Se fai serata fuori evita di ubriacarti altrimenti il lupo ne approfitta. Se stai a casa ricordati di non bere vino da sola, altrimenti non è chic. Se qualcuno ti offre da bere, sii contenta e sorridi perché vuol dire che ti vuole conquistare. Consigli non richiesti, guarda caso rivolti solo alle donne, che sempre più spesso trovano spazio all’interno di trasmissioni e dibattitti televisivi. Ma davvero c’è bisogno che qualcuno ci dica cosa, quando, come e con chi bere?
Bere per darsi un tono
L’ultimo episodio si prende la scena del post Vinitaly e vede come protagonista la giornalista Antonella Boralevi che all’improvviso, dallo studio di Tg2 Post, sente l’esigenza di lanciare il suo appello alle donne a non bere «mai da sole a casa. Mai!», ribadisce con enfasi. Il tutto dopo aver sottolineato che le donne «bevono per darsi un tono, come un tempo si faceva con le sigarette». Non la sfiora nemmeno l’ipotesi che si possa bere per piacere, per mestiere, per pura voglia di rilassarsi dopo una dura giornata di lavoro o per qualunque altro motivo che di certo non c’è bisogno alcuno di spiegare al resto del mondo. Ancora più esilarante la prontezza di riflessi degli altri presenti in studio, a partire dal giornalista Luciano Ghelfi che ha subito fatto suo il messaggio dell’opinionista: «Meravigliosa osservazione su cui essere tutto d’accordo». Ma sì, di che ci siamo, facciamoci anche un manifesto: dieci cose che le donne non devono fare per non venir meno agli stereotipi di genere.
Dulcis in fundo, arriva la “stupenda” chiusa del sommelier Alessandro Scorsone, maestro cerimoniere della Presidenza del Consiglio, che riesce quasi a superare le parole di Boralevi (ed era impresa ardua!): «Il vino è poesia. Uno straordinario mezzo per conoscere le persone e soprattutto per conquistarle. Ecco perché alle donne piace sempre quando viene servito loro un calice di vino». Per la serie mansplaining e dove trovarlo: è sempre molto interessante apprendere da un uomo quel che le donne pensano (d’altronde sempre su Rai1, ieri sera, è andata in onda una puntata di Porta a Porta sull’aborto con un parterre di soli uomini). Cala così il sipario su uno dei momenti più imbarazzanti della Tv pubblica degli ultimi tempi.
La cultura dello stupro in Tv
Non cala, però, il sipario sul tema sessismo in Tv. Sempre sulla rete pubblica, pochi mesi fa, lo chef Sergio Barzetti all’interno della trasmissione È sempre mezzogiorno, ha praticamente portato la cultura dello stupro sul piccolo schermo. Tutto è iniziato con una bottiglia di bollicine, brandita come una sorta di arma: «E poi vai a fare una cosa importante: stordisci la preda». Dove la preda, s’intende, è la donna che deve essere catturata. Se il concetto non fosse arrivato chiaramente al pubblico da casa, lo chef ha cercato di spiegarlo meglio, raccontando del suo primo incontro con la moglie e continuando ad attingere dal vocabolario animalesco: «Quando pasturavo Laura». E no, Laura in questo caso non è l’amata di Petrarca né tanto meno il lessico di Barzetti ricorda quello del poeta. Laura, qui rappresenta tutte le donne che diventano complemento oggetto di un’azione che, letteralmente, significa «condurre al pascolo». E il vino, altro non è che lo strumento per riuscirci.
Donna preda, uomo lupo
«Basta usare il telecomando e cambiare canale», direbbero i benpensanti. E, invece, no. Proviamo a vedere cosa va in onda sulle reti private. Estate 2023, rete 4: alla trasmissione L’Aria del giorno il giornalista (ed ex compagno della premier Giorgia Meloni) Andrea Giambruno, all’indomani dello stupro di Palermo, punta il dito contro le donne: «Se vai a ballare, tu hai tutto il diritto di ubriacarti - non ci deve essere nessun tipo di fraintendimento e nessun tipo di inciampo - ma se eviti di ubriacarti e di perdere i sensi, magari eviti anche di incorrere in determinate problematiche perché poi il lupo lo trovi». E ancora una volta ci spostiamo nel mondo animale. Mentre l’uomo qua diventa il lupo, la donna resta inevitabilmente legata al suo ruolo di sempre: la preda. Quella la sua condizione e condanna. E quanto se ne dimentica ecco che c’è sempre qualcuno pronto a ricordarglielo.
Vissani e le donne incapaci in cucina
Chiudiamo con un evergreen del sessismo: le parole di qualche anno fa dello chef Gianfranco Vissani al Tg Zero di Radio Capital nel descrivere le donne in cucina: «La cucina di un ristorante per una donna è pesante. Nel nostro ristorante, una bella donna la mettiamo in pasticceria, è meno pesante, più decorativa. Le nostre casseruole sono pesanti per spadellare. Non sono da sesso debole». In quel caso, era stata la scrittrice Michela Murgia a replicare con una domanda emblematica: «È più pesante da sollevare una padella o un bambino?».
Quello che ci auguriamo, per il futuro, è che per ogni Vissani (Giambruno, Barzetti, o Scorsone) che si sente libero di sentenziare in diretta radio o tv cosa le donne possono o non possono fare, ci sia una Murgia (o una Laura stufa di identificarsi col ruolo di preda) pronta a far valere la sua posizione. Quella di donna libera, indipendente e perfettamente capace di decidere se bere da sola, in compagnia, tra le mura domestiche e soprattutto secondo il proprio piacere.