Una vita passata tra cantine e aeroporti, tradotta in tre, quattro lingue simultaneamente e a prova di fuso orario. ร quella degli export manager (e figure affini), definiti da molti come i ghepardi del mercato, da altri i commessi viaggiatori del nuovo secolo, pensati - chiaramente - in una dimensione molto piรน globale. Caratteristiche principali: essere multitasking, multilingue e multi molte altre cose, con disponibilitร a compiere il proprio giro del mondo in 80 giorni almeno una volta l'anno. Sono queste le figure ormai indispensabili per le cantine italiane, piccole o grandi che siano: se infatti oggi le esportazioni del Belpaese hanno superato quota 5 miliardi di euro, molto lo si deve anche e soprattutto a chi studia, esplora, presidia e fidelizza i mercati. Mercati che, nell'epoca globalizzata, non rappresentano piรน solo uno o due frontiere al di lร delle Alpi, ma sono molti di piรน sparsi in tutto il globo.
Centocinque per l'esattezza nel caso di Casa Vinicola Zonin (10 tenute in 7 regioni italiane, 38 milioni di bottiglie prodotte per 150 milioni di euro di fatturato) che ha una struttura estera tra le piรน complesse d'Italia: un international director che coordina tutto l'estero, l'export sale director, supervisore di tutti i mercati tranne quelli dove ci sono le subsidiary (nel caso specifico Usa e Inghilterra), affiancati da quattro export manager e da diversi risorse country manager e area manager. โOggi la nostra quota export รจ di circa il 70%โ dice al Gambero Rosso Giuseppe Di Gioia, l'export sale director โfino a pochi anni fa le percentuali tra export e mercato domestico erano invertite: una scelta legata non al calo dei consumi โ anche perchรฉ per quanto ci riguarda le performance interne non sono scese โ ma alla crescita delle richieste internazionaliโ. Il primo mercato di sbocco per il gruppo di Gambellara? Sono gli Usa (32%), seguiti da Regno Unito, Germania e Australia. โVanno bene anche la Russiaโ continua Di Gioiaโgrazie all'attenzione riservata al nostro Prosecco e il Canada dove il monopolio rappresenta un interlocutore molto professionale. Entrarvi non significa adagiarsi sugli allori, perchรฉ grazie agli indicatori di performance i monopoli sono molto attenti: se non c'รจ una buona rotazione sugli scaffali e una buona risposta da parte dei consumatori ti sostituisconoโ. Ma qual รจ il mercato del futuro su cui puntare? โDirei Cina, un mercato che ha tutt'altro che esaurito le sue potenzialitร โ continua Di Gioiaโ ร vero che le cose son cambiate negli ultimi tempi, soprattutto perchรฉ fino a poco tempo fa il 20-25% dei vini richiesti erano destinati al sistema governativo (cene, omaggi, eventi istituzionali), mentre da alcuni mesi la linea presidenziale di austerity ha frenato l'import dei vini di fascia alta. Ma ciรฒ non significa che son diminuiti i consumi, anzi. Noi facciamo circa il 2,5% sul totale export, ma รจ un mercato in cui stiamo investendo molto: siamo presenti da una decina d'anni, ma negli ultimi mesi abbiamo incrementato le nostre presenze, iniziando dal web e dai socialโ. Per questo il gruppo ha appena lanciato due linee ad hoc proprio per il mercato cinese, preceduti da una campagna promozionale on line con tanto di sito web, frutto di una ricerca di mercato durata otto mesi in collaborazione con Wine Intelligence che ha interpellato 1400 interlocutori tra trade, giornalisti e consumatori delle zone periferiche, superando cosรฌ la consuetudine di rivolgersi solo alle tre cittร di sbocco per eccellenza, Pechino, Shanghai, Hong Kong. โQuesto perchรฉ il segreto per avere successo nel mercato cineseโ conclude Di Gioiaโรจ essere flessibili e sapersi adattare ai gusti, senza per questo rinunciare alla tipicitร italianaโ. Stanno cosรฌ sbarcando in Cina, Velluto e Primo Amore. Il primo un Sicilia Igt di fasciapremium che graficamente e organoletticamente rispecchia i gusti cinesi: dal colore rosso intenso sia dell'etichetta, sia del vino, fino alla struttura dai tannini morbidi. Il secondo, invece, รจ una linea che comprende rosso, bianco e sparkling di fasciadi prezzo mainstream e si riferisce al โprimo amoreโ con l'Italia, giocando sull'abbinamento di colore oro-nero di grande appeal per il target di riferimento. Una scommessa per la Zonin che potrebbe presto pensare a nuovi investimenti nel Paese del Dragone.
Sempre sulla rotta orientale, troviamo un altro grande marchio italiano, Umani Ronchi (tre tenute tra Marche e Abruzzo, 3 milioni di bottiglie prodotte per un fatturato di 10 milioni di euro). Stessa quota di mercato all'estero di Casa Zonin: 70% e stessa filosofia. โIl nostro primo mercato รจ il Giappone, 15%โ dice l'export manager Giorgio Pasanisi โun mercato molto maturo e per questo selettivo, sopratutto rispetto agli altri Paesi asiatici. E direi anche fedele: noi ci siamo ininterrottamente da venti anni. Il consumatore giapponese conosce bene il vino, ma soprattutto conosce l'Italia e sa distinguere tra i diversi vitigni e le diverse regioni. Insomma rispetto al consumatore cinese non va educato e soprattutto non considera il vino uno status symbol. Questo si rispecchia anche nelle scelte. Spazia senza difficoltร dalle fasce medie di prezzo a quelle piรน alte con una divisone fifty-fifty tra rosso e bianco, a dispetto di quanto avviene nei Paesi dell'area asiatica, complice, probabilmente, una cucina molto legata al pesce. Cosรฌ non abbiamo avuto l'esigenza di creare dei prodotti ad hoc per adattarci ai gusti locali e al momento possiamo dire che il Giappone attinge a circa l'80% del nostro portfolioโ. Si tratta per altro di un mercato che vede l'Italia al secondo posto tra i Paesi fornitori, dopo la Francia. Non a caso il 6 giugno a Tokyo il Gambero Rosso ha presentato la prima edizione della guida Vini d'Italia in giapponese.โDopo il disastro di Fukushima tutti credevano che le importazioni si sarebbero fermate o sarebbero state piรน lenteโ commenta Pasanisi โinvece tutta la popolazione si รจ rimboccata le maniche per evitare che la tragedia si ripercuotesse sull'economia del Paese. Credo che questa sia un po' l'essenza di questo popolo. Per quanto ci riguarda, non solo negli ultimi tre anni non abbiamo perso posizioni, ma stiamo crescendo. A dirla tutta, perรฒ, abbiamo un piccolo segretoโ sorride โla nostra fortuna giapponese รจ anche legata ad un manga: Kami no Shizuku - Le gocce di Dioโ. Si tratta di una famosissima pubblicazione scritta da Kibayashi Shin e da sua sorella Yuko che racconta la storia di un esperto enologo giapponese alla ricerca dei migliori vini al mondo, una sorta di Bibbia per tutti gli enofili del Sol Levante e, ormai, di tutti i Paesi dell'area orientale. โAnni fa, fortuna volle che anche un nostro prodotto finisse in questo Manga per una strana coincidenza: il vino in questione si chiama Jorio, un tributo al poeta abruzzese Gabriele D'annunzio e alla sua tragedia La Figlia di Iorio, ma in giapponese Jore รจ una parola comune che significa cucinare. Causalitร o casualitร , sta di fatto che le vendite di quel vino hanno conosciuto una vera impennataโ. Quando si dice nomen omen.Giappone a parte, Umani Ronchi presidia circa 50 mercati in tutto il globo. Ma quali saranno quelli del futuro? Secondo Pasanisi, vale ancora la pena di puntare sugli Stati Uniti: โCi sono ancora ampi margini di crescita: per vicinanza culturale e geografica, facendo leva anche sui molti italo americani lรฌ presenti. Ma terrei d'occhio anche Thailandia e Brasile, sebbene quest'ultimo dovrebbe prima stabilizzarsi dal punto di vista legislativo. Capitolo a parte per la Russia che, nonostante presenti una situazione burocratica molto ingarbugliata, รจ un Paese che continua a crescere: lentamente, ma costantemente, e insieme alla Svizzera รจ il mercato piรน focalizzato sulle fasce alte di prezzoโ.
E se i grandi gruppi consolidano le loro posizioni o vanno in avanscoperta in mercati ancora sconosciuti, le aziende piรน piccole cercano le loro opportunitร anche attraverso nuovi sistemi di associazionismo. ร il caso del Consorzio Vini del Piemonte: 150 aziende viticole della Regione, di diversa dimensione e con produzioni differenziate che da circa cinque anni fanno squadra. La novitร รจ che, seguendo questa filosofia, stanno creando una rete di export manager in condivisione: una sorta di export manager sharing insomma. โร un modo per far squadra guardando anche all'estero, in un sistema sempre piรน globaleโ spiega il direttore del gruppo Daniele Manzone โdove i vini italiani, e piemontesi nella fattispecie, stanno andando bene, ma dove non sempre รจ facile arrivare. Al momento hanno giร aderito 40 aziende e l'agenzia per il lavoro Gi Group sta selezionando in tutta Italia gli export manager da formare in collaborazione con Unicredit. Prossimo step sarร il matching tra le due parti per creare le sinergie miglioriโ. Ma a quali mercati si punta? โCina in primisโ continua Manzone โa tal proposito per il 24 giugno stiamo organizzando un convegno dal titolo Destinazione Cina. E poi gli altri mercati dove siamo giร presenti con i nostri eventi, vedi Scandinaviaโ. Se l'esperimento della rete di export manager potrร funzionare o meno lo sapremo tra qualche mese, ma intanto il direttore fuga ogni dubbio sulla piรน facile delle obiezioni: come la mettiamo a concorrenza tra aziende? โNessun pericoloโ dice โal di lร della nostra filosofia di crescere insieme, cercheremo di mettere insieme le aziende in base a prodotti differenziati abbinando, per esempio chi produce Barolo con chi fa Gavi, chi produce Roero con chi si occupa di Dolcetto e cosรฌ via. Col doppio vantaggio di evitare concorrenza e dare ad ogni export manager una vasta gamma di prodotti da proporreโ. Che sia la volta buona per far squadra, passando dalla teoria alla pratica?
a cura di Loredana Sottile
Per leggere Vino: export manager tra vecchie e nuove frontiere. Vol. 2 clicca quiรรย
Questo articolo รจ uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 5 giugno.
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