Le temperature oceaniche intorno alla Nuova Zelanda stanno aumentando a un ritmo molto più rapido della media mondiale, mettendo in allarme produttori di vino ed esperti. Mentre il riscaldamento globale continua a trasformare i paesaggi agricoli mondiali, anche il Suavignon Blanc neozelandese, che da sempre ha beneficiato del clima dell'isola (con una piovosità media annua compresa tra i 600 e i 1.600 ml), rischia di subire pesanti ripercussioni. Ma c’è una speranza: il progetto “Suavignon Blanc 2.0”, è un’iniziativa che mira ad aumentare la diversità di questo vitigno, con l’idea di creare fino a 12mila nuove varianti per analizzare quali siano più resistenti ai cambiamenti climatici.
La sfida climatica
Formata da due grandi isole principali, North Island e South Island, la Nuova Zelanda è un paese di rara varietà paesaggistica. I suoi vigneti, in particolare quelli di Marlborough, regione situata nella parte nord orientale del sud dell'isola, sono rinomati per il Suavignon Blanc, che costituisce l’80% della produzione regionale. Tuttavia, il rapido aumento delle temperature oceaniche del paese, minacciano il loro equilibrio, mettendo alla prova l’ingegno dei viticoltori neozelandesi. In quanto a numeri, le temperature dell’acqua sono aumentate tra 0,16 e 0,26°C ogni 10 anni dal 1982, con un tasso di riscaldamento costiero che varia tra 0,19 e 0,34°C. Questo riscaldamento - doppio rispetto alla media globale - ha portato a previsioni preoccupanti per l'industria vinicola neozelandese, in particolare per il suo vitigno bandiera. Il Bragato Research Institute di Blenheim, a Marlborough, ha risposto a questa emergenza con il programma Sauvignon Blanc: 2.0, un ambizioso progetto che mira a creare 12mila nuove varianti di questo vitigno. La maggior parte del Sauvignon Blanc in Nuova Zelanda deriva da un unico clone, che, sebbene abbia dimostrato eccellenti qualità fino ad oggi, potrebbe non essere più in grado di resistere alle future sfide climatiche.
Il progetto Sauvignon Blanc 2.0
"Sauvignon Blanc: 2.0" punta a diversificare geneticamente le viti, migliorandone la resistenza ai cambiamenti ambientali. Il dottor Darrell Lizamore, uno dei principali ricercatori del progetto, spiega su The Drink Business che il suo team sta sottoponendo le piante a diverse condizioni estreme – dalla variazione della luce ultravioletta alla temperatura e alla salinità – per stimolare mutazioni genetiche che possano rafforzare le piante contro le minacce future. Finora, il progetto ha prodotto circa 4.000 viti, che mostrano già segni di adattamento, come una struttura più aperta, utile per la resistenza alle malattie. Inoltre, alcuni dei più prestigiosi produttori di vino neozelandesi, come Villa Maria e Marisco Vineyards, stanno collaborando con l'Istituto per testare queste nuove viti nelle loro tenute.
I finanziamenti
Si tratta del programma di ricerca più grande mai realizzato nel settore vinicolo della Nuova Zelanda, con un investimento totale di 18,7 milioni di dollari previsti tra il 2022 e il 2028. New Zealand Winegrowers ha impegnato fino a 6 milioni di dollari, il Ministero delle industrie primarie sta contribuendo con 7,5 milioni di dollari e più di 20 membri dell'industria vinicola stanno investendo direttamente almeno 2 milioni di dollari. Il supporto del governo, inoltre, permetterà di dimezzare il tempo necessario per ottenere i benefici di questo programma, passando da 40 a 20 anni. Inoltre, permetterà lo sviluppo di molti più nuovi cloni di viti (12.000 anziché 4800), aumentando notevolmente la capacità del settore di trovare tratti nuovi e resistenti. Le viti originali di Sauvignon Blanc piantate dall'industria vinicola stanno invecchiando e richiederanno la sostituzione nei prossimi 15-25 anni: è fondamentale perciò sfruttare questo importante ciclo di reimpianto assicurando che siano disponibili le varietà più adatte per le future condizioni climatiche e di mercato.