Il vino negli ultimi 10 anni: luci e ombre
Da una parte, un settore – quello del vino – in grado di incrementare il proprio export del 74% negli ultimi 10 anni; di generare autentici boom di mercato (con il Prosecco a +421% solamente negli ultimi 6 anni); di contribuire in modo significativo all'enoturismo; di raddoppiare in 5 anni la superficie biologica del vigneto Italia; e di registrare in 10 anni un trend export che cresce in valore tre volte più della media dell’intero manifatturiero, più del doppio della gioielleria e quasi il quadruplo rispetto all’abbigliamento e al tessile.
Dall'altra, l'incapacità di mantenere il primato nel primo mercato di riferimento (vedi lo storico sorpasso a valore della Francia negli Usa); di superare la crisi di crescita dei vini fermi; di imporre una politica di prezzi differente; di trovare alternative al nanismo del tessuto imprenditoriale e di affermarsi nei mercati emergenti, prima tra tutte la Cina. L'Italia, infatti, continua a rimanere ancorata ai top importer storici (Usa, Germania e Regno Unito), che valgono il 60% delle esportazioni globali, contro il 39% della Francia.
Sono queste le luci e ombre che hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni del settore vitivinicolo italiano e che son venute fuori nell'incontro Vino italiano: bianco o nero?, all'interno del forum wine2wine (4 e 5 dicembre), organizzato da Veronafiere-Vinitaly.
Le proposte delle associazioni per superare le criticità
A confrontarsi su questo tema sono arrivate in quel di Verona quasi tutte le associazioni di categoria, ognuna con le proprie osservazioni e soprattutto con le loro proposte per superare le criticità. “Vedrei molto bene" è l'idea della presidente Fivi Matilde Poggi "un’azienda unica partecipata da pubblico e privato che si occupi della promozione di vino del mondo, sul modello francese. C’è sicuramente bisogno di un brand ombrello in grado di vendere il sistema Paese”. Le fa eco la coordinatrice vino Alleanza delle cooperative settore Agroalimentare Ruenza Santandrea: “Sono d’accordo con l’ipotesi di un’azienda unica per la promozione, ma sono fondamentali anche gli accordi bilaterali che vanno sviluppati con l’Unione Europea. Non si più andare in ordine sparso nella promozione, serve una grande manifestazione in Asia dedicata al made in Italy. Un evento così costerebbe meno rispetto a tante altre piccole iniziative”.
Molto critico il commento del presidente Federvini Sandro Boscaini: “Abbiamo preso una sbornia. Il successo degli anni passati ci ha fatto pensare di poter andare in giro per il mondo a raccontare delle storielle in maniera un po’ naif. Oggi dobbiamo trovare la maniera per metterci insieme, serve centralizzare il modo di raccontare il vino – oggi delegato alle regioni – come ha fatto la Francia. I mezzi ci sarebbero, ma ci facciamo del male da soli perché la burocrazia non li sa gestire e dobbiamo essere messi nelle condizioni almeno di spendere bene i soldi”.
Punta il dito contro i soldi spesi male anche il presidente di Unione Italiana Vini Ernesto Abbona:“La rappresentazione dell’Italia è molto diversa da quella francese. Purtroppo ancora oggi il nostro Paese è una somma di regioni che creano ripartizione e frammentazione di risorse. In questo settore occorre tornare a premiare la meritocrazia: chi non raggiunge gli obiettivi non deve ricevere i finanziamenti”.
Storica alleanza Veronafiere-Fiere di Parma
E se l'incontro ha messo in evidenza l'importanza di lavorare in squadra, Veronafiere ha fatto di più, dando l'esempio e aprendo la strada. A wine2wine, infatti, è stato annunciato il matrimonio con Fiere di Parma e la nascita di una nuova società che porta il nome di Vpe (Verona Parma Exibitions), ovvero il primo organizzatore diretto di rassegne dedicate al settore agricolo e agroalimentare in Italia. In questo modo, le due Spa vanno a costituire il secondo polo fieristico nazionale (dopo Milano) sia per fatturato consolidato nel 2016 con 127 milioni di euro, sia per superficie lorda coperta con 283 mila metri quadrati complessivi. La prima uscita ufficiale è stata proprio a Verona con la nuova rassegna, Wi.Bev – International Wine&Beverage, in ottica tecnologia e innovazione. Solo una piccola anteprima, però: la prima edizione è prevista a dicembre 2018, sempre a Verona, sempre all'interno del suddetto forum. All'estero, invece, verrà sviluppato un nuovo format dal nome Cibus&Vinitaly.
2017: che anno è stato per il vino?
A tirare le somme dell'anno che sta per concludersi e a darne una chiave di interpretazione ci ha pensato, invece, Denis Pantini, responsabile Nomisma-Wine Monitor: “Il2017 sarà ricordato come l’anno dei sorpassi. Forte di una ripresa economica ormai consolidata, il commercio internazionale di vino chiuderà l’anno con una crescita in valore superiore al 5% rispetto al 2016, trainato anche dall’imponente recupero della Russia che è cresciuta del 40% nei primi 9 mesi, dall’ennesimo sprint della Cina con +14% a ottobre e che scalza definitivamente la Germania dal terzo scalino del podio dei top mercati di import, nonché dalla conferma dello stato di salute degli Usa che si attestano a +8% a settembre, dove però si assiste anche al sorpasso del vino francese su quello italiano a opera soprattutto di una rimonta dello Champagne e di un’esplosione delle vendite dei rosè de Provence”.
