Uno a zero per il Montepulciano d’Abruzzo. Nell’intricata vicenda che vede il Consorzio vini d’Abruzzo contro tutti, c’è un episodio che potrebbe decidere le sorti della partita. Il Masaf (diciamo più di un arbitro, per restare in campo calcistico), con il decreto del 26 ottobre 2023, ha introdotto nel Registro nazionale della vite, accanto al termine montepulciano, il sinonimo cordisco. In pratica, ha ceduto alla richiesta dell’ente abruzzese che aveva chiesto di tenere per sé il nome del vitigno montepulciano, concedendo agli altri quello decisamente meno noto di cordisco.
Dalla Puglia alle Marche: i contrari
Una concessione che i produttori fuori regioni avevano già rimandato al mittente: “Iniziassero gli abruzzesi ad utilizzarlo e poi ne parliamo”, aveva detto in una recente intervista al Gambero Rosso il vicepresidente del Consorzio vini Doc Castel del Monte Sebastiano de Corato Posizione condivisa anche dai produttori marchigiani, che in più occasioni hanno denunciato il vantaggio e le deroghe di cui per anni ha goduto la denominazione abruzzese.
Che cosa prevede il nuovo decreto sull’etichettatura
La questione era nata mesi fa a causa del nuovo Decreto ministeriale (ancora in attesa di approvazione) che prevede l’inserimento in retroetichetta dei vitigni che compongono i blend dei vini a denominazione, montepulciano compreso. Novità ben accolta, anzi attesa, da tutti i produttori non abruzzesi, ma osteggiata da quelli della regione. Il motivo è presto spiegato: avere l’esclusiva del nome montepulciano. Da qui, l’idea di ricorrere ad un sinonimo in disuso da poter dare in pasto ai produttori “fuorisede”.
L’esultanza dei produttori abruzzesi
Dopo mesi di silenzio, la decisione del Masaf di dar seguito alla richiesta sembra far pendere la bilancia a favore degli abruzzesi. Come dimostrano le parole di esultanza del presidente del Consorzio Vini d’Abruzzo Alessandro Nicodemi: “Finalmente è stata fatta chiarezza e ringraziamo il Ministero per avere accolto questa nostra richiesta. Applicando il sinonimo, altri territori potranno ottemperare al nuovo Dm Etichettatura e al principio della corretta informazione, evitando illeciti utilizzi e usurpazione delle Dop in etichetta o nella pubblicità dei vini, che a nostro avviso ha il solo risultato di confondere il consumatore finale.”
Dello stesso parere anche la Regione Abruzzo, con il vicepresidente della Giunta regionale con delega all’Agricoltura, Emanuele Imprudente, che sottolinea: “Si tratta di un decreto che pone le basi affinché l’utilizzo del nome Montepulciano sia riservato, senza generare confusione, ai vini prodotti in Abruzzo sgombrando il campo da eventuali fraintendimenti. Con l’accoglimento della proposta di reintrodurre la dicitura “cordisco”, utilizzata già in passato, per i vini prodotti con uve montepulciano, è stata colmata una lacuna nella designazione di questa tipologia di vino e soddisfatta la nostra richiesta”.
La domanda però rimane: dire al consumatore che il vino che sta bevendo è prodotto a partire dal vitigno cordisco è davvero corretta (e chiara) informazione?
Imt: "Conclusioni affrettate"
Intanto, non si è fatta attendere la risposta del presidente dell'Istituto marchigiano di tutela vini, Michele Bernetti: "Esultanza prematura" dice al Gambero Rosso "L'inserimento del sinonimo cordisco non significa che i produttori fuori dall'Abruzzo dovranno usarlo al posto del nome montepulciano: Nicodemi è andato un po' troppo avanti con le conclusioni. Per quanto ci riguarda, noi marchigiani siamo pronti a combattere in tutte le sedi necessarie per difendere il nostro diritto ad usare il nome di un vitigno che per troppi anni ci è stato negato".
La partita, quindi, non è per nulla conclusa. Ed è molto probabile che, tempi supplementari o meno, finirà nel campo della politica.