Vini “SOLA”. L’emergenza Covid spinge gli italiani verso i vini naturali, sostenibili e alternativi

21 Giu 2020, 15:28 | a cura di
Biologici, sostenibili, senza solfiti, naturali. I consumatori sono più propensi a provare nuovi e diversi stili di vino, secondo l’ultimo report di Wine Intelligence. E per le imprese vitivinicole sarà importante intercettare rapidamente questi nuovi trend per pianificare le future strategie post-pandemia

Chi saranno i futuri consumatori e cosa influenzerà il rapporto con il vino? La domanda è quanto mai attuale e la risposta è di alto interesse per i produttori vitivinicoli italiani, alla luce del nuovo contesto economico e in vista dell’elaborazione di una strategia per la ripartenza nel breve periodo e della crescita nel lungo periodo. Gli acquirenti, influenzati più che mai dall’esperienza unica e straordinaria del prolungato lockdown e dalle nuove disposizioni sanitarie, stanno ulteriormente orientando le proprie scelte verso prodotti salutari, naturali e adeguati a un nuovo stile di vita che pone al centro il benessere personale.

Il rapporto Italy Landscapes

Di fatto, l’emergenza Covid-19 ha accelerato quel percorso di innalzamento qualitativo che abbiamo visto affermarsi gradualmente negli ultimi anni, mediante una nuova forma di consapevolezza attorno ai prodotti agroalimentari e, nel nostro caso, attorno al vino. Lo conferma anche il recente rapporto Italy Landscapes, realizzato da Wine Intelligence, società inglese specializzata in ricerche di mercato che, per la prima volta, ha passato in rassegna consumatori e operatori del panorama italiano, indicando le principali tendenze future. Un futuro che vedrà sempre più determinante il ruolo dei cosiddetti “vini alternativi”, a cui stanno guardando con crescente interesse soprattutto le giovani generazioni. Il country manager per l’Italia di Wine Intelligence, Pierpaolo Penco, non ha dubbi. “È questa una delle grandi novità del nostro report”.

Giovani sperimentatori

In Italia, su una popolazione adulta di 49,7 milioni, i consumatori di vino sono 34 milioni, il 90% di questi (31 milioni) è considerato regolare (almeno una volta al mese), mentre i consumatori settimanali sono 27,9 milioni. Tra i regolari, il 51% è di sesso maschile, il 49% femminile. Oltre metà tra quelli regolari in Italia (55%) ha mostrato, nella ricerca di Wine Intelligence su un campione di mille abitanti rappresentativo della popolazione, un atteggiamento “avventuroso” e disposto alla sperimentazione. Sono soprattutto le fasce più giovani (tra 18-34 e tra 35 e 54 anni) a voler provare nuovi e diversi stili di vino, con percentuali comprese tra il 69% e il 64%, rispetto alla fetta degli ultra 55enni per i quali questa percentuale scende al 41 per cento. La curiosità è la molla che spinge il cliente italiano, e specialmente il Millennial, a provare stili differenti. “Questo è uno specifico elemento che notiamo emergere anche nell’Horeca, nel fuori casa, in modo particolare nella dimensione delle enoteche e dei wine bar” sottolinea Pierpaolo Penco, che ricorda come, ovviamente, ci sia anche una clientela più tradizionale che resta fedele, cerca e acquista i marchi che conosce bene.

Vini Sola: sustainable, organic, low-alcohol, alternative

Già nel 2018, per i vini alternativi, i cosiddetti Sola (che sta per sustainable, organic, low-alcohol, alternative), si sono aperte ufficialmente le porte per un futuro in crescendo. Oggi, la preferenza per tale categoria ha subito un’accelerazione, registrata da Wine Intelligence nel sondaggio realizzato a metà marzo, in pieno lockdown. L’indagine, infatti, svela uno spaccato della società che coinvolge in maniera stretta gli aspetti culturali del consumatore regolare italiano di vino. Infatti, l’indice di opportunità per i vini alternativi del 2020 nelle prime cinque posizioni vede in testa alla classifica il vino senza solfiti aggiunti, seguito a breve distanza dal vino biologico (l’Italia tra i leader mondiali per la categoria), da quello naturale, poi da quello sostenibile e, infine, da quello senza conservanti.

