e nel resto del mondo enologico, ci si sta ponendo da anni il problema di come riuscire ad avere un impatto ambientale sempre minore, cercando però di mantenere elevata la qualità del vino. E parlando di impatto ambientale si legga complessivamente: riduzione CO2 emessa - trasporti compresi - tutela delle biodiversità, etica del lavoro in vigna e in cantina, attenzione particolare per le pratiche di raccolta e di disinfestazione.
Potremmo proseguire a lungo, ma il punto rimane uno: le certificazioni esistenti, quella biologica e biodinamica, sono sufficienti a garantire un prodotto che rispetti davvero queste norme? E sono norme davvero chiare, per il consumatore tanto quanto per il produttore? La risposta del Gambero Rosso, di alcuni importanti studiosi del settore agronomico ed enologico e di tanti produttori è stata decisa: si può fare di più, molto di più. Le certificazioni non sono realmente efficaci per tutelare tutti i punti di cui sopra e la volontà è di andare oltre, cercando di imporsi regole precise, chiare e puntuali, ma soprattutto condivise da enti istituzionali e produttori. Da chi, insomma, sa quali siano gli aspetti delicati e le falle di norme dalle maglie troppo larghe.
Il Gambero Rosso, rappresentato da Marco Sabellico, assieme al professor Attilio Scienza e Michele Manelli dell’azienda Salcheto, ha organizzato il Forum per la Sostenibilità Ambientale del Vino, che si è svolto alla Città del gusto di Roma lo scorso 19 febbraio, un primo step in un percorso che porterà alla stesura di un vero Manifesto sulla sostenibilità. Il tutto entro novembre di quest’anno. Tra l’incontro del 19 febbraio, cui hanno partecipato professori, studiosi e produttori vicini a questo tema, e il Manifesto di novembre cosa ci sarà? Un percorso fatto di dialogo, di studio, di comunicazione. Il primo passo è servito a conoscersi e a capire la volontà concreta dei partecipanti. Ora l’obiettivo è focalizzare per dar vita a una linea guida semplice e chiara che i produttori possano seguire autoregolamentandosi, il tutto per garantire un impatto ambientale il più ridotto possibile.
C’è allora bisogno di parametri unici da seguire, magari colti tra quelli adottati nel resto del mondo, che includano i temi succitati: rispetto delle biodiversità, la riduzione delle emissioni di CO2 e l’utilizzo dell’acqua nella giusta misura; in un secondo momento del percorso bisognerà stilare altri parametri relativi all’etica del lavoro. Un altro aspetto da tenere bene a mente? Sarà il dialogo costante con le istituzioni. Il ruolo degli enti istituzionali dovrà essere paritario a quello di tutte le altre realtà coinvolte, quindi un contributo orizzontale e senza che nessuno si ponga su un piedistallo. L’ascolto delle esigenze di chi ha il polso reale della situazione, quindi agronomi, produttori, enologi, deve essere il punto focale di un’azione mirata e il meno teorica possibile.
Aspetti relativi alla gestione delle sostanze organiche e questioni socioeconomiche saranno i punti essenziali del disciplinare del Ministero dell’Ambiente che sarà presentato al prossimo Vinitaly 2013 a Verona. Un secondo incontro che darà un impulso positivo per la formulazione di nuovi accordi e di garanzie non solo nei confronti dei produttori ma anche dei consumatori. Come spesso avviene in molti settori, l’Italia appare in forte ritardo nella questione del miglioramento ambientale, economico e sociale, occorre occupare un ruolo da protagonista, utilizzando a proprio favore il fattore biodiversità per poter affermare con orgoglio che il vino italiano non è solo un’eccellenza ma è anche un prodotto responsabile.
a cura di Stefania Annese e Alessio Noè
20/02/2013