Il nuovo presidente Fivi è donna. Matilde Poggi, vignaiola veneta di Cavaion Veronese, è subentrata a Costantino Charrère alla guida della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti. E ora l’aspettano tre anni impegnativi con viaggi da fare in Europa, a Parigi, Bruxelles, Strasburgo insieme anche alla Cevi, la Confèdèration Européenne des Vignerons Indépendants, la rete europea di cui la Fivi fa parte. C’è da fare politica e mettere al centro delle politiche agricole la figura del vignaiolo.
Socia della Fivi fin dagli esordi – era il 2008 – a lungo nel consiglio direttivo e ora presidente dopo Costantino Charrère. Che presidenza sarà?
Sarà una presidenza nel segno della continuità. La mia nomina nasce proprio da questo: dalla volontà di continuare a fare il lavoro fin qui svolto. Sono stata la più stretta collaboratrice di Costantino in questi anni e non c’è il tempo – né la necessità – di fare dei rimpasti. Anche nel consiglio direttivo non è cambiato molto. Sono stati anni importanti, in cui la Fivi si è accreditata a tutti i tavoli di concertazione relativi alla filiera del vino, sia a livello europeo che locale: siamo presenti alla Camera e al Senato e punto di riferimento per il Mipaaf.
Le primissime tappe…
C’è da seguire l’evolversi di una nostra proposta – il dossier Burocrazia – proprio in queste settimane al vaglio della Commissione Cultura del Senato. È piaciuto anche in Europa, tanto da essere tradotto in inglese e francese e diverrà il testo di riferimento da cui partire per l’elaborazione di un Testo Unico Agricolo, che consenta una reale semplificazione burocratica.
Chiara anche la vostra posizione sui diritti d’impianto dei vigneti
Qui abbiamo meno speranze. Volevamo che il sistema vigente non fosse ritoccato – numero di autorizzazioni ferme allo 0.5 per cento – ma l’Italia non ha fatto la sua parte e credo che l’innalzamento all’1 per cento all’anno sia scontato.
Come sono i rapporti con i Consorzi di Tutela?
Stiamo lavorando anche su questo e lo facciamo da vignaioli che seguono tutta la filiera della propria attività, ovvero di persone che rischiano di più, ma che continuano ad avere poco potere decisionale in seno ai CdA e alle Assemblee generali dei Consorzi. È necessario che produttori, vignaioli, imbottigliatori e conferitori delle Cooperative si siedano intorno a un tavolo di confronto per ridiscutere i principi di rappresentatività. Perché chi svolge l’intero ciclo produttivo conta quanto chi semplicemente imbottiglia o vende uve? Qualche esempio di Consorzio virtuoso esiste, che ha modificato il proprio statuto. Vogliamo che siano di più.
Unione Europea significa anche libera circolazione delle merci. Cosa che per il vino non avviene. Altro tema caldo per la Fivi…
Proprio grazie alle nostre mozioni due parlamentari europei – Astrid Lulling e Giancarlo Scottà – hanno depositato un’interrogazione scritta sulle barriere esistenti all’interno del mercato unico europeo per la vendita di vino tra paesi diversi. La vendita al dettaglio per noi piccoli e medi produttori è fondamentale. Alcune aziende arrivano anche al 40 per cento. Spesso non abbiamo una rete commerciale estesa e fidelizzare il cliente diventa un’alternativa valida. Ma come possiamo conquistarlo se deve spendere soldi per il trasporto e caricarsi sulla bottiglia le spese di un rappresentante fiscale che paghi le accise? La Comunità Europea ha speso e spende molto per farci aprire agriturismi e punti vendita in cantina, per poi non consentirci la vendita dei nostri prodotti. Non ha senso.
A proposito di istituzioni, ha avuto modo di incontrare il nuovo ministro delle Politiche Agricole? Che idea si è fatta di Nunzia De Girolamo?
Un incontro non c’è ancora stato, ma direi che è una donna ambiziosa, che vuole lasciare un segno. Quindi la prima impressione è positiva. Soprattutto spero che rimanga in carica a lungo. In 5 anni di Fivi ho conosciuto sei ministri diversi
Tanta Europa soprattutto per i tavoli di concertazione, ma per i soci Fivi come va con i mercati esteri?
Non è un discorso che affrontiamo come Federazione. Noi siamo portatori degli interessi politici del vignaiolo. Il business per ora è gestito singolarmente. Come associazione conta molto di più l’impegno politico.
a cura di Francesca Ciancio
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 18 luglio. Abbonati anche tu se sei interessato ai temi legali, istituzionali, economici attorno al vino. E' gratis, basta cliccare qui.