Caro Lollobrigida, difendere il vino è una cosa seria. Trasformarsi in un'Armata Brancaleone non è una buona strategia

26 Feb 2025, 11:23 | a cura di
La crociata del ministro Lollobrigida contro l’acqua a quella di Angelo Gaja contro i superalcolici ci dicono che siamo sulla strada sbagliata

Difendere il vino è una cosa seria. E in modo serio va fatto. Comprensibile che il settore sia indignato nel vedere anni e anni di studi del terroir, abbinamenti perfetti ed epiche note di degustazioni mandati al macero e appiattiti sulla bieca linea di allerta “Il vino fa male alla salute, come le sigarette”, ma mai dimenticare la regola base: se hai un microfono in mano e un ruolo socio-politico sul curriculum, le tue parole avranno un peso maggiore rispetto a quelle pronunciate in mezzo ad un gruppo ristretto di amici. E da ministri, enologi e produttori di vino ci aspettiamo qualcosa di più (o anche di meno, va bene). Difendere il vino è una cosa seria, dicevamo. E, in queste ultime settimane abbiamo visto come non farlo.

L'abuso di acqua può portare alla morte

Del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida tutto si può dire tranne che non sia stato in prima linea nella campagna pro-vino, che suo malgrado, si è trovato a combattere contro un’Europa ostile e un’Oms armata delle peggiori intenzioni. Ma davvero dire che anche l’acqua fa male è una giusta strategia di difesa? Non si rischia forse di trasformare un’epica battaglia in una avventura picaresca degna del cavaliere Brancaleone da Norcia?

Il fatto è ormai noto ai più: in un intervento pubblico agli Stati generali del vino, Lollobrigida ha elencato tutti i problemi legati ai consumi: «L'abuso, avvertono da Londra, può avere conseguenze molto negative, addirittura pericolose. Il meno che possa capitare è una sudorazione eccessiva che può portare in casi estremi alla rimozione delle ghiandole sudoripare, contraccolpi possono riguardare il cervello, il cuore, il sangue troppo diluito, l'insonnia, danneggiare i reni. E uno dice: 'Mazza il vino quante cose fa?' No, questa è l'acqua. L'abuso di acqua può portare alla morte. Allora immaginate la necessità, guardandola da una prospettiva salutistica, di inserire un'etichettatura allarmistica sulle bottiglie d'acqua», è la provocazione finale di Lollobrigida, diventata virale.

Il chiarimento del Ministro Lollobrigida

Parole che hanno subito fatto il giro dei media, con tanto di meme sui social, col chiaro intento di ridicolizzare chi le ha pronunciate. Tanto da indurre il Ministro a uscire con una nuova dichiarazione per spiegare la precedente dichiarazione (attività molto diffusa in politica, quando ci si accorge di aver detto una corbelleria). «È evidente che nessuno possa considerare l’acqua dannosa di per sé, e nel mio intervento sono stato chiarissimo - ha puntualizzato il titolare del Masaf - Anzi, è la cosa migliore da ingerire, ma come per qualsiasi alimento o bevanda, anche un consumo eccessivo può avere conseguenze negative. L’esempio serviva a sottolineare quanto sia sbagliato giudicare un prodotto senza considerare la quantità e il contesto in cui viene consumato, come avviene con il Nutriscore e le etichette allarmistiche». Tutto chiaro? No.

La crociata di Angelo Gaja contro i superalcolici

La scorsa settimana uno dei padri della viticoltura, Angelo Gaja, ha provato a lanciare la sua crociata per liberare il vino dallo stigma di bevanda dannosa. Ma per farlo ha adottato il metodo più antico: puntare il dito contro qualcun altro. Nella fattispecie il settore degli spirits e degli aperitivi (di cui ricordiamo, il vino fa parte). Innegabile che tra superalcolici e vino una differenza ci sia: lo dice anche l'uso del superlativo. Ma siamo sicuri che puntare sulla distinzione tra alcol di serie A e di serie B sia la strategia corretta? Non hanno una loro tradizione e dimensione culturale anche prodotti come grappa, rum, gin e liquori vari?
C’è, poi, chi si rifugia nel passato e nella vita bucolica: da quanti addetti ai lavori, in questi mesi, abbiamo sentito frasi qualunquiste come «Mio nonno è arrivato a cento anni bevendo vino ogni giorno?». Ecco, queste sono le cose che non vorremmo più sentire dire, perché non fanno bene al vino e non fanno bene a noi. Cosa dovremmo fare, quindi? Abbandonare il campo di battaglia? Niente affatto. Ma lavorare con diplomazia e con una strategia chiara. Frasi come quelle sopra meglio lasciarle alle chiacchiere da bar.

Diciamo la verità: beviamo per edonismo

Di certo una buona strategia non è mettersi a tu per tu con la scienza. Si possono, però, analizzare gli studi a disposizione. Sulla rivista mensile del Gambero Rosso del mese di marzo abbiamo provato a capire quello che non viene messo in evidenza delle ricerche scientifiche. Perché, se è vero che non si può affermare che il vino faccia bene alla salute, bisogna anche stare attenti a non commettere gli stessi errori che per anni ci hanno fatto credere al paradosso francese: quanto il campione preso in considerazione dagli studi scientifici influenza le conclusioni degli stessi (si chiede il giornalista Mattia Ferraresi nel suo pezzo Elogio del bevitore moderato?).

Ci sono poi delle apprezzabili campagne in corso, come quella VitaeVino promossa delle principali sigle europee di settore, per invitare a diffondere la cultura del bere responsabile e riportare il vino alla sua dimensione socioculturale. Basteranno ad evitare alert in etichetta, tagli alla promozione e divieti di pubblicità? Forse no o forse in parte.
Allora tanto vale dire la verità e non nascondersi dietro ad un dito: quante cose facciamo al giorno perché fanno bene alla nostra salute e quante perché ci fanno stare bene? Chiamiamolo edonismo o socialità. O, come direbbero quelli bravi, allargare la vita invece di allungarla.

Angelo Gaja

La crociata dell’Armata Brancaleone

Quindi, caro ministro e cara tutta l’Armata Brancaleone partita in questa crociata di liberazione del nostro "Santo Sepolcro", non c’è bisogno di trasformare l’acqua in vino o di brandire la Bibbia (Gaja cita la Genesi con l'episodio del diluvio universale) contro le proposte della Commissione Ue. Non sono solo iniziative inutili, ma probabilmente anche controproducenti, che rischiano di trasformarsi in armi consegnate ingenuamente al nemico. La difesa del vino è una cosa seria. E la moderazione - quella stessa moderazione invocata più volte per il consumo di vino - probabilmente ogni tanto bisognerebbe applicarla anche alle parole.

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