overno Monti che nel pacchetto agroalimentare (contenuto nel dl liberalizzazioni) impone i termini di pagamento a 30 giorni per gli alimentari deperibili e a 60 per i non deperibili, e introduce dure sanzioni amministrative (fino a 500mila euro).
A guardare i numeri dello Studio pagamenti di Cribis D&B (settembre 2011) salda alla scadenza pattuita solo il 42,2% delle aziende del commercio al dettaglio, rispetto a una media nazionale complessiva del 46%. Ma sono Gdo (26,6%), ristoranti e bar (28,3%) e commercianti di alimentari (32,4%) i grandi ritardatari. “Sappiamo tutti chi sono i cattivi pagatori – dice a Tre Bicchieri il presidente dell'Unione italiana vini, Lucio Mastroberardino – e se ci fosse solidarietà nella categoria, i produttori non dovrebbero più vendere loro il vino.
Accade, inoltre, che molti rinuncino a recuperare le somme, sia perché l'iter del recupero crediti è lungo e incerto, sia perché a volte non conviene affrontare le spese legali per recuperare somme modeste. Ecco perché stiamo pensando a iniziative clamorose come la gogna mediatica contro i cattivi pagatori”.
Soluzione estrema, ma che non dispiace a Giorgio Treqquattrini, titolare del Polo rappresentanze (Terni), agenzia di trading vinicolo che gestisce un portafoglio di oltre mille clienti: “Si dovrebbe poter rendere pubblico il Registro dei protesti, zona per zona. Ma ricordo anche che quest'abitudine malsana di pagare tardi e male è dovuta a un meccanismo indotto anche dagli stessi produttori di vino, soprattutto nel settore della spumantistica, che anni fa dicevano 'compra pure, e mi pagherai più avanti'”.
Ma il vero problema è l'insolvenza totale: “C'è un continuo turnover di piccole Srl e Sas – dice Treqquattrini – che consente a molti di non pagare semplicemente cambiando forma societaria. Insomma, la legge non protegge chi deve riscuotere. Per questo, molte aziende si sono irrigidite e passano al recupero crediti a pochi giorni dalla scadenza”.
Diego Cusumano (15,5 mln di fatturato e 7mila clienti) non ha mezze misure: “Facciamo come negli Usa, dove ci sono le black list di chi non paga. Per quanto mi riguarda ho dato ai miei agenti l'ordine di non consegnare il vino a chi ha fatture aperte. Altrimenti li licenzio”.
La storica Enoteca Cotti di Milano, il problema dei cattivi pagatori lo ha risolto in altro modo: “Abbiamo quasi azzerato le forniture Horeca che in passato coprivano il 15% del fatturato – spiega Giorgio Cotti – per rivolgerci ad aziende di altri settori di cui conosciamo la solidità finanziaria”.
Marco Ricciardi, titolare dell'Enoteca La Botte di Casagiove (Caserta), attiva da 40 anni, denuncia: “Per ricevere i soldi da un ristorante si aspettano anche anni e poi, quando passi alle vie legali, devi affrontare una burocrazia impossibile per poi scoprire che quella persona non ha intestato alcunché. Occorre allora un preciso e rapido sistema di sanzioni per chi non sta alle regole che talvolta anche la nostra stessa categoria non rispetta”.
In tempi di crisi, spiega Alessandro Carelli, contitolare della Sama Italia, piccolo colosso commerciale (oltre 20mila clienti), a soffrire sono soprattutto le piccole aziende che campano solo di vino: “I brand più forti sono agevolati – osserva – e riescono a incassare in media a 87 giorni rispetto ai circa 150 dei marchi più piccoli”.
E chi incassa in ritardo paga, a sua volta, in ritardo. Lo prova il forte aumento del tasso d'insolvenza degli stessi produttori di vino rispetto ai fornitori (attrezzature da cantina, vetro, etichettatura, marketing, etc) che è salito a dicembre 2011 al 14% dall'8% del 2008, con un forte calo delle imprese a bassa rischiosità: dal 21,7% del 2008 all'8,5% del 2011 (dati Osservatorio rischiosità aziende italiane – Cribis D&B). Fenomeno che si lega strettamente all'esplosione dei costi di produzione. Tre Bicchieri se ne occuperà presto.
di Gianluca Atzeni
25/01/2012