Giosuè Carducci
Premio Nobel per la letteratura ne 1906, Giosuè Carucci (1855 – 1907) è uno dei poeti più famosi dell’Ottocento italiano e, per quanto ci riguarda, non era certo insensibile al buon vino, come, del resto, alle donne. Impegnato attivamente nella vita politica dell'epoca, che non di rado cantò nelle se rime, i temi storici e paesaggistici furono in gran parte presenti nella sua produzione letteraria. Anche se non mancano argomenti più intimi.
L’ostessa di Gaby
È verde e fosca l’alpe e limpido e fresco il mattino,
e attraverso gli abeti tremola d’oro il sole.
Cantan gli uccelli a prova, stormiscono le cascatelle,
precipita la scesa nel vallone di Niel.
Ecco le bianche case. La giovine ostessa a la soglia
ride, saluta e mesce lo scintillante vino.
Per le forre de l’alpe trasvolan figure ch’io vidi
certo nel sogno d’una canzon d’armi e d’amore.
Da Juvenilia XCIV: Brindisi
Evoè, Lieo: tu gli animi ( Bacco )
Apri, e la speme accendi
Evoè, Lieo: ne’ calici
Fuma, gorgoglia e splendi.
Tenti le noie assidue
Co’ vin d’ogni terreno
E l’irrompente nausea
Freni con l’acre Reno.
Chi ne le cene pallide
Cambia le genti e merca
E da i traditi popoli
Oro ed infamia cerca:
A noi conforti l’anima
Pur contro a’ fati pronte
Il vin de’ colli italici.
E poiché il vino c’era (da Rime e Ritmi)
… e poiché il vino c’era
Riempii la mia coppa.
Come pazzo cantando attesi
l’alba lunare:
a canzone finita i miei sensi
se n’erano andati.
E per finire, l’immortale San Martino
La nebbia a gl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
sull’uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.
a cura di Giuseppe Brandone
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