I vini di Emidio Pepe
Sono vini che trasportano, che spaccano le commissioni, che fanno discutere e riflettere sul metodo, sul momento storico. Poi, li testi sulla distanza e ci trovi dentro tanta verità. Una verità che è territorio, un carattere tenace e autentico, anche esuberante, accompagnato da una vitalità di fondo travolgente. Non tengono nel tempo, evolvono e trovano un nuovo equilibrio. Una differenza sostanziale, tanto sul terreno del Trebbiano quanto sulla partita del Montepulciano. E quest’aspetto le tre generazioni di famiglia l’hanno sempre rimarcato, messo in luce, portando anche nel più remoto banchetto sempre almeno un paio d’annate molto mature ad accompagnare le ultime uscite, a contestualizzare, a mostrare una continuità, una coerenza del percorso.
Emotional wines: un successo dentro e fuori i confini nazionali
Un lavoro, mettendoci sempre la faccia, che ha portato grandissimi riscontri, soprattutto all’estero: i vini di Pepe sono tra le etichette italiane più presenti nella ristorazione internazionale, con una straordinaria profondità di annate disponibili, a prezzi molto importanti. Basta vedere i lotti battuti nelle aste di New York. Di fatto, all’estero godono di una riconoscibilità ancora più forte che tra i confini nazionali: il 65% della produzione viaggia in oltre 40 Paesi. E in un contesto come quello del Vinitaly, che scatena la corsa ad assaggiare campioni di botte e prove di vasca, fare il punto su 50 anni produzione è un’esperienza ancor più intensa.
“Emotional wines”, nelle parole di Jeff Porter, wine manager del gruppo Batali&Bastianich, che ha condotto la degustazione. In vero, c’è davvero qualcosa di viscerale in queste bottiglie di Montepulciano, frutto di 8 ettari vitati che danno le spalle al Gran Sasso e guardano l’Adriatico, che poggiano un strato di argilla a protezione del calcare. Hanno un carattere forte che porta una reazione altrettanto intensa, positiva o negativa che sia. In sala le tre generazioni: Emidio Pepe, munito di coppola e il solito sguardo fiero, le figlie Sofia, l’enologa di casa, poi Daniela e le nipoti Chiara e Gaia. Si parte dall’ultima vendemmia e si gioca con il numero della fortuna.
2017
Un cestino di ciliegie e visciole appena colte, ha una materia prima eccezionale per qualità e purezza. C’è grande maturità e densità; non è caduta una goccia tra aprile a settembre, un anno con rese spietate e una produzione scesa del 50%. La consistenza è quasi viscosa, il frutto voluminoso ma non vistoso; la bocca è ben contrastata da una sapidità elevata che avvolge la bocca, e ha un finale lunghissimo per un vino che sarà licenziato dalla cantina tra almeno tre anni. Chiusura di melograno pieno, tanto nel tratto aromatico, più fresco, che nella texture. Potenziale enorme.
2007
Altra annata calda, ma non torrida come la 2017. Si apre su un timbro tipico di fuliggine, di camino, poi terra bagnata e piccoli frutti rossi. La bocca è sinuosa. L'inizio è lento e morbido, su un frutto morbido e rassicurante, poi si vira su note speziate molto fini ma persistenti. Il finale ricorda lo zafferano, c'è una leggera coda alcolica e poi nuovo picco d’intensità fruttata molto ben ritmato.
1997
Il sette porta il calore anche negli anni ’90. Annata solare con un’ottima distribuzione delle piogge per un vino che dosa e abbina molto bene aspetto primario e terziario. Del tutto unica una sensazione agrodolce al palato, con sensazioni che ricordano la soia, ma anche un piccante di fondo e sensazioni carnose. Chiudiamo gli occhi e abbiamo messo il naso su un salame serio, stagionato il giusto. Bocca di grande piacevolezza, masticabile e reattiva. Mette una fame straordinaria.
1987
Annata a dir poco difficile, ricorda Sofia. Con rese scese anche qui del 50%: il numero fortunato colpisce ancora. Spicca per un profilo balsamico e fumé più accentuato, più scuro. Molto affascinanti le sensazioni di ginepro, resina e radice. Bocca un po’ più inchiodata sul timbro speziato, con qualche venatura animale più marcata e un andamento un po’ contratto. Lunga chiusura ma priva del cambio di marcia degli altri vini in batteria.
1977
Annata equilibrata e bilanciata, millesimo ideale per il lungo tragitto. Colore rubino ancora molto brillante che nasconde un soffio incantevole che ritroviamo dall’inizio alla fine. Profumi sottili di scorza d’arancia, di mandorla, di legno di quercia, di grafite. Bocca sontuosa, fresca, profonda, non mostra muscoli ma tanta stoffa pregiata, trama tannica particolarmente setosa ma tenace. Finale che sfugge e poi torna in maniera prepotente. E poi cambia, cambia, cambia nel bicchiere. È scattato l’applauso in sala, tutti in piedi davanti a un vino così.
1967
La seconda grande annata della decade insieme alla ’64. Il colore mostra le rughe: “è un lord britannico consapevole”, commenta Chiara. Mettiamo il naso nel bicchiere, ci ricorda caramelle d’altri tempi. Qualcosa che a Roma oggi si trova solo da Castroni, per dire, dalla Rossana o giù di lì. Profuma di mandorla, di noci, ma anche un frutto rosso dolce e morbido con una balsamicità del tutto particolare. Con l’aria prende forza, poi si ferma, riparte. Toni di fiori secchi ed erbe officinali, una venatura di rabarbaro. Poi di nuovo il frutto, la china. Ha ancora energia sul finale, che giocano con punte dolci e piccanti.
Guardo Emidio Pepe che è proprio davanti a me. Non ha detto una sola parola per tutta la degustazione. Ha sempre quello sguardo fiero e orgoglioso. Francamente contagioso. Così i suoi vini.
Emidio Pepe -Torano Nuovo (TE)- via Chiesi, 10 - 0861 856493 - http://www.emidiopepe.com/
a cura di Lorenzo Ruggeri
foto: Andrea Straccini