Partiamo dall'inizio. L’ultima indagine di mercato sui vini passiti e dolci risale alla primavera/estate 2004. I risultati, pubblicati dall’Atlante dei vini passiti italiani (2006- Gribaudo Editore), registravano un lieve incremento negli acquisti, quantificati nel 3-5%, e previsioni per il futuro di stabilizzazione della domanda o di leggera crescita, seppur accompagnate da alcune ipotesi di incrementi ancor più consistenti. Dopo dieci anni il panorama che tanto faceva sperare i produttori di passiti, è molto cambiato. Infatti, nella generale contrazione dei consumi, pagano lo scotto maggiore insieme a tutti quei vini considerati da fine pasto. A Montalcino, patria del Brunello e del più antico e celebrato Moscadello, la superficie vitata dedicata a questo vino è passata dai 51 ettari del 1997 ai 22 del 2013. Negli stessi anni la produzione da quasi 1400 ettolitri è scesa sino a 382, e con molte probabilità, è possibile che si riduca ulteriormente. Il Moscadello inoltre può godere del traino rappresentato dal Brunello, forte del 65% del totale di vendite all’estero, ma nonostante ciò ha una quota di esportazione del 39% a fronte di un 60% sul mercato italiano fortemente localizzato (14,7% venduto in azienda; 12,2% venduto a Montalcino e 15,3% nel resto della Toscana). Giampiero Pazzaglia, coordinatore del Consorzio del Vino Brunello, a proposito del Moscadello dice che “i prodotti sono tutti di buon livello ma l’appeal è cambiato e le aziende subiscono il calo della domanda. D’altra parte però non si è nemmeno dedicato né tempo né investimenti in promozione per sostenerlo perché tutte le attenzioni sono per il Brunello”.
Il Recioto di Soave è un altro eccellente vino da dessert, costola del Soave, una delle eccellenze italiane. “Con una media produttiva annua di 300 mila bottiglieda 0,5 l che muovono un giro d'affari di 3 milioni di euro, il Recioto di Soave costituisce una nicchia di mercato significativa per il comparto dei dolci passiti, ma comunque molto ristretta all'interno di un "sistema Soave" da 56 milioni di bottiglie all'anno, di cui 13 milioni di Soave Classico”, spiega Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio del Soave. Ma anche in questo caso pur essendoci premesse importanti - il traino del Soave - il Recioto vive un’oggettiva situazione di difficoltà tanto che quelle 300 mila bottiglie, oggi sono diventate circa 230 mila. Secondo una ricerca effettuata da Lorenzo Simeoni, profondo conoscitore del Recioto di Soave, quest’ultimo “non riesce a generare un sistema economico virtuoso su ampia scala, e questo non tanto per le difficoltà legate all'aumento dell'offerta, la quale infatti potrebbe potenzialmente allargarsi senza problemi, ma per la scarsità della domanda. Senza questo stimolo i produttori non hanno incentivi ad investire sul Recioto di Soave, che dunque risulta un tesoro sottovalutatoe non adeguatamente valorizzato”.
A Pantelleria le tre denominazioni abbracciano Moscato, Passito e Pantelleria, declinate nelle varie tipologie. Dal 2007 al 2013 la produzione complessiva è oscillata tra un minimo di 8129 hl (2010) a un massimo di 10.874 hl (2008). In questo ambito il Passito di Pantelleria tiene le posizioni seppur con difficoltà. “Ultimamente ci siamo stabilizzati su circa 600 hl di Passito di Pantelleria” racconta Antonio RalloÂÂÂÂ di Donnafugata, il maggior produttore della tipologia nell’isola “ma oggi il vino soffre perché non c’è mai stata un’attività di promozione né del vino né del territorio: ognuno ha pensato solo al proprio brand. Passitaly – la manifestazione che si svolgerà sull’isola a fine agosto - può essere un’opportunità di promuovere il territorio in modo collettivo”. Anche Benedetto Renda, amministratore delegato della Carlo Pellegrino, altra azienda isolana di riferimento che ogni anno immette nell’economia pantesca quasi 2 mln di euro per l’acquisto di uve zibibbo, evidenzia la contrazione “Negli ultimi 3-4 anni i consumi di Passito sono calati. Abbiamo notato che prendono quota - e non solo il nostro prodotto - quando facciamo pubblicità in Tv, ma i costi sono elevati. Tengono invece i liquorosi e anzi c’è stato un travaso verso questi ultimi a causa del prezzo più contenuto”. Anche Renda reputa Passitaly, un’opportunità, ma a breve non prevede cambiamenti. “Da cinque anni anche le presenze turistiche sono diminuite”osserva “e ciò si riflette sui consumi”. Secondo Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio di tutela del Soave, i motivi della generale contrazione della produzione dei vini dolci non sono attribuibili ai soli cambiamenti socio-economici e culturali degli ultimi anni: “Questi prodotti rischiano di diventare anacronistici assieme ai rituali cui sono legati. Se l'abbinamento tradizionale alla pasticceria non ha quasi più senso e il concetto di 'vino da meditazione' non ha mai realmente attecchito, evidentemente bisogna cambiare rotta”. La proposta è di prendere ad esempio l’abitudine francese e di consumarli come aperitivo (vedi Sauternes) o da tutto pasto (vedi Riesling della Mosella). Nel caso del Recioto di Soave “come un vino per tutte le occasioni, dall'aperitivo al dopo cena, eleven to eleven, insomma adatto dalle 11 alle 23”. Ne emerge la descrizione di un vino passito meno concentrato che mantiene la sua identità ma si muove nella direzione di una maggiore bevibilità e nell'accentuazione dei suoi aspetti più accattivanti e suadenti.
Un po’ quello che stanno facendo anche nelle Eolie i produttori di Malvasia delle Lipari che ora si stanno cimentando quasi tutti con il tipo secco, più versatile, nel rispetto del territorio e dell’uva, ma anche con un occhio attento al mercato e ai consumatori. Insomma il calo si può contrastare sostenendo i territori e con l’innovazione di processo e di prodotto.
a cura di Andrea Gabbrielli
Questo articolo è uscito sul nostro settimanaleÂÂÂÂ Tre Bicchieri del 24 luglio.ÂÂÂÂ Abbonati anche tu se sei interessato ai temi legali, istituzionali, economici attorno al vino. E' gratis, basta cliccare qui.ÂÂÂÂ