Il metodo
La ricerca si è avvalsa di una tecnologia che ha la capacità di fornire, a costi contenuti, milioni di sequenze di DNA, andando a cambiare di fatto l’approccio di analisi dei genomi in diversi ambiti disciplinari. Un metodo rivoluzionario che ha permesso, con l’estrazione e l’analisi del DNA, di rilevare in primo luogo la tipologia di microrganismi presenti nell’uva e nel vino, nonché l’origine, il loro numero e il ruolo che hanno nello svolgimento di tutto il processo di vinificazione. Con un'attenzione specifica alle variazioni dovute alla permanenza in legno.
Questo metodo si differenzia da altre tecniche di biologia molecolare perché ha il vantaggio di riuscire a individuare, solo da un singolo campione, migliaia di organismi differenti, ciò permette in sostanza di fare un'analisi molto approfondita su come i batteri si evolvono durante la fermentazione alcolica e, attraverso il loro comportamento, ottenere maggiori indicazioni su come gestirli durante tutto il processo di vinificazione.
Negli ultimi anni, il sequenziamento massivo parallelo è stato applicato praticamente in tutti i campi della ricerca microbiologica, ma in quello vitivinicolo non era mai stato così approfondito. Questa metodologia emergente trova il suo epicentro in California. In Europa il lavoro svolto dal team dell’Università di Terragona è il primo del suo genere.
Lo studio svolto su uve DOQ Priorat
La comprensione della biodiversità e l'evoluzione dei microrganismi durante la fermentazione del vino è essenziale per controllare le varie fasi di produzione. I precedenti studi fatti sulle diversità delle comunità microbiche, si sono basati principalmente su metodi coltura-dipendenti, ma recentemente hanno preso a svilupparsi metodi coltura–indipendenti, i quali consentono di studiare le comunità microbiche nel loro insieme senza dover isolare e identificare le singole specie, il che ci mostra una visione molto diversa e sicuramente più dettagliata della composizione e diversità microbica.
Maria del Carmen Portillo, tecnico specializzato del gruppo di ricerca, ha analizzato in laboratorio le dinamiche di lieviti e batteri in una fermentazione spontanea di uve garnacha priorat DOQ, attraverso sequenziamento massivo parallelo . La varietà garnacha o grenache è un vitigno di antichissima tradizione che ritroviamo in diverse aree viticole mediterranee, nel nostro Paese ad esempio si trova in Sardegna dove prende il nome di cannonau, in Veneto è conosciuto come tai rosso, in Umbria gamay perugino.
I risultati della ricerca
Sorprendente è stata la scoperta di gruppi di batteri mai rilevati prima in condizioni normali, come ad esempio i batteri acetici e lattici, presenti in gran maggioranza solo a fine fermentazione; il genere gluconobacter, un lievito che generalmente ritroviamo sull'uva e nei mosti o comunque presenti solo nelle prime fasi della fermentazione, è stato invece ritrovato massicciamente alla fine del processo fermentativo.
Un'altra interessante osservazione è stata quella che riguarda i lieviti: è stato dimostrato che, nell’uva grenache, le specie Saccharomyces e Candida sono quelle che più concorrono alla fermentazione alcolica, il che differisce da altri studi di sequenziamento massivo parallelo su altre varietà di uva.
Beatriu Pinós, un altro ricercatore del team guidato da Albert Mas, ha dimostrato inoltre che, a fare la differenza nella composizione batterica delle uve non è solo la loro varietà, come nel caso specifico di quelle a denominazione di origine Priorat. Sembra infatti che a influenzare il microbiota che popola il grappolo sia anche l'orientamento geografico del vigneto. Ma non solo: un'altra interessante scoperta è che esso è fortemente influenzato anche dai batteri che si trovano nel suolo, quelli che, secondo le ultime ricerche, sono responsabili di molte delle caratteristiche organolettiche che ritroviamo nei vini di qualità.
La ricerca si è soffermata poi sullo studio dei contaminanti microbiologici presenti nel vino sia nella fase di invecchiamento sia durante il processo di imbottigliamento, concentrandosi nello specifico sui lieviti appartenenti alla specie Brettanomyces Bruxellensis, responsabili della formazione di fenoli volatili che producono aromi sgradevoli nel vino, spesso colloquialmente definiti “brett”. Questi lieviti sono presenti in tutte le regioni vitivinicole e una loro pur minima presenza può compromettere la qualità organolettica del vino.
Uno degli obiettivi della ricerca è stato poi quello di determinare se, come si suppone, il frequente peggioramento delle caratteristiche del vino che sosta in recipienti di legno sia dovuto effettivamente solo alla presenza di questo microrganismo oppure dal cambiamento globale della comunità microbica all’interno del vino: non ci sono infatti stati casi di vino con evidenti difetti legati al Brettanomyces pur non essendone stata rilevata la presenza e altri casi in cui era presente ma il vino non risultava difettato.
I casi in cui questo microrganismo può proliferare generalmente si identificano in uve con uno stato sanitario non perfetto; da una nutrizione eccessiva durante la fermentazione che produce zuccheri residui, aminoacidi e sali di ammonio che il lievito utilizza per crescere anche dopo la fermentazione; da un rapporto non ottimale tra pH e contenuto di zolfo; dall’impropria pulizia delle botti.
DNA: informazioni utili per le aziende
La contaminazione microbiologica, oltre a generare un grave danno economico al produttore, danneggia anche l’immagine e la reputazione di un intero settore vinicolo. Per questo motivo è importante conoscere in dettaglio tutte le informazioni fornite dall’analisi del DNA con il sequenziamento di massa. Scoprire in tempo la contaminazione microbiologica, può decisamente aiutare i produttori a conoscere quali sono i microrganismi che causano il problema e di anticiparne gli effetti.
Il costo delle analisi e le competenze necessarie per eseguirle limitano purtroppo la loro applicazione in ambito industriale. La maggior parte delle piccole e medie cantine deve rivolgersi a società specializzate per analizzare in maniera costante il DNA del vigneto e del vino; almeno per ora.
a cura d Alberto Grasso