“Dare più peso ai vignaioli è possibile: l’Oltrepò ne è l'esempio”. Rita Babini rilancia la storica battaglia Fivi

27 Feb 2025, 18:13 | a cura di
La nuova presidente della Federazione plaude alla rivoluzione del Consorzio lombardo. Tra le prossime sfide quelle del climate change: "Bene i Piwi, ma occhio a non farne uno strumento in mano alla viticoltura industriale"

Un piccolo passo per l’Oltrepò, un grande passo per i vignaioli di tutta Italia. Il cambio di statuto che la scorsa settimana ha rivisto il sistema di voto dentro al Consorzio vini del pavese non è passato inosservato, tanto da spingere la nuova presidente della Federazione italiana vignaioli indipendenti Rita Babini a scrivere una lettera per congratularsi con i vertici dell’ente di tutela per il cambio di passo: «La dimostrazione tangibile che la necessità di una più equa e democratica rappresentanza di tutta la filiera va a braccetto con la sfida della riforma del sistema produttivo in termini qualitativi», si legge nella missiva.
Da anni, infatti, Fivi si batte per dare una rappresentanza equa dentro ai consorzi, troppo spesso sbilanciati verso i grandi numeri a discapito dei piccoli produttori. Di questo, ma non solo, abbiamo parlato in questa intervista alla neoletta.

Rita Babini presidente Fivi - foto di Michele Purin

La soluzione proposta dall’Oltrepò Pavese riapre la questione a livello nazionale: si può partire da qui per replicare altrove?

Ciò che è successo in Oltrepò Pavese è la dimostrazione concreta che il tema dell’equa rappresentatività nei consorzi non è una battaglia corporativa o ideologica di noi vignaioli, ma una necessità non rinviabile per migliorare la qualità e l’efficienza del nostro settore. Grazie all’impegno collettivo, è stato finalmente riconosciuto il valore delle imprese che svolgono tutte le fasi della produzione, troppo spesso penalizzate e messe ai margini dei processi decisionali. L’esempio pavese dà forza al nostro impegno a livello nazionale, per arrivare a stabilire per tutti i consorzi criteri di rappresentatività più equilibrati, che permettano a tutti gli attori di partecipare alla vita consortile e di essere protagonisti del futuro del loro territorio.

Come mai ci son voluti anni per arrivare ad una soluzione, tutto sommato semplice che va a colmare la discrepanza ma senza intaccare il criterio di proporzionalità?

C’erano già alcuni esempi virtuosi, non a caso nati e consolidatisi in contesti dove il sistema produttivo è fortemente orientato alla qualità. La cosa inedita e davvero importante è che ora questa riforma si è realizzata in un territorio dove storicamente sono state ben altre logiche a imperare. E il fatto che queste modifiche allo statuto e al disciplinare siano state condivise con un consenso altissimo, racconta meglio di tante parole come il futuro del sistema vitivinicolo italiano debba avere come obiettivo la qualità e come strumento per raggiungerlo la condivisione e la democraticità dei processi decisionali.

vigneti di Oltrepò Pavese

Oltre alla rappresentatività dentro agli enti di tutela, tra gli obiettivi del suo mandato, ha anche inserito il riconoscimento della figura giuridica del vignaiolo. Cosa significa e quali sarebbero i vantaggi concreti?

Significa che è necessario, sia a livello nazionale che europeo, che si distingua nettamente l’azienda vitivinicola che segue ogni fase della produzione, dalla vigna alla commercializzazione, da altri soggetti che seguono una sola fase, soprattutto chi si limita all’acquisto e all’imbottigliamento. Il prodotto finale è lo stesso, il vino, ma il modello produttivo, i bisogni e le necessità, le esternalità positive sulle economie territoriali sono completamente diverse. Penso solo al livello burocratico: oggi il piccolo vignaiolo viene trattato come una grande azienda imbottigliatrice, ma questo crea una distorsione che ha ripercussioni dirette sulla stessa sostenibilità dell’azienda vitivinicola verticale, spesso a conduzione familiare. Sia chiaro, noi non chiediamo vantaggi: chiediamo solo di poter competere ad armi pari, perché parafrasando Don Milani, non c'è ingiustizia più grande che trattare da uguali chi uguale non è.

Quali sono gli altri obiettivi che si è data?

