articolo uscito sul numero di Tre Bicchieri del 17 settembre
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