E alla fine furono tutti confusi e infelici. Se, infatti, qualche settimana fa l’Europa ha dato il via libera all’uso del glifosato per i prossimi 10 anni, nei giorni scorsi la Commissione Ambiente si è espressa per la riduzione dell’uso dei fitofarmaci di almeno il 50% a livello europeo entro il 2030. Una mission impossible secondo il mondo agricolo che, rappresentata dalla Dg Agri, aveva chiesto una proroga (non recepita) almeno fino al 2035. L’iter, tuttavia, non è ancora concluso. A metà novembre, ci sarà il voto in plenaria e, a seguire, nel Trilogo tra Parlamento, Consiglio e Commissione.
Il testo della Commissione Agricoltura Ue
In sintesi, il testo della Commissione Ambiente prevede la riduzione in 7 anni dell’uso dei fitofarmaci di almeno il 50% (del 65% per quelli più pericolosi) a livello europeo rispetto alla media 2013-2017. Inoltre, per massimizzare l’impatto delle strategie nazionali, gli Stati membri dovrebbero disporre di norme specifiche per almeno quelle cinque colture in cui una riduzione dell’uso di pesticidi chimici avrebbe l’impatto maggiore. Nel testo si parla anche di divieto di utilizzo di prodotti chimici nelle aree sensibili e all’interno di una zona cuscinetto di 5 metri, come in tutti gli spazi verdi urbani.
Allo stesso tempo, però la stessa Commissione Ambiente ha respinto, con 40 voti contro 38 e 6 astenuti, la mozione di rigetto del rinnovo dell’autorizzazione del glifosato per i prossimi 10 anni. Errore o strabismo? Entro la metà di novembre la proposta sull’erbicida, considerato come “probabilmente cancerogeno” dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), sarà rivotata dagli Stati membri in un comitato d’appello, senza modifiche.
E se il biologico non fosse l’unica via?
Intanto, però, il dimezzamento dell’uso dei fitofarmaci ha messo in allarme il mondo agricolo, che più volte nei mesi scorsi aveva fatto presente come si trattasse di un progetto irrealizzabile in così poco tempo e in mancanza di alternative valide. A indicare un’altra strada ci pensa il presidente di Federdoc Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi: “Gli obiettivi europei sulla sostenibilità sono comprensibili, ma all’interno di un percorso non condivisibile” dice al Gambero Rosso.
“È come se si alzasse l’asticella senza avere gli strumenti per farlo. Abbassare la soglia dell’uso dei fitofarmaci senza dare alternative significa mandare il settore dritto verso la riduzione di competitività e, quel che peggio, verso l’abbandono di certe zone di produzione, con risultati sicuramente non sostenibili. Allora mi chiedo: il biologico è davvero l’unico sistema a cui tendere? O magari una risposta più efficacie potrebbe essere legata alle nuove tecnologie, Tea su tutti?”.
Puntare sulle tecniche genomiche
Dello stesso avviso Alleanza Cooperative che pone l’attenzione sui cambiamenti climatici in corso e su come, già di per sé, condizioneranno la viticoltura nei prossimi anni. Vedi alla voce flavescenza dorata della vite. “Il testo riporta obiettivi irrealistici e poche soluzioni concrete” dice senza giri di parole Luca Rigotti, coordinatore del settore vitivinicolo di Alleanza Cooperative e presidente del Gruppo di lavoro vino Cogeca “Certamente è necessario applicare delle strategie ad ampio raggio, come nel caso della flavescenza dorata, che comprenda anche interventi agronomici come la tempestiva individuazione e l'estirpo delle piante malate, ma accanto alla riduzione degli input e dei fitofarmaci occorre lavorare, con un approccio scientifico, sull'impiego di strumenti alternativi, che siano efficaci e utilizzabili in tempi ragionevoli. Le nuove tecniche genomiche (NTGs)” prosegue Rigotti “sono necessarie per andare avanti in questo senso, così come i processi di innovazione e di digitalizzazione potranno consentire di proseguire sulla strada, da tempo già intrapresa dai produttori, della sostenibilità”.
La concorrenza dall’estero
Sulla riduzione dei fitofarmaci appare molto dura la posizione di Coldiretti: “L’Unione europea vuole sacrificare produzioni alla base della dieta mediterranea, dal vino al pomodoro, ritenute meno importanti pur di portare avanti la propria irrealistica proposta di dimezzare l’uso di fitofarmaci”. Per l’associazione guidata da Ettore Prandini, il provvedimento “aprirebbe le porte all’importazione da Paesi extra Ue che non rispettano le stesse norme sul piano ambientale, sanitario e del rispetto dei diritti dei lavoratori”. Secondo le elaborazioni Coldiretti sui dati dell’ultimo Rapporto Efsa i cibi e le bevande stranieri sarebbero oltre sei volte più pericolosi di quelli italiani, con il numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari oltre i limiti di legge che è stato pari al 6,4% nei prodotti di importazione, rispetto alla media dello 0,6% dei campioni di origine nazionale.
Poche settimane per far cambiare idea all’Europa
Per Cia-Agricoltori italiani “si va contro la richiesta del settore primario di promuovere una politica graduale, realista e gestibile per giungere ai target green, sviluppando la difesa integrata e investendo di più su ricerca e innovazione, ma soprattutto riequilibrando le esigenze produttive agricole con gli obiettivi di sostenibilità ambientale, specie in relazione ai rischi sull’approvvigionamento alimentare”. Restano poche settimane fino al voto in Plenaria (previsto per metà aprile) per rivedere il dossier e trovare delle alternative valide e meno impattanti. “Bisogna serrare le fila per far cambiare idea all’Europa” chiosa il presidente Cia Cristiano Fini “e tutelare un comparto chiave come l’agroalimentare, tanto più in tempi di guerra”.