Non sarò io da sola a stabilirli: c’è un’assemblea e un consiglio direttivo, e ci sono tanti obiettivi che Fivi porta avanti da quando è nata, nel 2008. Oltre al riconoscimento giuridico della figura del vignaiolo, ci sono la necessità di semplificazione normativa e di sburocratizzazione, una maggiore attenzione alle micro, piccole e medie imprese nelle misure di sostegno. Se devo immaginare alcuni fronti di impegno fondamentali nel futuro dell’associazione, vedo sicuramente le azioni di mitigazione e adattamento al climate change, che già abbiamo iniziato ad affrontare da diversi punti di vista: normativo, di ricerca e di coinvolgimento dell’opinione pubblica e dei consumatori, da ultimo con il reportage “Gradi”.

Nasce Piwi Italia per diffondere al cultura e la coltura dei vitigni resistenti

A proposito di cambiamenti climatici, si parla molto in questo periodo di vitigni resistenti e della possibilità di consentirne l’utilizzo anche dentro alle Doc. A tal proposito c’è anche una proposta di legge in discussione. Cosa ne pensa Fivi?

Sul tema del miglioramento genetico della vite abbiamo sempre chiesto equilibrio, senza considerarlo la panacea di tutti i mali ma evitando anche una critica pregiudiziale. Siamo assolutamente certi che l'utilizzo di varietà Piwi abbia una sua fondamentale utilità, in molti territori e situazioni: pensiamo alle aree di versante a rischio abbandono o alle zone sensibili, per vicinanza a scuole o centri abitati. Però, siamo altrettanto certi che un’apertura totale nelle Denominazioni comporti qualche rischio.

Che tipo di rischio?

Che vengano utilizzate solo per ridurre i costi di produzione per continuare a coltivare la vite in modo industriale e in zone non vocate. Nelle nostre osservazioni al disegno di legge Patton, in discussione in Parlamento, abbiamo quindi proposto una soluzione simile a quella francese, applicando delle percentuali massime anche per la produzione aziendale, per guardare all’innovazione continuando a tutelare le varietà tradizionali e la qualità della produzione.

Lollobrigida

Nei giorni scorsi siete stati ricevuti dal Ministro Lollobrigida: di cosa avete parlato?

Abbiamo messo al centro alcuni temi che riteniamo fondamentali per garantire il futuro non solo dei vignaioli, ma dell’intero sistema vitivinicolo italiano: necessità di semplificazione degli adempimenti burocratici, facilitazione dell’accesso delle piccole aziende alle misure dell’Ocm vino, problemi di rappresentatività all’interno della filiera vitivinicola. Abbiamo trovato un interlocutore attento e consapevole, su ognuno dei temi trattatti.

Sull’accesso dei piccoli produttori ai fondi Ocm promozione, avete avuto delle rassicurazioni?

Ci sono già stati passi avanti a livello europeo in sede di confronto sulla nuova Pac, e siamo sicuri che l’Italia non mancherà di tutelare in sede europea i bisogni e le esigenze di una componente così importante della filiera vitivinicola nazionale.

Il prossimo sarà il suo primo Vinitaly da presidente Fivi. Presenterete delle novità in Fiera?

Anche quest’anno saremo presenti con la nostra collettiva al padiglione 8, con quasi 200 soci. Sarà l’occasione per presentare uno studio sul profilo economico-finanziario delle aziende vitivinicole verticali italiane, con un focus particolare sul passaggio generazionale (realizzato da Invernizzi AGRI Lab di SDA Bocconi School of Management, con il sostegno della Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi e di Crédit Agricole Italia). Per guardare al futuro abbiamo bisogno di informazioni, dati, conoscenze precise, e di partner affidabili: dopo lo studio realizzato nel 2024 con Nomisma – Wine Monitor, proseguiamo su questa strada con determinazione.

Domanda che sta a cuore a molti: il Mercato dei vini dei Vignaioli indipendenti rimarrà a Bologna?

Le prime due edizioni nella nuova sede di BolognaFiere, per numero di espositori e di pubblico, hanno confermato che lo spostamento di location non era un vezzo, ma una necessità non rinviabile. Il secondo evento del vino italiano in termini quantitativi – il primo per qualità dell’offerta, ci piace pensare – ha bisogno di strutture fieristiche capienti e modulabili. Ci siamo trovati bene e stiamo lavorando intensamente per migliorare le criticità che sono emerse: quindi sì, l’appuntamento è a BolognaFiere dal 15 al 17 novembre 2025, per una 14esima edizione che avrà già tante novità che siamo certi saranno apprezzate da pubblico e soci.

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram