Il meteo degli ultimi mesi lo faceva prevedere. E adesso arriva la prima conferma: lungi dai grandi numeri, la vendemmia di quest'anno sarà caratterizzata da un generale segno meno e dovrebbe attestarsi sui 41-42 milioni di ettolitri di vino e mosto, a fronte di una media quinquennale (2009-2013) di 44,9 milioni di ettolitri. Lo rivelano le prime previsioni di Assoenologi (Associazione Enologi Enotecnici Italiani) che fotografano la situazione italiana ad oggi, quando, cioè, è stato raccolto meno del 10% del prodotto. Se le stime fossero confermate la vendemmia 2014 risulterebbe inferiore del 13,5% a quella dello scorso anno (48,2 milioni di ettolitri) e sarebbe ricordata come una delle più scarse dal dopoguerra.
Ma quali regioni hanno perso di più e quali meno? “Se il Nord manifesta decrementi omogenei da -10 a -15%, è il Sud a presentare i picchi più bassi, con un tondo -30% per la Sicilia, dovuto probabilmente ad un calo fisiologico dopo la l'abbondante annata 2013” risponde il direttore di Assoenologi Giuseppe Martelli “Bene le regioni centrali che, rispetto allo scorso anno, registrano omogenei incrementi di produzione: +10% per Toscana, Lazio e Umbria, +5% per le Marche. Va detto, però, che tale incremento è frutto delle perdite che si erano registrate negli anni scorsi”. E infatti sono ancora le regioni che hanno perso di più a rimanere nel complesso le più produttive: Veneto, Emilia Romagna, Puglia e Sicilia insieme dovrebbero produrre oltre 24 milioni di ettolitri, ovvero quasi il 60% di tutto il vino italiano. E il Veneto, dovrebbe confermarsi come la regione più produttiva d'Italia con 7,8 milioni di ettolitri (-15% sul 2013).
Da un punto di vista qualitativo, non sarà l'anno delle eccellenze: complessivamente il millesimo 2014 è stimato da Assoenologi buono, con punte di ottimo e pochissime di eccellente. “Ma anche questo era prevedibile” continua Martelli “anche se sinceramente poteva andare meglio. La qualità è alquanto eterogenea, a macchia di leopardo, nel senso che in una stessa regione il buono si scontra con l'ottimo e con il mediocre”. Colpa di un andamento climaticamente bizzarro che inizialmente ha alimentato le illusioni di un'annata positiva, per poi far naufragare le speranze dei produttori nelle piogge di luglio. Infatti, un inverno mite e piovoso e una primavera calda hanno determinato un germogliamento anticipato, fino a venti giorni prima rispetto alla norma. L'estate, però, con le sue piogge insistenti e le basse insolazioni, ha ribaltato la situazione allungando i tempi dell'invaiatura e della maturazione dell'uva. Solo nel mese di luglio si è avuto un incremento del 73% delle precipitazioni medie verificatesi tra il 1971 e il 2000. Agosto ha, invece, graziato il Centro-Sud, penalizzando, però, quasi tutte le regioni settentrionali. Infine, è quasi totalmente mancato l'anticiclone Nord Africano che ha lasciato il Nord e il Centro esposti ad un umido e instabile “corridoio atlantico”. Insomma condizioni ideali per lo sviluppo delle principali malattie della vite: peronospora, oidio e botrytis. Il tutto ha anche fatto slittare i tempi di vendemmia: “Le prime tre regioni a tagliare i grappoli” rivela Martelli “sono state Lombardia, Puglia, Sicilia e Sardegna, ma solo tra la seconda e la terza settimana di agosto. Così dopo le raccolte anticipate a cui ci eravamo abituati negli ultimi anni, si è ritornati alla tempistica degli anni Settanta, con il picco di attività tra settembre e ottobre”. E di conseguenza gli occhi sono ancora puntati al cielo alla ricerca di qualche raggio di sole, perché le prossime settimane saranno decisive per il livello qualitativo della produzione. Come a dire, non è ancora finita.
a cura di Loredana Sottile