Come un rullo compressore, la crisi economica ha riportato il commercio globale di vino ai valori del 2015. Giro d’affari, volumi, prezzi medi, tipologie: tutto stravolto. I grandi Paesi esportatori sono stati risucchiati da questo tornado che si è abbattuto inesorabilmente sui mercati, spostando gli equilibri come mai era avvenuto. Solo il 2008-2009, cuore della crisi finanziaria dei subprime, si avvicina ai numeri restituiti agli analisti dal 2020.
L’anno del Covid – augurandoci che il 2021 sia ricordato come quello della campagna vaccinale e della sospirata immunità di gregge – sta emergendo gradualmente anche nelle dure cifre e nei segni meno che ha appena messo a bilancio la gran parte delle imprese vitivinicole (più le medio-piccole che le grandi). Ma per i principali produttori come Italia, Francia e Spagna, che da sempre si marcano strettissimi sul fronte internazionale, tirare le somme significa anche fare i conti con chi ha fatto meglio e chi non è riuscito a mantenere le posizioni acquisite nelle piazze strategiche. E, dal confronto, l’Italia non ne è uscita affatto con le ossa rotte, anzi.
Perso l’11% del business globale. Si torna ai dati del 2015
Lockdown generalizzati e chiusure del comparto ristorazione (-50% per l’Horeca mondiale), uniti all’effetto dazi per una parte dei fornitori Ue nel primo mercato del vino al mondo, gli Stati Uniti, hanno spinto al ribasso il giro d’affari complessivo del vino, passato da 32 miliardi di euro del 2019 a 28,5 miliardi di euro, con una perdita pari all’11% rispetto a un anno prima, e con valori che sono tornati allo stesso livello del 2015. Si è fermata, in poche parole, la corsa ininterrotta iniziata nel 2009 dopo una progressione che era partita vent’anni fa, nel 2000.
Un’importante battuta d’arresto che si è sentita anche nei volumi, diminuiti di quasi il 6% e tornati per la prima volta sotto quota 100 milioni di ettolitri dal 2010. A subire gli effetti della congiuntura negativa sono stati i vini con maggior valore.
La Francia, in particolare, come primo esportatore a livello mondiale per giro d’affari, è quello che ha sentito più degli altri l’effetto pandemia. Dai conti del commercio estero transalpino se n’è andato nel 2020 oltre un miliardo di euro rispetto a un’Italia e a una Spagna che hanno sicuramente sofferto ma hanno limitato le perdite, rispettivamente con -146 milioni di euro e -63 milioni di euro in 12 mesi, secondo i dati parziali elaborati da Oiv e Trade data monitor, riportati da France Agrimer.
La flessione nel giro d’affari è imputabile anche al colpo subito dalla categoria dei vini effervescenti, in particolare Champagne e Prosecco. Ma se per lo Champagne i numeri parlano di un -20% a valore e di un -18% a volume (dati Comité Champagne), per il comparto del Prosecco è andata meglio, considerando un +3% nei volumi e un -3% in valore. Dal lato dei consumatori, si è affermata una tendenza a privilegiare i vini meno adatti alle ricorrenze, più adatti al consumo quotidiano e a prezzi più bassi del passato.
Perdite nel canale Horeca nel mondo a -50%. Ripresa a fine 2022
Se il mercato interno nel 2020 ha perso il 25% del proprio valore, gli ordini dell’Horeca internazionale hanno perso oltre il 50%. Lo evidenzia l’Osservatorio Uiv, secondo cui il mercato mondiale del vino potrà tornare ai livelli pre-Covid non prima della fine del 2022, dopo aver subito un danno di oltre 100 miliardi di dollari dovuto alla contrazione del Horeca. In Italia, la flessione a valore dei fatturati del vino ha segnato un -24%, con un volume di invenduto pari a 3 milioni di ettolitri. L’anno del Covid, secondo Uiv, ha evidenziato una fortissima disparità nelle performance delle diverse realtà aziendali, e storici cambiamenti all’interno dei canali di vendita: per la prima volta i volumi degli acquisti in Gdo hanno superato quelli dell’Horeca, tradizionalmente il canale a maggior valore aggiunto. In Italia, il calo a valore degli ordini della ristorazione (-38%), delle enoteche (-23%) e della vendita diretta (-19%) è stato solo parzialmente compensato dalla Gdo (+12%), per un saldo negativo alla vendita di oltre 3 miliardi di euro.
