«Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?». Probabilmente la citazione morettiana spiega meglio di mille dissertazioni la dinamica - a volte sofferta, a volte provocatoria, ma sempre frutto di lunghe riflessioni - di chi ha deciso di rinunciare a Vinitaly. Ad ogni modo, la 56esima edizione del Salone del vino è sold-out, come hanno annunciato gli organizzatori. Saranno oltre 4mila le cantine espositrici ospitate nei 100mila metri quadrati del quartiere fieristico di Verona tra domenica 14 e mercoledì 17 aprile. Ma come ogni anno non mancano le voci fuori dal coro, i ‘dissidenti’ - meno dello scorso anno in realtà - che hanno fatto altre scelte convinti che il sistema fieristico sia ormai desueto e poco adatto alla lora realtà. C’è chi lo ritiene un investimento eccessivo e chi ha semplicemente rimodellato l’attività di comunicazione e promozione. Una scelta che a ben guardare non è legata solo a Vinitaly, ma al mondo delle fiere in generale.
Di contro, sono tante anche le realtà che hanno deciso di tornare al ‘festival del vino italiano’, pensiamo a Frank Cornelissen come ad altre realtà che negli anni avevano scelto fiere alternative per poi aderire al Vivit e l’attuale Vi.te (lo spazio dedicato al vino artigianale). D’altronde c’è chi già da tempo aveva pronosticato la fine del sistema fieristico, ma, a quanto pare, così non è stato.
C’è chi punta sull’incoming in cantina
Uno dei temi comuni tra i No-Vinitaly è l’importanza d’incentivare l’enoturismo in cantina, puntando a un rapporto più diretto e personalizzato, come spiega Chiara De Iulis Pepe della cantina abruzzese Emidio Pepe. «Non saremo al Vinitaly perché abbiamo cambiato la modalità di comunicazione ed è rilevante solo se facciamo arrivare i compratori e gli importatori da noi e farli passeggiare tra le vigne, assaggiare i vini e i nostri prodotti per farli vivere l’azienda a 360 gradi. È una scelta che deriva dal cambiamento del mercato e da un’esigenza di una comunicazione più vicina possibile alla terra di origine. Nonno Emidio ha sempre adorato e partecipato al Vinitaly per tanti anni, ma ci è sembrato un po’ strano parlare di natura, territorio, ambiente lontani dall’azienda. Non so se sarà così per sempre, ma per ora è una decisione consona con quello che ci siamo prefissati di fare»,
Nonostante sia già il secondo anno di assenza, fa rumore la mancata partecipazione di Banfi, l’enorme castello riproposto su scala in fiera era sinonimo di potere. «La decisione di non partecipare più al Vinitaly e, più in generale, di rivedere il nostro approccio con il mondo fieristico, è figlia del nostro costante e dinamico rapporto con il mercato, e con la ricerca di una sempre maggiore sintonia con il consumatore, sia esso italiano che internazionale. Riteniamo, infatti, che il nuovo consumatore e, soprattutto, quello del futuro prossimo, sarà sempre più alla ricerca di esperienze dirette, più interattive, emozionali e sempre più legate al contatto con i territori e con le genti dove il vino nasce. E noi di Banfi, a tal proposito, abbiamo la fortuna di possedere un immenso patrimonio paesaggistico, culturale e di ospitalità, nelle nostre tenute di Montalcino e Strevi, dove creare, sviluppare e consolidare queste importanti relazioni», ci comunica il presidente Rodolfo Maralli. «La scelta, dolorosa, emotivamente sofferta e a lungo meditata, di interrompere il nostro rapporto con Vinitaly (a cui ci legano oltre 40 anni di straordinaria e proficua collaborazione) ha proprio la finalità di riallocare risorse, umane e finanziarie, dove maggiore, a nostro avviso, è il potenziale di sviluppo, premiando l’incoming premium, le esperienze dirette e l’hospitality, in omaggio alla nostra pluriennale mission aziendale che è proprio quella di portare Montalcino nel mondo e…il mondo a Montalcino. Scelta dolorosa e a questo punto definitiva», conclude.
Budget destinato ad altre attività mirate
«Il covid ci ha portato a rivedere il nostro modello» ci racconta Mattia Nevelli, titolare della Ballabio, una delle punte d’eccellenza del Metodo Classico in Italia. Ci siamo fermati per due anni e abbiamo visto che le cose sono andate bene lo stesso. Per una cantina come la nostra, che non fa praticamente estero, di famiglia, e che produce circa 100mila cantine l’anno ha poco senso. Fossimo una struttura più grande, da 300mila bottiglie per dire, lo faremo sicuramente. Ma abbiamo visto che quell’investimento da 20-25mila euro complessivi incideva quasi 0.25 euro a bottiglia, solo a Verona consumavamo oltre 250 bottiglie: non valeva il prezzo». Quel budget è stato destinato a degustazione mirate e attività con la rete commerciale, con conseguente modifica del piano commerciale.
In Franciacorta l’assenza più pesante è targata Monte Rossa. «Il Vinitaly è diventato tutto un ciao-ciao, pacca sulle spalle e brindisi. Il format attuale non risponde più alle esigenze di una realtà artigianale come la nostra, che ha bisogno di contatti diretti. In fiera non riesci a comunicare nulla della tua realtà, e mica trovi così per caso un importatore negli Stati Uniti o di un altro Paese. I costi, poi, non sono proporzionati. Noi abbiamo preferito potenziare e sviluppare l’ospitalità, abbiamo costruito una nuova cantina per essere più attrattivi», ci dice Emanuele Rabotti, titolare della maison di Cazzago San Martino. «Ma non è un problema di Verona, penso al Prowein che è anche peggio. Quale sarebbe il senso di andare a proporre i nostri grandi vini italiani in Germania? Se sei interessato al vino tricolore, devi venire in Italia», aggiunge. In Friuli, fa rumore l’assenza della Livio Felluga, Bianco dell’Anno con il Terre Alte 2018 nella nostra Vini d’Italia 2022, anche in questo caso l’investimento per la fiera è stato interamente dedicato all’attività con la rete commerciale.
Biondi Santi riceve i buyer in un appartamento a Verona
Infine, c’è la quanto meno curiosa scelta di una delle realtà più note del vino italiano, la mitica Biondi Santi, di proprietà del gruppo francese Epi. «Dal 2019 abbiamo deciso di non aderire al Vinitaly nella formula classica e dal 2022 anche la nostra Isole Olena non partecipa» comunica Serena Giardini dell’ufficio Marketing di Biondi-Santi «Piuttosto, abbiamo preso un appartamento nel centro di Verona che abbiamo allestito come la nostra casa, i nostri uffici. Proprio comune uno stand all’interno dei padiglioni della fiera, ma con altri ritmi. Sarà aperto per importatori e nostri partner, solo su invito o appuntamento».
Esserci senza esserci. Per scomodare ancora una volta Nanni Moretti: «Vengo. Vengo e mi metto così, vicino a una finestra di profilo in controluce. Voi mi fate: “Vieni in là con noi dai…” e io: “Andate, andate, vi raggiungo dopo…”. Vengo! Ci vediamo là. No, non mi va, non vengo, no. Ciao, arrivederci Vinitaly”.