Le bollicine, si sa, sono il trend del momento. Se poi vi è una qualità diffusa, una capacità di lavorare in sinergia e un’impronta territoriale forte, una tendenza si traduce in valore esteso, consumo capillare e possibilità di affrontare con successo i mercati internazionali. È questo il caso del Trentodoc, Istituto che tutela e valorizza le bollicine di montagna prodotte in provincia di Trento. C’è da dire, però, che il Trentino non è solo sinonimo di Metodo Classico, ma di vino in generale e le degustazioni appena effettuate per la Guida Vini 2024 stanno lì a dimostrarlo. Più di 300 i vini assaggiati, tra bianchi, rossi e dolci. Le varietà sono perlopiù autoctone e convivono molto bene con alcune uve internazionali che potremmo definire tradizionali, visto che da queste parti si sono acclimatate e integrate molto bene e da tanto tempo.
Autoctoni nel segno dei singoli territori
Partiamo con quelle che definiamo le grandi uve del territorio. Se da una parte troviamo il teroldego protagonista della piana rotaliana, dall’altra troviamo la nosiola, uva a bacca bianca grazie alla quale beviamo ottimi bianchi e vini dolci unici, specie per la loro capacità d’invecchiamento. I primi sono rossi che hanno trovato una loro precisa dimensione, sono vini fitti, di buon corpo, ma dalle estrazioni misurate e dal tannino sempre morbido e mai astringente. I secondi sono vini di gran carattere, strutturati, ma anche freschi d’acidità e soprattutto sapidi: arrivano dal comune di Lavis e dalla Valle dei Laghi, dove c’è la grande tradizione del Vino Santo ed esprimono al meglio le zone da cui provengono. Si prosegue col Marzemino, vino semplice, succoso, quotidiano, fatto a dovere, senza (giustamente) pretese da vino imponente. Il müller thurgau rappresenta, invece, principalmente la viticoltura della Valle di Cembra, uno dei grandi territori della regione: anche qui la qualità è salita molto negli ultimi anni e i vini vanno sempre di più in una direzione di grande eleganza, purezza e verticalità. Una varietà su cui si dovrebbe puntare di più è il moscato giallo, al fine di ottenere vini secchi, privi di zucchero, ma con l’esuberanza della aromaticità che la varietà sa offrire. Il lavoro fatto col Traminer insegna. Tra gli autoctoni citiamo infine il lagrein e la schiava, conosciuti soprattutto in Alto Adige. I primi soddisfano se non fanno gara di estrazione e struttura, i secondi invece offrono grande piacevolezza e leggiadria e convincono sia in rosso sia in rosa.
La tradizione degli internazionali
Chardonnay, sauvignon, riesling, pinot bianco da una parte, pinot nero, merlot e cabernet dall’altra. La schiera dei vitigni internazionali è ampia, ma – come spesso diciamo – è il territorio che fa la differenza. I più convincenti rimangono chardonnay e pinot nero, sicuramente anche per l’esperienza che si ha con la tradizione spumantistica, che vede queste due varietà protagoniste dei rifermentati in bottiglia. Ma le versioni ferme sono centrate e offrono vini fini, eleganti, con l’energia e la forza che la montagna riesce a dare. I Sauvignon non scimmiottano versioni banali e omologate, ma hanno una loro precisa personalità, così come i riesling e i pinot bianco, mentre – in alcune zone – i tagli bordolesi sanno offrire rossi che riescono a coniugare potenza ed eleganza.
Cosa c’è allora che non va nella produzione di vino in Trentino?
Cosa manca al Trentino per continuare a far rima con vino? Nulla, se pensiamo alla situazione viticola e ampelografica. Nulla, se pensiamo alla bravura e all’esperienza dei vignaioli trentini. Certo, bisogna sempre avere in mente il concetto di qualità, che non può essere solo quella meramente organolettica, dell’equilibrio, dell’armonia, ma deve essere una qualità legata all’espressione massima del territorio in cui nascono le uve, sia per ciò che riguarda i suoli, sia per ciò che riguarda il clima. Forse, però, c’è qualcosa che ancora non c’è, a livello diffuso. Ci viene in mente un pizzico di sano orgoglio, una convinzione più decisa di quello che si ha e si è. Può darsi sia proprio questo che manca al comparto vitivinicolo trentino. Il confronto continuo con l’Alto Adige serve se costruttivo, serve a poco se ci si sente spesso un gradino sotto ai sudtirolesi. Ci vogliono più certezze riguardo il marketing, la comunicazione, la commercializzazione e il fare sistema. Con le bollicine di montagna alcuni principi sono seguiti già da tempo, ora è il momento di introdurli anche per sostenere i vini fermi. Gli ingredienti per portare in alto un Trentino del vino a 360 gradi ci sono tutti e gli assaggi per la Guida 2024 ne sono la prova.