Nuovi rapporti di forza. Crescono nuovi mercati
Se si considerano le variazioni delle quote di mercato a volume di vino sul totale degli scambi internazionali, nel 2020 si nota un incremento dal 28% al 31% della presenza dei cosiddetto Nuovo Mondo (Sudafrica, Argentina, Australia, Cile, Stati Uniti e Nuova Zelanda), soprattutto grazie al contributo di Argentina e Nuova Zelanda, con la Francia stabile al 14% e il resto dei principali Paesi produttori europei (Italia, Germania, Spagna e Portogallo) che passano dal 47% al 48% di quote, grazie all’aumento della presenza dell’Italia e del Portogallo, con la Spagna stabile. Per questi tre produttori è, secondo France Agrimer, il segno della capacità di resistere meglio agli effetti della crisi sanitaria.
L’andamento per categorie: nuovi equilibri
Il crollo dell’export mondiale di vino nel 2020 ha modificato in parte i pesi percentuali tra le categorie rispetto al totale. Il vino sfuso mantiene, infatti, il 34% dei volumi di mercato, altrettanto fa il bag in box col 4%, in lieve calo il vino imbottigliato col 53%, mentre perdono un punto, dal 9% all’8%, i vini spumanti, che negli ultimi anni sono stati i veri protagonisti della crescita. Considerando i valori, il 70% dei 28,5 miliardi di euro del 2020 è costituito dai vini in bottiglia, il 19% dai vini spumanti, il 9% dal vino sfuso e il 2% dal formato bag in box. Per avere un’idea di come siano cambiate queste percentuali nel lungo periodo, si consideri che la media quinquennale 2000/2004 vedeva un imbottigliato al 74%, gli spumanti al 16% e lo sfuso all’8% (il dato sul bag in box è disponibile dal 2017 in poi).
Champagne, Prosecco e Cava i più colpiti
La crisi sanitaria, come detto, ha pesato sul consumo e sulle vendite di bollicine. Considerando la categoria degli spumanti in bottiglia, il 2020 ha segnato un calo dello 0,3% delle quote di mercato a volume e quasi il 2% di flessione nei valori. In particolare, lo scorso anno, il Cava (con un prezzo medio litro di 2,68 euro) e il Prosecco (3,66 euro/l.) ha ridotto l’export complessivo rispettivamente del 7% e del 3% nei valori, a fronte di uno Champagne (26,08 euro/l.) che ha perso il 20%. Le quantità esportate sono scese del 4% sia per Cava sia per Prosecco e di quasi il 18% per lo Champagne.
Primato italiano in volume
Con 20,8 milioni di ettolitri di vino, l’effetto Covid-19 ha significato per l’Italia il sorpasso sulla Spagna (20,6 mln/hl) nella classifica 2020 dei Paesi esportatori, con la Francia (13,6 mln/hl) che resta al terzo posto. I tre Paesi, assieme, rappresentano il 55% del commercio mondiale di vino. L’export francese, come fa notare France Agrimer, è rimasto stabile in volume dagli anni 2000, a esclusione del crollo nel 2008 e 2009 per la crisi economico-finanziaria. In quell’occasione, anche l’export spagnolo subì un forte ribasso, mentre su quello italiano l’effetto fu contenuto. La crisi del 2008, considerando i valori, non incise in modo pesante su Spagna e Italia, mentre per la Francia il colpo fu più duro. L’attuale crisi economica per la pandemia da Covid-19 ha, invece, fatto scendere quantità e giro d’affari di tutti e tre i Paesi, ma mentre Spagna e Francia hanno perso circa il 5% nei volumi, l’Italia ha perso poco più del 2%.
