Continua il nostro percorso tra le aziende che hanno ricevuto i Tre Bicchieri per la prima volta nella guida Vini d'Italia di Gambero Rosso: stavolta ci spostiamo a Pozzuoli, dove incontriamo Giuseppe Fortunato e di Contrada Salandra, la sua piccola realtà sui Campi Flegrei, nel cuore di una delle zone vulcaniche più attive al mondo. Qui, dove si combatte per strappare la vigna al cemento, la falanghina fa sentire forte la sua voce.
I Campi Flegrei
Sulle sabbie vulcaniche di Pozzuoli, tra Coste di Cuma, Monte Sant'Angelo e Monteruscello, Giuseppe Fortunato, ispirato vigneron, coltiva le sue vigne di falanghina e piedirosso. Quella dei Campi Flegrei di fatto è una zona vulcanica del tutto attiva, giovanissima dal punto di vista geologico; Pozzuoli è un po' il baricentro di questo supervulcano che va da Bacoli a Possillipo, spingendosi verso nord fino a Quarto e Marano di Napoli. I suoli qui sono molto fertili: si tratta di una zona da sempre conosciuta per una serie di colture tipiche, soprattutto ortaggi e frutti. Oltre ovviamente ai vigneti. "La nostra è una zona ricca di vitigni autoctoni" ci dice Giuseppe "nel passato ce ne erano tantissimi: alcuni li sto mandando avanti per saggiarne le potenzialità. Il problema è di non poter avere a disposizione gli ettari su cui piantarli, in quanto in un recente passato la nostra zona è stata selvaggiamente aggredita da un'urbanizzazione poco attenta a conservare il territorio: agli inizi del '900 a Pozzuoli c'erano circa 8000 abitanti; oggi ne contiamo 100.000. Facciamo uno sforzo enorme per accaparraci anche solo 1000 metri di terra; fortunatamente questa aggressione sembra si sia arrestata da almeno un decennio e stiamo cercando di recuperare tutto quello che è possibile recuperare. Riesco a malapena a immaginare come potessero essere questi posti quando arrivarono i Romani a colonizzarli: dovevano essere di una bellezza mozzafiato; non per nulla gli imperatori poi costruirono proprio qui le loro ville e le terme".
La storia di Contrada Salandra
Giuseppe inizia a fare vino con il padre per uso domestico ma Contrada Salandra, come marchio, nasce più o meno sette anni fa: "prima, negli anni '90, producevamo vino con un altro marchio". I vecchi vigneti coltivati dal padre sono ancora lì a fornire la materia prima: "era un falegname ma anche grande appassionato di agricoltura. Quando ne aveva la possibilità, lasciava la falegnameria e si rifugiava in campagna coltivando di tutto, addirittura pure le noccioline americane. Ovviamente c'era anche il vigneto, in una commestione di colture affascinante. Quando ho iniziato a occuparmi anche io dei campi, ho cercato di razionalizzare i nostri appezzamenti". Fortunatamente le vecchie viti non vengono eliminate, ma semplicemente estirpate e spostate: "le più vecchie risalgono agli anni '60: per me è fondamentale conservare questo patrimonio che ci dà grandi uve. Tanto che mi sono dato alla dendrochirurgia per curare le piante dal mal dell'esca e cercare di conservarle: certo subiscono un intervento invasivo, ma riescono a reagire. Inoltre le mie viti sono tutte a piede franco e quelle nuove sono frutto della selezione massale fatta nei nostri campi".
Il Campi Flegrei Falanghina '20 e i piani per il futuro
Non sono molto gli ettari vitati, circa cinque, ma forse è proprio per questo che nelle bottiglie di Contrada Salandra è facile percepire un'anima, un'identità ben precisa, un tratto che unisce in maniera indissolubile il vignaiolo e il territorio. Le bottiglie parlano chiaro: abbiamo a che fare con un interprete sensibile agli umori della sua vigna, in grado di regalarci delle vere e proprie perle. Basta assaggiare la Falanghina '20, Tre Bicchieri in Vini d'Italia 2023, per comprenderlo: i Campi Flegrei si fanno sentire nell'afflato pirico, affumicato, che emerge in mezzo a note di prato falciato, di polline, di ginestra. Incredibile la bocca per definizione, sapore e consistenza. Un soffuso sottofondo minerale incalza il ritmo del sorso verso un finale lungo e vitale: "ho notato nel tempo che la Falanghina esprime il suo varietale al meglio dopo un anno, un anno e mezzo. Ho rischiato a tenerla in cantina all'inizio, ma mi sembra che la cosa funzioni". Sulla 2020 commenta Giuseppe: "l'annata ci ha offerto un ottima versione della Falanghina e siamo orgogliosi del fatto che anche il Gambero Rosso lo abbia notato. Non ce lo aspettavamo: siamo arrivati in finale già altre volte ma ottenere il premio è stato davvero inatteso. Però abbiamo visto anche che quel vino ha fatto il pieno di consensi: quindi forse era davvero arrivato il momento". Il futuro? "Per ora non ho legni in azienda; mi piacerebbe provare a utilizzare la botte grande per cercare di superare alcune problematiche che si creano sul piedirosso. Abbiamo allargato un po' la cantina e fatto un po' più spazio: vedremo. Inoltre sto cercando di rendermi indipendente per quanto riguarda l'utilizzo dell'elettricità con un sistema di pannelli fotovoltaici. Sono alla continua ricerca di nuove parcelle non tanto per accrescere la mia produzione quanto per salvaguardare il territorio. Infine sto cercando di realizzare una scuola di potatura per la zona, per condividere le conoscenze che ho assimilato nel tempo".
a cura di William Pregentelli