Dopo due anni di stop, ritorna Vignaioli Naturali, la storica manifestazione dedicata ai vini naturali a Roma organizzata da Tiziana Gallo, a partire dal 2008.
L'appuntamento, sabato 30 aprile e domenica 1 maggio, ha riunito oltre 70 produttori che hanno partecipato alla due giorni di assaggi al NH Hotel Villa Carpegna con moltissime etichette. Ci siamo stati anche noi, ecco gli assaggi che ci hanno convinto di più.
OP Pinot Nero Metodo Classico Brut 2018 Pietro Torti
Si parte da Montecalvo Versiggia. Le cuvée da pinot nero prodotte qui hanno una marcia in più. Pietro Torti e la figlia Chiara propongono una gamma di vini che riportano fedelmente i caratteri dell’Oltrepò Pavese e in particolare dell’Alta Valle Versa. Naso tanto Oltrepò, ricco, intenso, piacevolmente vinoso. Si offre maturo e immediato nei toni di lampone e mela di montagna; la bocca è carnosa ma allo stesso tempo vibrante, succosa e dinamica. Un Blanc de Noirs da seguire con grande attenzione, anche perché sta migliorando di vendemmia e vendemmia anche nella versione pas dosé. A dir poco goloso.
Libente 2019 Emiliano Fini
Assaggiamo per la prima volta i vini di Emiliano, che dal 2017 produce due bianchi nei Castelli Romani, ai piedi della zona vulcanica dei Colli Albani. Tra i due vini, preferiamo il Libente 2019, una Malvasia Puntinata che si fa apprezzare per un equilibrio d’insieme davvero ammirevole, con la traccia aromatica in secondo piano e un frutto espressivo, appagante, ritmato da toni delicati di erbe aromatiche, per un finale sfizioso di pera e zenzero. Se ne parla poco, ma nel Lazio c’è un fermento enologico che non si notava da tempo.
Campo di Mandrie 2018 Iannucci
Una signora Falanghina da Guardia Sanframondi. Giovanni Iannucci si mette in luce con un bianco di gran carattere, dalle freschissime note di tè verde e finocchietto selvatico, cremoso nei suoi richiami di pesca: chiude nitido, balsamico e sinuoso. Anche la versione 2020 conferma l’ottima interpretazione del vitigno nel suo territorio d’elezione, calibrando molto bene le parcelle più vecchie che maturano in legno, le uve più giovani incontrano l’acciaio, un'ulteriore parcella, su suoli più argillosi, conosce una una leggera macerazione. I numeri sono ancora confidenziali, le basi molto solide.
Occhio di Sale 2021 Giuseppe Cipolla
Da Passofonduto con furore. Incontriamo Giuseppe Cipolla, agli esordi con la piccola realtà nella Valle del Platani, al confine tra provincia di Agrigento e Caltanissetta. Tutto è iniziato nel 2014, nel 2020 la prima annata di produzione. Nella batteria ci colpisce Occhio di Sale 21, un rosato da uve nero d’Avola con un piccolo saldo di inzolia e moscato. Le vigne affondano nel gesso. Non passa inosservato con i suoi richiami di bacche nere selvatiche, di gelsi, un giro di spezie calde, le note di carrubo. La bocca è leggera ed espressiva, cremosa e fragrante, di notevole sprint sapido. 866 bottiglie prodotte. Meno riuscito il bianco Solfare.
Diecidecilitri 2019 Valcerasa
Siamo convinti che il Rosso Relativo di Alice Bonaccorsi e Rosario Pappalardo sia uno dei più sfaccettati e stimolanti vini in rosa d’Italia, capace di mettere a fuoco un registro squisitamente etneo, quel giro di spezie, un timbro lento e ondulato. Qui vi raccontiamo la sua nuova etichetta, grafica molto pop, formato da un litro. Si tratta di un Nerello Mascalese dalla contrata Calderara, macerazione corta (una settimana) e grande freschezza gustativa. Il colore scarico e leggero come la bocca, che cresce su note piccanti di pepe e grafite, richiami di cappero, con una punta di tannino verde a solleticare il palato e ravvivarlo. Siamo tornati a chiederlo due volte, ci siamo vergognati per la terza.
Le Trame 2019 Le Boncie
“Da quando l’ho messo in bottiglia, non l’ho ancora assaggiato”, ci dice Giovanna Morganti mentre osserva le nostre espressioni stupide ed estasiate, all’assaggio del suo nuovo Le Trame. Rispetto ad altre annate, il colore è più scarico del solito, i profumi ricordano la scorza d’arancia, la viola appassita, il sottobosco. Naso fine, essenziale e misurato. La bocca è un portento, ha un’energia sapida e agrumata che dona uno slancio e una profondità impressionante. Ha un terzo tempo da fuoriclasse. E davanti a sé un potenziale evolutivo enorme.
Barolo Castellero 2018 Fenocchio
Con l’annata 2018 Giacomo Fenocchio ha diverse frecce al suo arco. Che batteria! Il Villero gioca sul velluto, Bussia alza la voce, sul momento scegliamo il Castellero. Un cru del comume di Barolo, magari meno blasonato, ma che ci sembra perfettamente in sintonia con gli umori del 2018, per via del suo passo lieve e profondo, il respiro balsamico; le note di spezie accarezzano e accompagnano una beva sfaccettata e piacevole, sottile ma anche incisiva. È sicuramente più pronto rispetto agli altri cru, non meno complesso. Finale puro.
a cura di Lorenzo Ruggeri