Botta e risposta tra Unione Italiana Vini e AssoDistil sulla bozza del decreto dealcolizzazione. Come raccontato dal settimanale Tre Bicchieri il testo prevede che il processo possa essere fatto solo spostando i vini in distilleria. Un iter che allungherebbe i tempi ma che soprattutto escluderebbe le cantine dalla loro produzione, nonostante da anni proprio queste abbiano sottolineato l’importanza per l’Italia di entrare nel business.
Per Uiv è un vero furto ai danni delle cantine
Motivo per cui il segretario generale di Unione Italiana Vini Paolo Castelletti dalle colonne del Corriere Vinicolo ha alzato la voce, dicendo che “Si tratta di un vero e proprio scippo, oltre a precostituire nuovi costi per le imprese del vino e, quindi, abbattere competitività e convenienza”.
Non solo. “Questo sistema” sottolinea Castelletti “imporrebbe un sistema di logistica assolutamente insostenibile anche da un punto di vista ambientale, si pensi solo al traffico di automezzi per portare il prodotto avanti e indietro tra le aziende del vino e le distillerie”.
“Questo decreto” è la sua conclusione “sottrae di fatto i dealcolati ai produttori di vino per trasferirli ad aziende che producono alcol, inquadrando questi prodotti nell’ambito del testo unico sulle accise, a meno che le imprese vinicole non decidano di sostenere elevati costi economici e burocratici per dotarsi di una licenza di deposito fiscale”.
In definitiva: più costi, più complicazioni logistiche, meno competitività.
Assodistil: “Non vogliamo escludere nessuno”
Non si è fatta attendere la risposta di Assodistil che, attraverso il suo presidente Antonio Emaldi ha provato a difendere la bozza di decreto: “Non c'è nessun contrasto tra distillerie e cantine sulla dealcolizzazione dei vini e Assodistil non si è mai opposta al fatto che cantine o altri operatori entrassero nella filiera distillatoria. Leggiamo con disappunto sulle riviste di settore (leggi Corriere Vinicolo; ndr) affermazioni che insinuano l'idea sbagliata che si siano voluti applicare strumentalmente ostacoli normativi per escludere le imprese vinicole dal processo produttivo che, quindi, sarebbe riservato solo alle distillerie”.
Non è così secondo l’Associazione dei distillatori italiani, secondo cui l’unica condizione richiesta è il rispetto del Testo unico delle accise (T.U.A.), ovvero la disciplina relativa al controllo della fabbricazione, trasformazione, circolazione e deposito di alcole etilico e delle bevande alcoliche, sottoposti al regime delle accise.
I no alcol sarebbero sottoposti ad accisa
La dealcolizzazione del vino, ricorda l'associazione, consiste nell’applicazione di tecniche di separazione in grado di estrarre alcole dal vino. In sostanza, la dealcolizzazione del vino produce, da un lato, un vino parzialmente o totalmente dealcolato e, dall’altro lato, una miscela idroalcolica con una concentrazione variabile di alcole ma comunque superiore all’1,2% in volume.
Il Testo unico accise comprende anche tali miscele derivanti dal processo di dealcolizzazione dei vini. “Pertanto” continua Emaldi “se una cantina realizza un prodotto che rientra in tale categoria dovrà sottostare alla stessa disciplina delle distillerie. Il TUA” ricorda l'Assodistil, detta regole ben precise in merito sia alla circolazione dell’alcole, indipendentemente dal metodo di produzione, e in merito alle prescrizioni da osservare. “Da quanto esposto” è la caustica conclusione di Assodistil “si comprende perfettamente perché la dealcolizzazione debba avvenire esclusivamente presso depositi fiscali alcoli”.
La palla adesso passa al Masaf per una decisione definitiva.