Premio Viticoltrice dell’Anno
Siamo in Italia, in Liguria, ai confini con la Francia. È in quest’ambiente un po’ selvaggio, diviso tra mare e colline molto ripide, che è cresciuta Giovanna Maccario. L’aspra orografia del territorio ha imposto ai contadini locali come unica – o quasi – coltivazione la vite e in particolare il vitigno Rossese (il Tibouren francese). La viticoltura e il vino scorrono nelle vene della famiglia Maccario da sempre; già il nonno di Giovanna, Giobatta (al secolo Giovanbattista), vinceva nel lontano 1922 un premio in un concorso enologico del regno d’Italia. Ma l’avventura delle bottiglie targate Maccario inizia con Mario, il padre di Giovanna, nel 1970. Malgrado una laurea in architettura, Giovanna riprendere le redini dell’azienda dopo la prematura scomparsa del padre nel 1994. E da circa vent’anni condivide il lavoro nei vigneti terrazzati con il marito bavarese, Goetz Dringenberg.
Giovanna Maccario – San Biagio della Cima (IM)
Il premio di Viticoltrice dell’Anno le calza a meraviglia: «Da bambina seguivo tra i filari mio padre che mi affidò subito alle cure della signora Virgilia Ferrari che lui considerava la più brava in vigna. È stata lei a insegnarmi come mantenere pulito l’alberello provenzale, come sfogliare in modo giusto per favorire una buona produzione. Mio padre ha sempre sostenuto che in queste operazioni, che richiedono precisione e meticolosità, le donne sono più abili dei maschi». Oggi, Giovanna e il marito coltivano poco più di 7 ettari a Rossese – tra San Biagio della Cima, Perinaldo e Ventimiglia e producono diverse selezioni di Rossese di Dolceacqua. Giovanna agisce anche in cantina: «Rispetto a mio padre che usava il legno per la fermentazione e per la maturazione dei vini, io ho deciso vent’anni fa di usare l’acciaio: mi permette di controllare le temperature e di rispettare gli aromi delicati del Rossese. Preferisco fermentare i miei vini a temperature tra i 27 e i 28 gradi, allungando magari le macerazioni fino a circa 30 giorni». Giovanna predilige una lunga permanenza sulle fecce: il vino si arricchisce e ne aumenta la longevità, quindi le selezioni vengono imbottigliate di solito tra agosto e settembre. Quest’anno un fantastico Rossese di Dolceacqua Posaú 2020, ricco di profumi fruttati e speziati, arricchiti da un bel fondo di corteccia, e dal palato di compiuta armonia permette a Giovanna di meritarsi i Tre Bicchieri e il premio di Viticoltrice dell’Anno.
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a cura di Gianni Fabrizio