uesta varietà in Messico nel XVIII secolo; in Spagna la chiamavano Palomino Negro, almeno fino agli ultimi dececenni del ‘900 quando fu spazzata via dalla della fillossera.
I pochi filari sopravvissuti si trovano alle isole Canarie e soprattutto in California. La bottiglia che abbiamo davanti arriva dalla Contea di San Bernardino. "La viticoltura si sviluppa sempre vicino a un centro abitato. E in California tutto nasce nella zona sud di L.A., precisamente a Cucamonga", ci racconta Darrell Corti: "A walking encyclopedia". L'etichetta (vedi foto) ha qualche ruga, non possiamo dire lo stesso per il contenuto. La bottiglia è stappata, ma facciamo un passo indietro.
La bottiglia fa parte della collezione privata di Isaias Hellman, presidente di ben 17 istituti bancari, nonché coofondatore della Well Fargo. Fare vino era il suo hobby, la sua passione. E con l'aiuto dell'enologo Jean Louis Sainsevain fu tra i primi produttori del Nuovo Mondo. "Curiosamente - continua Darrell - proprio nella zona di Cucamonga in quegli stessi anni trovava luogo il vigneto più esteso del mondo: oltre 1.000 ettari. Il protagonista di questa storia parallala è Secondo Guasti, un piemontese che emigrò in California portando con sé barbatelle di Barbera. Il suo vigneto era talmente grande che per vendemmiare venivano adoperati i vagoni della ferrovia". Oggi vanno di moda gli elicotteri.
Rimandendo in tema di binari, Hellman fu tra i principali coofinanziatori della rete ferrioviaria che collegò per la prima volta le due coste degli Stati Uniti. Torniamo alla bottiglia: 1875, Nuovo Mondo. L'italia? Fatta, il problema era dirlo agli italiani. Riattraversiamo l'oceano - qui Stati Uniti - proprio nel 1875 veniva varato il "Civil Rights Act", per la prima volta veniva vietata la disciminazione razziale. Per quella c'erano le guerre indiane. In un caffé di Parigi qualcuno recriminava ancora sull'atteggiamento difensivista dell'esercito nazionale contro il Regno di Prussia durante l'assedio alla città. Nel tavolino accanto, tra busti generosi e champagne morbidi e suadenti, si parlava d'altro. Eccoci nel bicchiere. Il colore è un ambrato intenso, intensità e viscosità eccezionali. Ci avviciniamo al bicchiere chiudendo gli occhi e sognando storie in bianco e nero e interminabili viaggi in transatlantico. Ma chi l’ha detto che in terza classe, che in terza classe si viaggia male? Avvertiamo profumi di fichi secchi, un leggero tocco di liquirizia e caramello. E una bellissima nota d'arancia appena candita. Incredibile a dirsi: è fresco, vitale, armonico. Al palato ha l'energia di un maratoneta e la sapienza di un giocatore di scacchi. Inizio morbido, tocco di spezie orientali e cannella, poi una balsamicità dirompente. Dinamico, con una vibrante acidità di fondo a trascinare sensazioni di miele e fichi secchi. Ricontrolliamo l’etichetta, si è proprio del 1875. E’ dolce, mai stucchevole, con sensazioni finali di scorza d’arancia. Centoventisei anni portati splendidamente. Chiude lungo e persistente. Riapriamo gli occhi: siamo in un salòn pieno di fumo, si discute di giacimenti petroliferi, fuori ci sono sterminati campi di mais assolati. Il treno a vapore in partenza non c’è, ma noi ce lo immaginiamo comunque. In fondo al locale, accanto alla cassa, il profilo di un banchiere.
Lorenzo Ruggeri
12/01/2011