Con 7,1 miliardi di euro, l'export di vino italiano segna un nuovo record a valore. Spinto da Dop e bollicine, il 2021 registra un +12,4%, con un attivo nella bilancia commerciale di quasi 6,7 miliardi. In crescita anche i volumi esportati, con 22,2 milioni di ettolitri (+7,3%). Basandosi sui dati Istat e citando il +4,7% del prezzo medio, l'Osservatorio Uiv-Vinitaly-Ismea parla di anno “gonfiato” da una congiuntura favorevole ai consumi di rivalsa post-Covid, che ha accelerato la domanda di vini di qualità. Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: “L’analisi dell’Osservatorio definisce un quadro di mercato 2021 fortemente influenzato su scala globale dal fenomeno di revenge spending. Se nel primo anno di Covid il vino italiano ha mostrato tutta la sua adattabilità alla crisi, nel 2021 il brand tricolore ha confermato tutta la sua forza”.
Tipologie e mercati con le migliori performance
Tra le tipologie, le Dop segnano +15,8%, gli spumanti +25,3%, grazie al Prosecco (+32%). Bene anche i vini fermi (+12,3%). Complessivamente le Dop valgono i due terzi dell'export a valore. Positiva, infine, la performance di Igp (5,4%) e vini comuni (+8,9%). Per quanto riguarda i mercati, conferme importanti arrivano dalle diverse aree della domanda, in particolare dall’extra-Ue (+14,2%), che oggi vale il 61% del mercato. Tra i Paesi, luce verde per tutta la top 10 guidata come al solito dagli Stati Uniti (+18,4%), seguita da Germania e Regno Unito. Segno più anche per Svizzera, Canada, Paesi Bassi, Francia, Svezia, Belgio, e Danimarca. Tra gli emergenti, exploit di Cina (+29,2%) e Corea del Sud (75,5%).
Un 2022 pieno di insidie
Adesso però la strada appare in salita. Considerato come si è aperto il 2022 (inflazione, costo materie prime e conflitto in Ucraina), il 2021 sarà un anno “irripetibile”. “Lo scorso anno l’export di vino ha polverizzato tutti i record, con un risultato che, comparato ai trend pre-Covid, si sarebbe raggiunto nell’arco di un lustro” fa notare il segretario generale di Unione italiana vini, Paolo Castelletti. Ora però il quadro è preoccupante: "la forte erosione dei margini data dall’escalation dei costi delle materie prime del settore, il quasi certo azzeramento del mercato russo e soprattutto una guerra che, accompagnata alla spirale inflazionistica, influirà in maniera pesante sulla fiducia e quindi sui consumi globali”.
Questo articolo è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 10 marzo 2022
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