Vendite vino: Francia più colpita, meglio Italia e Spagna
In questo contesto, il colpo più duro nelle vendite vino lo hanno subito le casse francesi, che hanno visto crollare i valori dell’export dell’11% in un anno (determinato anche dal -23% negli Usa, prima destinazione con 1,44 mld di euro). È andata meglio a Italia e Spagna con circa il -2%. Nel 2020, come nel 2008, i dati dicono che a perdere maggiormente in caso di forti crisi sono proprio i vini a maggior valore.
I prezzi medi di Francia Italia e Spagna nelle vendite vino
I prezzi medi dei prodotti dei tre grandi player del mercato mondiale fissati per il 2020 sono i seguenti: 1,3 euro/litro per la Spagna; 3,02 euro/litro per l’Italia (in lieve incremento); 6,43 euro/litro per la Francia. Visto da un altro angolo d’osservazione, questo scenario è la prova, secondo gli analisti francesi, della grande differenza della struttura dell’export che vede il vino sfuso (segmento meno valorizzato) pesare nel caso della Spagna per il 54% dei volumi venduti all’estero, nel caso dell’Italia per il 21% e nel caso della Francia di soli 16 punti percentuali.
Francesi ancora primi per valore e giro d'affari nelle vendite vino
L’effetto Covid non ha spodestato il vino francese dal gradino più alto, alla voce giro d’affari. È infatti di 8,7 miliardi di euro il valore del vino commercializzato sui mercati internazionali nel 2020. A pagare un conto salato alla pandemia non è stato soltanto lo Champagne, di cui si è parlato, ma anche il vino fermo in bottiglia a denominazione: il valore medio a litro è, infatti, sceso rispetto al 2019 del 7% a 8,46 euro/litro.
L’Italia, per contro, con un export vicino ai 6,3 miliardi di euro, ha mostrato una migliore capacità di resistenza, sui vini fermi in bottiglia e anche sugli spumanti ma, soprattutto, ha retto grazie alla performance dei formati più grandi, tra 2 e 10 litri (bag in box), con un +21% medio verso Regno Unito, Norvegia e Canada. La Spagna ha ridotto il giro d’affari dell’export di vino segnando il secondo calo consecutivo dal 2018, a circa 2,6 miliardi di euro. Lieve aumento per il prezzo medio a litro del vino del Paese iberico, con particolare attenzione allo sfuso in contenitori superiori a 10 litri, ma anche per i fermi imbottigliati. Ha sicuramente pesato l’effetto dazi negli Usa, ma ci sono anche stati segni positivi, come gli incrementi a valore verso il mercato Uk e verso i Paesi Bassi.
Outlook Ue: prospettive positive per export vino nel 2021
Il consumo di vino all’interno dell’Ue è in aumento del 2% (distillazione compresa) e le prospettive legate all’export stanno migliorando, con spedizioni stimate in aumento del 3% tra 2020 e 2021, trainate dalla ripresa di un mercato Usa senza dazi. Lo scrive la Commissione europea nel rapporto sulla congiuntura a breve termine dei mercati agricoli, in cui si evidenzia una generale tenuta dell’agricoltura europea durante la pandemia, con un resto del 2021 che offre alle imprese prospettive migliorative, in vista della riapertura dei canali ospitalità e ristorazione. Gli stock, grazie a export ed effetto distillazione (-7 mln/hl), sono previsti in calo del 3%, soprattutto per i vini d’alta gamma. La produzione è attesa stabile nel 2020/21 a 157 milioni di ettolitri, al di sotto dell’1% sulla media quinquennale. L’import è stimato in aumento del 5%, trainato dagli acquisti da Cile e Argentina di vini a buon mercato. Stabile il consumo procapite a 24,8 litri.
A lungo termine, entro il 2030, l’export di vini europei è atteso in crescita a 31 milioni di ettolitri, con tasso del +0,3% annuo. Allo stesso tempo, resterà forte la domanda per vini entry level che l’Europa potrebbe intercettare incrementando l’export di sfuso. Previsto anche un calo (-0,3% per anno) del consumo procapite entro il 2030, a circa 25 litri, ma minore di quanto registrato tra 2009 e 2019 (-1,1% per anno).
a cura di Gianluca Atzeni
Articolo uscito sul numero di Tre Bicchieri uscito il 1 aprile
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