Il decalogo per fare affari in Cina
Tra i mercati di cui si è parlato a Verona, non poteva di certo mancare la Cina. Paese di cui tanto si è detto in questi ultimi anni, ma che rimane comunque un nuovo mondo tutto da scoprire. Per questo, Business Strategies ha proposto il decalogo ‘Dos and Don’ts’ da seguire per fare affari con il Dragone. “Interpretare e gestire il fattore culturale rappresenta il primo passo per addentrarsi e radicarsi sul mercato cinese” spiega la ceo Silvana Ballotta “I cinesi dicono che ‘è difficile diventare amici in un anno, ma è molto facile offendere un amico in un’ora’, e questo è un monito da tenere sempre presente, anche e soprattutto negli affari”. Non ci sorprenderà, quindi, trovare tra le cose da fare, anche dei gesti apparentemente insignificanti, come porgere i biglietti da visita con due mani, parlare lentamente, tenere il bicchiere più basso durante i brindisi (per riverenza). Assolutamente da evitare, invece le espressioni idiomatiche, le interruzioni o il parlare velocemente.
Fondamentale anche il tipo di messaggio che si intende trasmettere tramite etichetta e packaging. Ad esempio, è importante che gli ologrammiutilizzati siano in grado non solo di traslitterare i suoni, ma anche di veicolare un’identità e valori significativi per i consumatori cinesi. I simboli utilizzati devono, il più possibile, rimandare a valori quali rispetto, onore, tradizione e reputazione.
Nel campo delle comunicazioni commerciali, non si può prescindere dalle Guanxi, reti di relazioni reciprocamente vantaggiose su cui businessmen cinesi e partner occidentali devono essere disposti a metterci la faccia. Se, invece, ci spostiamo sul fronte della comunicazione digitale, dimenticatevi di Google, Youtube, Facebook, Instagram e Whatsapp. Ci troviamo, infatti, alla corte del più complesso sistema di firewall al mondo che censura e blocca tutti i siti che non sono registrati o ritenuti in linea con il governo. Ma niente paura, per raggirare l'ostacolo, la soluzione c'è e risponde al nome di Vpn (virtual private network).
DECALOGO
1) produrre materiale in lingua
2) imparare i falsi fratelli (“dage” è il fratello maggiore e, quindi, gerarchicamente il termine da usare. Mai usare “xiaoge”, fratello minore)
3) imparare l'etichetta
4) essere pronti alle lunghe negoziazioni
5) avere sempre un interprete
6) proporre prodotti corrispondente alla domanda
7) attenzione alle guanxi (reti di relazione)
8) usare le Vpn
9) circondarsi di persone pronte a far fronte all'eccessiva burocrazia
10) ricordarsi che l'aspetto (etichette e nomi) conta
Donne e consorzi. Un progetto per aumentare la rappresentatività
Infine, wine2wine è stata l'occasione per affrontare il rapporto tra le donne e la rapresentatività all'interno dei Consorzi: aumentare le quote rosa nei cda è l'obiettivo dichiarato delle Donne del Vino, che a Verona hanno presentato un progetto destinato a formare le future consigliere italiane nei consorzi. Oggi, infatti, ha evidenziato l'associazione, le donne dirigono il 28% delle cantine con vigneto e il 12% delle cantine industriali, il 24% delle imprese che commercializzano vino al dettaglio e il 12,5% di quelle all’ingrosso (dati Cribis- Crif), eppure nei posti dove viene decisa la politica del vino, come i cda dei Consorzi di tutela, scendono sotto il 10%. Per questo, a breve partiranno dei corsi mirati al genere femminile, in collaborazione con WineMeridian-WinePeople per sviluppareuna sorta di “Wine Marketing di genere” partendo dall’istintiva predisposizione delle donne allo storytelling e a un’informazione meno tecnica di quella maschile, per trasformarla in un tratto professionale in grado di sviluppare messaggi più identitari, distintivi e soprattutto incisivi. Come spiega anche Vincenzo Russo, professore Università Iulm ed esperto di neuromarketing: "Le donne sono più orientate alle relazioni: hanno uno stile emotivo e coinvolgente nella comunicazione e sono orientate alla condivisione di esperienze. Gli uomini considerano la comunicazione come terreno di confronto e di prova su cui misurarsi: affrontano il mondo quale individuo all’interno di un ordine sociale gerarchico. Molti uomini prendono le decisioni senza consultarsi. È importante sempre trovare la complementarietà". Per la presidente delle Donne del Vino, Donatella Cinelli Colombini bisogna perseguire un nuovo protagonismo in rosa attraverso: "la professionalizzazione di uno stile femminile nella comunicazione e nella vendita del vino, l’aumento delle donne nella classe dirigente del vino e infine, ma non meno importante, le opportunità per le giovani desiderose di lavorare in questo comparto, che appare fra in più in salute dell’intera economia italiana".
a cura di Loredana Sottile