Sarร che gli armeni sono un popolo che ha vissuto il peggio - il genocidio del 1915, la dittatura sovietica, la perdita del Nagorno Karabakh; una ferita recente โ ma lโenergia che emana dal mondo del vino cresce, sale, monta e non si arrende neanche davanti ai cortocircuiti della storia. In cinque anni il settore รจ letteralmente esploso: piantare una vigna, aprire una cantina, produrre vino, farlo degustare e accogliere i turisti รจ diventato un investimento remunerativo; oltre che figo, moderno, occidentale e di tendenza. Lo sanno bene nella capitale Yerevan dove spopolano i winebar come InVino, 600 etichette armene; il Decant WineShop&Bar, un localino piรน intimo su Moskovyan street, cuore della movida; e il Mov, ristorante di design con bella carta di etichette autoctone.ย
Un patrimonio millenario tra rischi geopolitici
La matematica, si sa, non รจ unโopinione: in Armenia il numero di cantine รจ sestuplicato, erano 25 nel 2019 e giร 150 a settembre 2024; sempre che nel frattempo non siano spuntati altri โfunghettiโ. Perchรฉ in larga parte sono piccoli produttori, a volte piccolissimi; vigneron da poche migliaia di bottiglie, a volte centinaia.
Ottimo! Se ci non fossero lโincertezza e lโincognita degli sviluppi geopolitici; nel caso dellโArmenia gli scomodi vicini e i conflitti internazionali. La piccola Repubblica - 2,7 milioni di persone, il primo Paese cristiano al mondo (301 d.C.) - รจ situata nel Caucaso meridionale.
A est cโรจ lโAzerbaijan, che nel 2023 ha conquistato lโultimo lembo di Nagorno Karabakh, dopo due guerre seguite al crollo dellโURSS; di cui entrambe i Paesi facevano parte.
A ovest cโรจ la Turchia, relazioni gelide e confini chiusi dai tempi del genocidio โnegatoโ di 1,5 milioni di armeni, sotto lโImpero Ottomano. A nord per fortuna cโรจ la Georgia, in sana competizione soltanto sul vino. A sud, perรฒ, cโรจ lโIran, buoni rapporti commerciali e diplomatici, ma non certo il posto sicuro del momento. Da Teheran, tra lโaltro, arriva gran parte del flusso turistico internazionale; tanti iraniani che qui possono bere โin libertร โ. Aggiungi lโinfluenza e le interferenze della vicina Russia โ primo importatore, lโ80% dellโexport di vino armeno - e capisci che essere artefici del proprio destino รจ una frase molto bella.ย
โLa guerra รจ una preoccupazione costante anche per la viticoltura, perchรฉ molti vigneti si trovano vicino ai confini e quindi รจ molto pericoloso anche soltanto prendersene cura, oltre allโincognita di non sapere con certezza se potremo mantenerli in futuro. Perรฒ siamo forti, manteniamo lo spirito giusto e continuiamo a fare il meglio. Siamo certi che i nostri progetti avranno successoโ.ย
A parlare รจ Zaruhi Muradyan, direttrice di Vine and Wine Foundation of Armenia (VWFA), a margine dellโottava Conferenza Internazionale sul Turismo del Vino, organizzata dalle Nazioni Unite (UN Tourism), proprio in Armenia, lo scorso settembre, nel Paese dove lโenoturismo รจ il fenomeno emergente del post Covid. โPrima non esistevaโ, sottolinea la Muradyan, che รจ anche produttrice con la piccola Zara Wines e figura di punta di un embrione di โdonne del vinoโ armene. La VWFA รจ invece lโagenzia governativa nata nel 2016 per promuovere la rinascita enologica, innescata a inizio 2000 dagli investimenti dei ricchi armeni โfigliโ della diaspora (altri 8 milioni nel mondo). Su tutti lโimprenditore โargentinoโ Eduardo Eurnekian, proprietario di Karas (โanforaโ), 400 ettari nella regione vinicola dellโArmavir, vista sul monte Ararat - la โmontagna sacraโ, da un secolo in territorio turco - e consulenza enologica di Michel Rolland.
Vini naturali e turismo: lโArmenia guarda al futuro
Il settore vinicolo, con i suoi 16mila ettari e 14 milioni di litri (il doppio del 2014), รจ oggi controllato da una manciata di grandi cantine. Tra queste lโArmenia Wine Company, fondata nel 2006: con 12 milioni di bottiglie tra vino, cognac e brandy, la piรน grande e lโunica con un wine museum. Unโaltra รจ Armas, della famiglia Aslanyan, 100 ettari di vigne tra 700 e 1.800 metri dโaltezza, e consulenza dellโenologo italiano Emilio Del Medico. E ancora: Noa, dello svizzero Jakob Schuler, giร azionista di maggioranza al Castello di Meleto, a Gaiole in Chianti, folgorato dai vini di uve areni sulle vie del Vayots Dzor, lโarea piรน pregiata e soleggiata, un terroir ricco di argilla e pre-fillosserico, con altitudini tra i 1.200 e 1.800 slm. In questa regione nel 2007 fu scoperta tra lโaltro dagli archeologi la cantina piรน antica del mondo: la grotta di Areni, con anfore e reperti del 4.100 a.C.ย
Troviamo poi tante piccole e giovani aziende, mosse dalla voglia di fare e da un senso di riscatto e recupero di una tradizione millenaria, interrotta soltanto sotto il dominio sovietico (1921-1991), quando Stalin puntรฒ sulla Georgia per il vino e sullโArmenia per il cognac e i distillati. Fu espiantato allora un ricco patrimonio di autoctoni per far posto alle uve bianche kangoun. Tra le varietร sopravvissute, in maggioranza uve da tavola, 31 oggi sono quelle vinificate: a parte la rossa areni e la bianca voskehat, tanti vitigni dai nomi difficili, haghtanak, khndoghni, khatoun kharji e altre fertili materie prime per cantine come Trinity, ex boutique winery nata nel 2016. Produce 100mila bottiglie - la metร per vigneron privi di macchinari - e qualche migliaio di ancestrali in anfora, senza lieviti aggiunti. Lโenologo Artem Parseghyan โsi diverteโ a far ascoltare ai vini musica classica e spirituale in fase dโaffinamento, rock e Pink Floyd in fermentazione.
Il filone degli autoctoni e dei naturali รจ cavalcato anche da Alluria Wines, dei fratelli Hrachya, Samvel e Aram Machanyan,ย tempo fa andati in Turchia orientale a cercare il vigneto del nonno, nella terra perduta con la pulizia etnica del 1915-16, e riportare a casa qualche barbatella. I tre facevano un altro mestiere e giocavano con il vino, poi nel 2017 la โsvolta imprenditorialeโ e la consulenza di enologi georgiani. Oggi fanno enoturismo e 42mila bottiglie, tra cui un rosso da uve del Nagorno Karabakh: il khndoghni (โche ci sia la gioiaโ), un paradosso etimologico a vedere come รจ andata con lโAzerbaijan. Partita chiusa: 120mila profughi a settembre 2023 scappati dallโultimo lembo di terra contesa.
Cโerano pure le vigne di Grigori Avetissyan, vignaiolo-combattente in prima linea, โritiratosiโ in Armenia con Kataro Wine. Gli islamici azeri gli hanno postato i video di sfregi e sversamenti di vasche e botti. Il vino รจ proprio una bevanda da cristiani.ย