Un luogo prevalentemente montuoso fatto di rocce, picchi, montagne e storia. È il Vayots Dzor, in Armenia, una nazione da sempre in lotta per la propria indipendenza che nei primi anni del '900 ha subìto un pesante genocidio operato da quello che allora era chiamato l'Impero Ottomano. La storia ha segnato profondamente la popolazione, che a seguito delle numerose guerre ha affrontato una diaspora che ha sparpagliato molti armeni in tutto il mondo.
ZORIK GHARIBIAN
Uno di questi è Zorik Gharibian. Zorik nasce in Iran ma presto giunge in Italia dove studia prima a Venezia e poi a Milano. Una lunga carriera nel mondo della moda non lo distoglie da quella che è sempre stata la sua passione, produrre vino. "L'Armenia al giorno d'oggi non si associa ancora al vino" commenta Zorik "ma se guardiamo alle testimonianze degli storici greci, vediamo che raccontano di commercianti armeni che navigando le rotte fluviali scendevano in Mesopotamia per vendere il loro vino". L'Armenia è un unico verde altopiano e la zona in cui sorge l'azienda Zorah è forse la più isolata del paese; nessuna industria, nessuna traccia di inquinamento, solo pecore che pascolano pigramente tra le rocce, pastori che hanno conservato il ritmo antico dell'esistenza e agricoltori che coccolano la terra dalla quale traggono il loro sostentamento. Qui, sul calcare di queste montagne la fillossera non è riuscita ad attecchire e i vigneti di Zorik, perlopiù arenì noir, autoctono della regione, sono a piede franco, non innestati. 1400 m slm, escursioni termiche molto importanti, che a luglio e agosto arrivano a differenziare le temperature del giorno da quelle della notte anche di 20 gradi; è questo il tratto distintivo di un luogo magico, che conserva la testimonianza enologica più antica del mondo: proprio nella collina prospiciente i vigneti di Zorah, una spedizione archeologica internazionale ha scoperto in una caverna la cantina più remota mai giunta fino a noi. Tra resti di tralci e di acini, gli archeologi hanno rinvenuto anfore interrate che l'analisi al Carbonio14 ha datato a circa 6100 anni fa.
L'ENOLOGO ALBERTO ANTONINI
E in questa storia che proviene da lontano, nel tempo e nello spazio, c'è anche un tocco italiano; Zorik, per curare la parte tecnica ha voluto un enologo toscano, consulente di diverse aziende italiane ed estere. Dal racconto di Alberto Antonini emerge che "l'Armenia è un luogo magico, ancora del tutto incontaminato, con condizioni difficilmente rilevabili altrove. I terreni calcarei, che in qualsiasi zona del mondo sono soliti garantire grandi vini (come in Toscana, Champagne, Rioja solo per citarne alcuni), garantiscono ai prodotti energia e vitalità, mentre il clima secco e l'altitudine ci permettono di evitare qualsiasi trattamento chimico di sintesi, coltivando i vigneti con la sola poltiglia bordolese e concimi naturali". È così che viene preservata l'integrità di un terroir, seguendo una filosofia produttiva che punta ad intervenire il meno possibile sia in vigna che in cantina. "Le uve sono sempre sane" continua Antonini "e vengono fermentate in vasche di cemento non resinato, ruvido, con le pareti ormai foderate di tartrati; l'invecchiamento invece avviene in anfore, anche se il primo esperimento prevedeva, prima della terracotta, un breve passaggio in barrique. Oggi abbiamo capito che la botte piccola non è necessaria e nelle ultime tre vendemmie l'abbiamo sostituita con legni grandi non tostati. L'anfora è un contenitore molto interessante; permette al vino di respirare, senza però cedere aromi e profumi, come fa invece il legno. Una volta riempite vengono interrate perchè sottoterra riescono ad avere una temperature ed un umidità costanti".
Per ora l'azienda produce un solo vino, il Karasì (termine armeno che indica proprio le anfore), un rosso da arenì noir, uscito per la prima volta sul mercato nel 2010 e giunto alla quarta annata con il 2013. Abbiamo avuto il piacere di partecipare alla verticale di cui seguono le note di degustazione.
KARASÌ 2013
Al naso note scure di erbe officinali introducono a una speziatura quasi prepotente accompagnata da note di frutta nera. L'ingresso è succoso e al palato si percepisce una struttura, retta da un tannino fitto ma morbido, che allunga grazie ad una discreta acidità.
KARASÌ 2012:
Annata calda in Armenia, e si sente; subito frutta nera matura, poi note di terra e radici umide. In bocca apre ampio e diventa intrigante con note di pepe nero e noce moscata, su un tannino sempre levigato e mai invadente.
KARASÌ 2011:
Un vino incredibile; complice l'andamento climatico più fresco, è l'eleganza a far da padrone. Il naso è balsamico ma vira rapidamente verso note di macchia mediterranea, con il rosmarino che incornicia tenui sentori di mirtilli e ribes nero. Ingresso fine, sviluppo dinamico e vitale, grazie alla mineralità data dai suoli calcarei e a un'acidità finale perfettamente in equilibrio con la struttura tannica.
KARASÌ 2010:
È la prima annata in commercio, ed è l'unica sulla quale sono state usate le barriques. Il legno piccolo appiattisce un po' il vino che presenta le tipiche note di vaniglia, unite a cioccolato e cacao. La struttura è imponente, ma non appesantisce troppo la beva.
I progetti futuri dell'azienda Zorah prevedono l'uscita di un bianco, sempre da vitigni autoctoni a piede franco, e di un Cru, molto particolare e in tiratura limitatissima, proveniente da un vigneto ultra-secolare, semi-abbandonato sito a circa 1600m di altitudine. Conclude Zorik: "la mia filosofia produttiva è frutto dell'amore per la mia terra, dalla quale sono stato strappato a causa della diaspora. L'Armenia è viva in me, così come l'amore per la mia nazione; è per questo che ho voluto riportare la tradizione millenaria del vino in questo paese, realizzando un vino che parli del territorio e del carattere fiero del popolo che lo produce. Quindici anni fa, quando ho iniziato, mi prendevano in giro; oggi invece qualcuno sta seguendo le mie orme".
Vinitaly | Verona |22-25 marzo 2015 | www.vinitaly.com |ÂÂÂ www.zorahwines.com/
a cura di William Pregentelli
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