Un Vinitaly che tiene, tra consensi e note a margine dei produttori per i prossimi anni. Terzo evento sul palcoscenico internazionale - dopo Vinexpo e Prowein - l’edizione numero 56 di Vinitaly è stata attesa trattenendo il respiro. I presupposti, in effetti, non erano dei migliori: il mondo del vino che osserva un calo dei consumi e l’erosione di una quota di mercato strappata via da nuove bevande alcoliche, sintomo di un cambiamento di gusti e di un cambio generazionale. E invece questa edizione della fiera si chiude con un totale di 97 mila presenza, 30mila operatori esteri presenti che rappresentano il 31% del totale e 1.200 buyer da 65 nazioni (un incremento del 20% rispetto all'anno scorso). Anche per il Vinitaly and the city il bilancio è positivo: più di 50mila degustazioni (che determinano un incremento del 11% dal 2023). Dopo quattro giorni di fiera, degustazioni, strette di mano, dibattiti e solite attese per taxi e navette, i commenti degli espositori sono una sonda che traduce i numeri in parole di elogio per la fiera nazionale.
Una buona presenza internazionale
«Chi veniva allo stand aveva le idee chiare su ciò che cercava» dice Valentina di Camillo, volto femminile di Tenuta I Fauri. «Nessun passaggio casuale davanti allo stand, ma visite frutto di una selezione fatta a priori». Vinitaly promosso anche per Matteo Lunelli, presidente e ad di Cantine Ferrari, che «nonostante il clima sfidante di quest’anno» ha «un forte interesse per il vino e una grande energia». «Un’opportunità di crescita commerciale per le singole aziende» è l’opinione condivisa del direttore del Morellino di Scansano Alessio Durazzo e del direttore del Consorzio Asti Docg Giacomo Pondini. Al Vinitaly di quest’anno si registra un sostanziale ottimismo e una generale soddisfazione dei produttori «per gli incontri e l’interesse» dice Giovan Battista Basile, presidente del Consorzio di Tutela Vini di Montecucco.
Quattro o tre giorni?
Una riflessione è rivolta, però, all’ultimo giorno di fiera, il più “scarico” dei quattro. Corridoi più vuoti e una pressoché assenza di “calca” intorno agli stand tanto da poter parlare a un volume di voce normale. L’dea di togliere dal programma un giorno non appare negativa per molti espositori. «Ridurre di un giorno è l'unico appunto che mi sento di fare ad una fiera che si dimostra luogo di grandi occasioni e amplificatore di contenuti» argomenta Roberta Bricolo, presidente del Consorzio tutela vini Custoza. C’è, invece, chi la vede come un una giornata da sfruttare meglio per «dilazionare tutti gli appuntamenti», come dice Matteo Lunelli. Uno spazio per avere interazioni più rilassate rispetto ai primi giorni o un occasione di fare networking. «L'anno scorso, durante l'ultimo giorno della fiera ho conosciuto il mio distributore Proposta Vini che mi ha permesso di entrare in un circuito internazionale», ricorda Giulia Di Cosimo titolare dell'azienda Argillae.
Il confronto con le altre fiere
Ma come se la cava la fiera di Verona rispetto alle altre due fiere competitor? «Vinitaly resta unica e non si discute, sono le altre due fiere ad essere realmente in competizione - precisa Bricolo - tanto che la maggior parte delle cantine si trova a dover scegliere tra l'una o l'altra, ma quasi nessuno mette in dubbio la partecipazione alla fiera di Verona». Dello stesso avviso Di Cosimo: «Vinitaly rimane una scelta irrinunciabile e con una grande valenza locale e internazionale. A Prowein ci sono stati stand che non hanno aperto neanche una bottiglia». Dal canto suo Di Camillo fa notare come la la fiera di Düsseldorf rimanga «la fiera più organizzata» dove confluisce il Nord America e gli appuntamenti sono «gestibili e puntuali. A Vinexpo, invece, c'è stato qualche problema nella logistica: sono finita fuori dal padiglione italiano e, quindi, ho praticamente distribuito solo un paio di biglietti da visita». Tirando le somme, tre fiere così vicine tra loro finiscono per diventare insostenibili. In futuro, quindi, è probabile che produttori e consorzi italiani finiranno per togliere una fiera dall'agenda, ma non sarà Vinitaly che resta l'appuntamento italiano per eccellenza. Al momento la meno ambita sembra essere Prowein, ma la sfida Germania-Francia non si può ancora dire conclusa.
Un Vinitaly sempre più digitale
Guardiamo al futuro. Cosa prospettano per le prossime edizioni i produttori? Certamente un “uso” e una comunicazione migliore dell’ultimo giorno di fiera, ma anche più elasticità nei confronti dei pass a disposizione delle cantine. «Abbiamo avuto a disposizione solo due pass - denuncia Di Cosimo - Da un lato si è evitata di far entrare persone solo con l’intenzione di bere e ubriacarsi, ma sono un po’ pochi per una cantina che vorrebbe coinvolgere più operatori o invitare qualcuno». I piccoli produttori alla prima partecipazione a Vinitaly hanno, invece, parlato di costi un po' troppo alti, mentre per molti resta il problema della viabilità: «Un problema atavico» lo definisce il marketing manager del gruppo Caviro Benedetto Marescotti, che però si dice molto contento della fiera: «Il nostro stand è sempre stato pieno di clienti. Il luogo ideale per incontrarsi al di fuori delle tensioni contrattuali degli uffici».
Apprezzata anche la festa conclusiva di Veronafiere, martedì sera, che per la prima volta ha unito le forze con quella del gruppo Agivi (Associazione giovani imprenditori vinicoli italiani), diventando molto più "scialla" (per dirla con l'ad di Veronafiere Maurizio Danese). Un chiaro segnale di apertura alle giovani generazioni, come fa notare Violante Gardini Cinelli Colombini «Una formula molto più rilassata, un cui buyer e produttori potevano dialogare in un clima informale». E sempre Cinelli Colombini fa notare i miglioramenti in campo digitale della fiera: «La nuova bussola all'interno dell'app di Vinitaly per guidare i visitatori verso le aziende funzionava molto bene. Quest'anno si è puntato parecchio sulla digitalizzazione». Di fatto all'ingresso dei vari padiglioni mancavano i soliti cartelli informativi analogici per orientarsi tra gli stand, in compenso, si poteva inquadrare il Qrcode per terra per geolocalizzarsi. E sebbene la domanda più frequente sentita tra i corridoi sia stata «Sapresti dirmi dove mi trovo?», possiamo affermare che, in questo momento, la bussola di Veronafiere sembra indicare la direzione corretta.