In particolare, se il senza solfiti ha il più alto indice di opportunità, il biologico detiene la massima riconoscibilità e, allo stesso tempo, risulta particolarmente alta la percentuale di coloro che prenderebbero in considerazione l'acquisto futuro di un vino di un'azienda vinicola a emissioni zero assieme a un vino naturale. “Entrambe le categorie del biologico e del senza solfiti rappresentano oggi una fetta importante nei consumi, con percentuali intorno al 20% ciascuna tra i bevitori regolari”, sottolinea Penco che aggiunge: “Anche nel resto del mondo, il biologico è più riconoscibile, ma quello con più potenzialità di sviluppo è il vino sostenibile, perché porta con sé una serie di elementi valoriali culturali particolarmente sollecitati in questo momento di emergenza sanitaria. Col Coronavirus” prosegue “i consumatori dimostrano di avere un interesse a sperimentare nuove tipologie che non siano quelle classiche e mostrano un’attenzione maggiore a tutto ciò che è salubre e più sicuro, associando la salubrità al rispetto dell’ambiente”.

La concentrazione sugli elementi salutistici è dimostrata dal fatto che nelle prime cinque posizioni della graduatoria ci sono ben due categorie di vini “senza”. Sarà interessante vedere se anche nel consumo fuori casa del post-Covid questo trend rimarrà inalterato e se le giovani generazioni avranno introiettato i valori che questi prodotti portano con sé.

Pre e post-Covid

Tra pre e post-Covid, l’atteggiamento sociale degli italiani risulta ben diverso. In particolare, chi guarda alla fase di ripresa si dice meno disposto a viaggiare per lavoro, ad andare in vacanza all’estero e a prendere parte a eventi sociali di grandi dimensioni; più propenso a spendere meno soldi e a risparmiare, così come a provare nuovi piatti o nuove tipologie di cucina.

Rispetto alle nuove bevande alcoliche, il consumatore italiano appare prudente, tranne per la fascia d’età compresa tra 18 e 34 anni. “Per gli imprenditori vitivinicoli questo è un elemento importante della ricerca” sottolinea Penco “perché ci dice che i giovani sono la categoria su cui occorre lavorare di più a livello di comunicazione. L’uso di questi valori legati alla sostenibilità, alla salubrità e al rispetto dell’ambiente, potrà essere una chiave di interesse non solo per i giovani ma anche quando ci si rivolge alle consumatrici”. Secondo l’indagine, infatti, la donna si dichiara meno informata e meno sicura di fronte al vino, denotando un bisogno di ricevere più informazioni e più mirate. “C’è spazio per raccontare loro i prodotti e, in particolare, la categoria dei Sola, che stanno incontrando l’interesse di questa fascia”. Questo trend non è solo italiano ma attraversa i confini: “Ad esempio, in Cina, la consumatrice donna della categoria Millennial o della Generation Z apprezza molto i vini alternativi. Una grossa parte dei 52 milioni di cinesi sono donne particolarmente attente agli aspetti salutistici”, sottolinea Penco.

E-commerce

I vini “Sola” rappresentano una ghiotta opportunità per il canale e-commerce, decollato da marzo in poi. Il motivo è semplice: “Si tratta di prodotti che hanno bisogno di più spazio per essere spiegati e l’online offre questa opportunità a un consumatore attento e desideroso di informazioni. Ed è molto probabile” rileva Penco “che anche in questo canale si osserverà una tendenza positiva delle vendite”.

Spumantistica e sostenibilità

Il rapporto di Wine Intelligence ha confermato ancora una volta il ruolo trainante della spumantistica sul mercato nazionale. La classifica dei brand più forti dice che Ferrari, Berlucchi e Fontanafredda sono sul podio ma soprattutto che cinque brand tra i primi dieci appartengono alla spumantistica. Mentre Prosecco Doc, Conegliano Valdobbiadene Docg e Lambrusco sono nelle top five per capacità di convertire in acquirenti i consumatori che le conoscono. “Bollicine e sostenibilità sarebbe certamente un binomio vincente sul mercato” commenta Penco “anche se va detto che l’Italia dovrà mettere in campo e sviluppare un protocollo unico, coinvolgendo gli enti di certificazione, che non si riduca a un tecnicismo ma che sia comprensibile ai consumatori, riconosciuto dai Paesi clienti del vino italiano e che possa, in questo modo, essere un vero valore aggiunto per le aziende che sceglieranno di essere sostenibili”.

 

a cura di Gianluca Atzeni

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