Irrigazione di precisione, gestione delle risorse idriche, costruzione di bacini di raccolta nei vigneti, approccio moderno e scientifico al tema dell'acqua. Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, intervistato dal settimanale Tre Bicchieri del Gambero Rosso, guarda alla viticoltura del futuro alle prese con le conseguenze di una crisi climatica che si sta acuendo. Ormai è un fatto assodato ma occorre pianificare ed eliminare alcuni tabu nell'approccio al problema, se si vuole portare a casa il prodotto e salvare le produzioni. In che modo? Cambiando atteggiamento: usare l'acqua in caso di necessità nei vigneti deve essere visto come un'esigenza qualitativa e non quantitativa, perché «un vigneto che soffre eccessivamente di siccità non darà mai la stessa qualità rispetto a un vigneto che si avvale dell'apporto di un'irrigazione gestita dalla consapevolezza del quanto, del quando e del dove».
Cosa ci sta insegnando la crisi climatica?
È una realtà assodata. L'anno trascorre con climi tipici da primavera o da estate, con picchi di temperature mai verificati prima. Ma non ci strappiamo le vesti e anche dai cambiamenti climatici possono derivare benefici al vigneto. I grandi vini italiani, trasversalmente sui territori di tutte le regioni, sono nati proprio col cambiamento climatico (1995/2000). Perché i vitigni italiani sono in gran parte a maturazione tardiva come sangiovese, montepulciano, etc. Nei climi del passato, si andava incontro ad autunni piovosi e nebbiosi e, di conseguenza, le uve non raggiungevano le corrette maturazioni, compromettendo la qualità. Oggi, con maturazioni anticipate di 2/3 settimane, evitiamo il clima nefasto dell’autunno ottenendo uve sane. Logicamente, ciò esige un protocollo in vigna basato sulla scienza vitivinicola e non sul fai da te: scelta del portinnesto, cultivar, gestione del verde, prevenzione delle malattie. Si possono ottenere uve di alta qualità a un livello tale, se non superiore, a quello del pre-cambiamento climatico.
Come si può risolvere il problema della scarsità d'acqua?
Se guardiamo a quanto accaduto in queste settimane, è piovuto in un momento in cui tanta acqua va in mare. Il vigneto, ora, è in una fase vegetativa che non la richiede, ma lo farà da giugno. Molte aziende intelligenti hanno creato, anche su suggerimento degli enologi, bacini di raccolta idrica sia in collina sia in pianura. Ad esempio, Fattoria del Cerro in pochi anni ha creato riserve d'acqua in grado di irrigare, in caso di bisogno, gli oltre 220 di vigneto di proprietà. E, lo ribadisco, si tratta di una gestione scientifica. Per quanto riguarda, invece, le alte temperature, il problema si può risolvere, o attenuare, con una gestione attenta della parete fogliare, con sistemi di allevamento e con portinnesti più adatti a questo clima e una mirata gestione del terreno.
Cosa chiedete alla politica nazionale?
Il ministro Lollobrigida è molto attento al mondo del vino. Una proposta che riteniamo possa risolvere più di un problema al mondo produttivo è finanziare la creazione di bacini di raccolta di acqua piovana, destinando i fondi Ocm previsti per i nuovi impianti, lasciando quelli per i reimpianti. Questo risolverebbe il problema anche delle eccedenze di vino prodotto rispetto alle richieste di mercato. È una proposta che come Assoenologi porteremo convinti al ministro Lollobrigida, certi che ne comprenderà le ragioni.
Restano ancora barriere culturali
La gestione tecnica di un vigneto esige un approccio professionale, che non è nelle corde di politici, filosofi o burocrati. Oggi, l'opportunità di utilizzare l'acqua, in caso di necessità, deve essere intesa come un'esigenza qualitativa e non quantitativa. Sia ben chiaro: un vigneto che soffre eccessivamente di siccità non darà mai la stessa qualità rispetto a un vigneto che si avvale dell'apporto di un'irrigazione gestita dalla consapevolezza del quanto, del quando e del dove. Quindi, se si vogliono ottenere risultati di un certo livello, la gestione dei vigneti deve essere tolta dalle mani di coloro che non hanno nessuna conoscenza ed esperienza scientifiche. Ma, per fortuna, questo ormai è di totale conoscenza dei produttori che sempre più si affidano agli enologi.